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Articolo 71 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di contratti collettivi

Dispositivo dell'art. 71 TUPI

1. Ai sensi dell'art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo stesso comma 1 dell'articolo 69, con riferimento all'inapplicabilità delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione collettiva nazionale.

2. Per il personale delle Regioni ed autonomie locali, cessano di produrre effetti, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi della tornata 1998-2001, le norme contenute nell'allegato C), con le decorrenze ivi previste.

3. Alla fine della tornata contrattuale 1998-2001 per tutti i comparti ed aree di contrattazione verranno aggiornati gli allegati del presente decreto, ai sensi dell'articolo 69, comma 1, ultimo periodo. La contrattazione relativa alla tornata contrattuale 1998-2001, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, provvederà alla disapplicazione espressa delle disposizioni generali o speciali del pubblico impiego, legislative o recepite in decreto del Presidente della Repubblica, che risulteranno incompatibili con la stipula dei contratti collettivi nazionali o dei contratti quadro.

Massime relative all'art. 71 TUPI

Cons. Stato n. 494/2010

L'art. 69, comma 7, D.Lgs n. 165/2001 è conforme alla Costituzione risultando ragionevole la previsione di un termine di decadenza di oltre ventisei mesi, certamente non tale da rendere oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale.

Cons. Stato n. 493/2010

Con l'art. 69, comma 7, D.Lgs n. 165/2001 si è introdotto nel sistema normativo un termine di decadenza sostanziale per la proponibilità della domanda giudiziale.

Con l'art. 69, comma 7, D.Lgs n. 165/2001 è conforme alla Costituzione risultando ragionevole la previsione di un termine di decadenza di oltre ventisei mesi, certamente non tale da rendere oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale.

Cons. Stato n. 487/2010

La norma di cui all'art. 69, comma 7, D.Lgs n. 165/2001 introduce nel sistema un termine di decadenza sostanziale per la proponibilità della domanda giudiziale.

Cons. Stato n. 414/2008

L'art. 5 della L. n. 145/2002, nel disporre, relativamente al personale di cui all'art. 69 comma 3 del D.Lgs. 165/2001, che nei limiti del 50% dei posti disponibili nell'ambito della dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia dei ruoli di ciascuna Amministrazione, detto personale in servizio è inquadrato, previo superamento del concorso riservato, da espletarsi entro centottanta giorni, nella seconda fascia dirigenziale, cristallizza alla data entro cui il concorso deve essere bandito la fissazione del numero dei posti da mettere a concorso. Detto termine, quindi, non può ritenersi avere natura ordinatoria, infatti, tale natura implicherebbe la possibilità che l'Amministrazione frustri le aspettative dei dipendenti attraverso il decorso del tempo, idoneo ad implicare variazioni in peius in ordine alla disponibilità nella pianta organica, mentre la ratio della norma è quella di garantire una riserva di posti nella seconda fascia dirigenziale al personale appartenente ai ruoli ad esaurimento; ne consegue che non può ritenersi che il concorso deve essere bandito solo dopo la compiuta rivisitazione delle necessità del personale dirigenziale.

Cass. civ. n. 8363/2007

In tema di controversie di pubblico impiego, il trasferimento della giurisdizione al giudice ordinario, ai sensi dell'attuale art. 63 D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, opera, secondo quanto disposto dall'art. 69, comma settimo, dello stesso D.Lgs. n. 165 del 2001 (sostitutivo dell'art. 45, comma diciassettesimo, del D.Lgs. n. 80 del 1998), per le questioni attinenti al periodo del rapporto successivo al 30 giugno 1998, restando devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti il periodo anteriore a tale data. Al riguardo, la predetta norma transitoria contenuta nell'art. 69, comma settimo, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001 deve intendersi nel senso che il riferito discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa vada riferito non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico dell'avverarsi delle circostanze e dei fatti materiali posti a fondamento della pretesa avanzata. (Nella specie, le Sezioni unite hanno individuato tale discrimine temporale ponendo riguardo, in relazione all'esperimento di un'azione di risarcimento proposta