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Articolo 35 Codice antimafia

(D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Nomina e revoca dell'amministratore giudiziario

Dispositivo dell'art. 35 Codice antimafia

1. Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro previsto dal capo I del titolo II del presente libro il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario. Qualora la gestione dei beni in stato di sequestro sia particolarmente complessa, anche avuto riguardo al numero dei comuni ove sono situati i beni immobili o i complessi aziendali o alla natura dell'attività aziendale da proseguire o al valore ingente del patrimonio, il tribunale può nominare più amministratori giudiziari. In tal caso il tribunale stabilisce se essi possano operare disgiuntamente.

2. L'amministratore giudiziario è scelto tra gli iscritti nell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari secondo criteri di trasparenza che assicurano la rotazione degli incarichi tra gli amministratori, tenuto conto della natura e dell'entità dei beni in stato di sequestro, delle caratteristiche dell'attività aziendale da proseguire e delle specifiche competenze connesse alla gestione. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dello sviluppo economico, sono individuati criteri di nomina degli amministratori giudiziari e dei coadiutori che tengano conto del numero degli incarichi aziendali in corso, comunque non superiore a tre, con esclusione degli incarichi già in corso quale coadiutore, della natura monocratica o collegiale dell'incarico, della tipologia e del valore dei compendi da amministrare, avuto riguardo anche al numero dei lavoratori, della natura diretta o indiretta della gestione, dell'ubicazione dei beni sul territorio, delle pregresse esperienze professionali specifiche. Con lo stesso decreto sono altresì stabiliti i criteri per l'individuazione degli incarichi per i quali la particolare complessità dell'amministrazione o l'eccezionalità del valore del patrimonio da amministrare determinano il divieto di cumulo. L'amministratore giudiziario è nominato con decreto motivato. All'atto della nomina l'amministratore giudiziario comunica al tribunale se e quali incarichi analoghi egli abbia in corso, anche se conferiti da altra autorità giudiziaria o dall'Agenzia.

2-bis. L'amministratore giudiziario di aziende sequestrate è scelto tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari.

2-ter. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41 bis, comma 7, l'amministratore giudiziario di cui ai commi 2 e 2-bis può altresì essere nominato tra il personale dipendente dell'Agenzia, di cui all'articolo 113 bis. In tal caso l'amministratore giudiziario dipendente dell'Agenzia, per lo svolgimento dell'incarico, non ha diritto ad emolumenti aggiuntivi rispetto al trattamento economico in godimento, ad eccezione del rimborso delle spese di cui al comma 9.

3. Non possono essere nominate le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, né le persone condannate a una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o le pene accessorie previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione o nei confronti dei quali sia stato disposto il rinvio a giudizio per i reati di cui all'articolo 4 del presente decreto o per uno dei reati previsti dal libro II, titolo II, capo I, e titolo III, capo I, del codice penale. Non possono altresì essere nominate le persone che abbiano svolto attività lavorativa o professionale in favore del proposto o delle imprese a lui riconducibili. Le stesse persone non possono, altresì, svolgere le funzioni di coadiutore o di diretto collaboratore dell'amministratore giudiziario nell'attività di gestione. Non possono assumere l'ufficio di amministratore giudiziario, né quelli di coadiutore o diretto collaboratore dell'amministratore giudiziario, il coniuge, i parenti fino al quarto grado, gli affini entro il secondo grado, i conviventi o commensali abituali del magistrato che conferisce l'incarico. Non possono altresì assumere l'ufficio di amministratore giudiziario, né quelli di coadiutore o diretto collaboratore dell'amministratore giudiziario, i creditori o debitori del magistrato che conferisce l'incarico, del suo coniuge o dei suoi figli, né le persone legate da uno stabile rapporto di collaborazione professionale con il coniuge o i figli dello stesso magistrato, né i prossimi congiunti, i conviventi, i creditori o debitori del dirigente di cancelleria che assiste lo stesso magistrato.

4. L'amministratore giudiziario chiede al giudice delegato di essere autorizzato, ove necessario, a farsi coadiuvare, sotto la sua responsabilità, da tecnici o da altri soggetti qualificati. Ove la complessità della gestione lo richieda, anche successivamente al sequestro, l'amministratore giudiziario organizza, sotto la sua responsabilità, un proprio ufficio di coadiuzione, la cui composizione e il cui assetto interno devono essere comunicati al giudice delegato indicando altresì se e quali incarichi analoghi abbiano in corso i coadiutori, assicurando la presenza, nel caso in cui si tratti dei beni di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di uno dei soggetti indicati nell'articolo 9-bis del medesimo codice. Il giudice delegato ne autorizza l'istituzione tenuto conto della natura dei beni e delle aziende in stato di sequestro e degli oneri che ne conseguono.

4-bis. Non possono assumere l'ufficio di amministratore giudiziario, né quello di suo coadiutore, coloro i quali sono legati da rapporto di coniugio, unione civile o convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado con magistrati addetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l'incarico, nonché coloro i quali hanno con tali magistrati un rapporto di assidua frequentazione. Si intende per frequentazione assidua quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza, nonché il rapporto di frequentazione tra commensali abituali.

5. L'amministratore giudiziario riveste la qualifica di pubblico ufficiale e deve adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio. Egli ha il compito di provvedere alla gestione, alla custodia e alla conservazione dei beni sequestrati anche nel corso degli eventuali giudizi di impugnazione, sotto la direzione del giudice delegato, al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi.

6. L'amministratore giudiziario deve segnalare al giudice delegato l'esistenza di altri beni che potrebbero formare oggetto di sequestro di cui sia venuto a conoscenza nel corso della sua gestione.

7. In caso di grave irregolarità o di incapacità il tribunale, su proposta del giudice delegato, dell'Agenzia o d'ufficio, può disporre in ogni tempo la revoca dell'amministratore giudiziario, previa audizione dello stesso. Nei confronti dei coadiutori dell'Agenzia la revoca è disposta dalla medesima Agenzia.

8. L'amministratore giudiziario che, anche nel corso della procedura, cessa dal suo incarico, deve rendere il conto della gestione ai sensi dell'articolo 43.

9. Nel caso di trasferimento fuori della residenza, all'amministratore giudiziario spetta il trattamento previsto dalle disposizioni vigenti per i dirigenti di seconda fascia dello Stato.

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relative all'articolo 35 Codice antimafia

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G. I. chiede
lunedģ 05/02/2024
“In una srl sottoposta a misura di prevenzione facente parte di un gruppo di aziende in sequestro, all'atto dell'immissione in possesso dei due amministratori giudiziari, si riscontrava la presenza tra i dipendenti amministrativi del figlio del proposto. Di tale fatto se ne dava notizia nel 2020 e 2021 nella Relaz. ex art. 36 e art. 41 D.Lgs 159/2011. Il Tribunale autorizzava la continuazione dell'attività con il consenso delle parti ed il PM nulla disponeva ex art.40 c.4. Il GD per le vie brevi e non formalizzate sconsigliava il licenziamento del dipendente e solo nel giugno 2022, in seguito ad una specifica relazione su tale presenza e su sollecitazione del PM, il G.D. ordinava il recesso unilaterale del rapporto di lavoro, in estrema sintesi, con le seguenti motivazioni:
a. divieto di svolgere funzioni di coadiutore o di diretto collaboratore dell'a.g.;
b. applicazione dell'art.56 c.1 e, pertanto, assenza di richiesta da parte dell'a.g. di autorizzazione alla continuazione del rapporto di lavoro;
c. la preclusione dell'art. 35 c.3, (Cassaz.Civ. sez.lav. 28.10.2021 n.30544 in motivazione), riguarderebbe anche le collaborazioni riconducibili al rapporto di lavoro dipendente.
Tale motivazioni sono poste alla base poi di una contestazione del PM in merito alla presunta violazione da parte degli amm. giud. dell'art.35 c.3 e della'art.56 c.1, quest'ultima, in riferimento alla mancata richiesta dell'autorizzazione al G.D.
Grazie e distinti ossequi”
Consulenza legale i 17/02/2024
L’interpretazione data dal GD nell’ordinanza trasmessa è conforme alla giurisprudenza costante. Il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 35, comma 3, rubricato “nomina e revoca dell’amministratore giudiziario”, stabilisce che non possono essere nominate amministratore giudiziario, tra le altre, e per quel che qui rileva, le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, chiarendo che le medesime persone non possono essere chiamate a svolgere le funzioni di ausiliario o di collaboratore dell’amministratore giudiziario. Secondo la giurisprudenza, l’espressione utilizzata dalla disposizione del comma 3, che fa riferimento al “collaboratore”, senza ulteriori specificazioni, per la sua ampiezza di significato, si presta a ricomprendere ogni forma di collaborazione alla gestione di beni in sequestro e quindi anche le collaborazioni formalmente riconducibili all’ambito del rapporto di lavoro dipendente, in sintonia peraltro con la definizione codicistica dell’art. 2094 c.c..

Tale interpretazione, oltre che ancorata al dato letterale dell’art. 35 cit., comma 3, è coerente con la ratio della previsione che è quella di evitare qualsiasi potenziale forma di ingerenza nell’ambito della gestione dei beni oggetto di sequestro penale, da parte di persone direttamente o indirettamente collegate al procedimento che ha dato luogo al sequestro medesimo.

La Corte di Cassazione ha ritenuto in diverse occasioni che in caso di sequestro dell’azienda operato ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011 è legittima la risoluzione del rapporto di lavoro disposta dall’amministratore giudiziario su ordine del giudice delegato ai sensi del D.Lgs. n. 159 cit., art. 35 trattandosi di disposizione di ordine pubblico applicabile a tutti i contratti relativi all’azienda sequestrata e, dunque, anche a quelli di lavoro (Cass. n. 30544/2021, n. 6478/2018, n. 14467/2015; da ultimo Cass. Ordinanza 16 gennaio 2023, n. 1600).

Si deve tenere conto, tuttavia, che spesso i sequestri afferiscono piccole realtà imprenditoriali, legate, in tutto o in gran parte, all’attività del preposto e dei suoi parenti. Nella prassi, vi sono casi in cui l’operatività aziendale è legata esclusivamente all’attività del proposto e/o dei suoi familiari.

Pertanto, la previsione di cui all’art. 35 cit., se interpretata in modo restrittivo può determinare seri problemi in relazione alla continuità aziendale, specie nelle prime fasi del sequestro di aziende, normalmente di medio-piccole dimensione.

La scelta di licenziare i parenti, seppure aderente alla lettera della legge, potrebbe essere foriera di rischi, tenuto conto che spesso, tanto più quando le procedure si trovano nelle fasi iniziali e sono soggette a provvedimenti di riesame, le aziende potrebbero essere dissequestrate.

Pertanto, alcuni Tribunali italiani, in un’ottica più prudenziale e garantista, adottano, quanto meno nelle fase iniziale della procedura, una linea meno rigida nei confronti del proposto e degli altri soggetti indicati dall’art. 35, c. 3, per continuare ad usufruire dell’attività di tali soggetti.

Ed effettivamente sembra che il D. Lgs n. 72 del 18.05.2018, nello stabilire le tutele a favore dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate, abbia tenuto conto di tale casistica prevedendo il sostegno a favore anche dei familiari del proposto, dipendenti dell'azienda.

Infatti, è vero anche che l’art. 1 comma 5, prevede che il trattamento non possa essere richiesto da:
a) i lavoratori indagati, imputati o condannati per il reato di associazione mafiosa, per i reati aggravati ai sensi dell'articolo 416-bis, primo comma, del codice penale o per reati ad essi connessi;
b) il proposto, il coniuge del proposto o la parte dell'unione civile, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi ove risulti che il rapporto di lavoro sia fittizio o che gli stessi si siano concretamente ingeriti nella gestione dell'azienda;
c) i lavoratori che abbiano concretamente partecipato alla gestione dell'azienda prima del sequestro e fino all'esecuzione di esso.

Inoltre, al comma 6 si stabilisce che “il trattamento di cui al comma 1 cessa di essere corrisposto nel momento in cui le condizioni di esclusione di cui al comma 5 si realizzano ed è revocato, con effetto retroattivo, quando tali condizioni sono accertate successivamente”.

Quindi, non si può sostenere che il D. Lgs n. 72 del 18.05.2018 tuteli a prescindere i rapporti di lavoro dei parenti del proposto.

Nel caso di specie, peraltro, si tratterebbe non solo di un parente, ma anche di un lavoratore, che, considerata la posizione che ricopre, ha partecipato alla gestione dell’azienda.

Pertanto, a parere di chi scrive, l’ordinanza del GD trasmessa ha applicato correttamente la normativa in parola.



G. S. chiede
sabato 14/05/2022 - Calabria
“L'azienda è stata posta sotto sequestro dalla procura con nomina di amministratore giudiziario.
Chi ha l'onere, se sussiste, di segnalare ad ADM il cambio dell'amministratore?
La ditta oggi, poiché l'amministratore giudiziario non ha provveduto a comunicare il cambio, rischia di perdere la licenza e si è vista notificare una sanzione di oltre 30.000,00 euro.
Ringrazio in d'ora per l'attenzione che vorrete riservarmi e porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 26/05/2022
Ai sensi dell'art. 104 delle disp. att. c.p.p., spetta all’autorità giudiziaria che emana il provvedimento di sequestro il compito di iscrivere d’ufficio nel registro delle imprese l’immissione dell’amministratore giudiziario; perciò se l’iscrizione è avvenuta essa sarà opponibile ai terzi.

L'art. 35, comma 5 del Codice Antimafia dispone che l'amministratore giudiziario, il quale riveste la qualifica di pubblico ufficiale e deve adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio, ha il compito di provvedere alla gestione, alla custodia e alla conservazione dei beni sequestrati, sotto la direzione del giudice delegato, al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi.
Egli, pertanto, avrebbe avuto l’onere di segnalare la modifica dell’amministratore all’ADM, in quanto questo può essere considerato un atto di gestione per la conservazione dell’azienda sequestrata.

Va, tuttavia, considerato che, ai sensi dell'art. 35 bis, comma 1, l'amministratore giudiziario è esente da responsabilità civile per gli atti di gestione compiuti nel periodo di efficacia del provvedimento di sequestro, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave.
Di conseguenza, salvo che non ci sia stata coscienza e volontà da parte dell’amministratore giudiziario di arrecare un danno alla società oppure a meno che non si possa dimostrare una grave violazione dell'obbligo di diligenza legislativamente imposto, con un discostamento molto evidente del suo comportamento dalle regole di diligenza, prudenza e perizia che il caso concreto avrebbe richiesto di osservare, non è configurabile una sua responsabilità civile.
La casistica in tal senso è molto ampia: potrebbe sussistere colpa grave nell’eventualità in cui, pur informato della necessità della segnalazione e a tal fine sollecitato, non abbia comunque adempiuto.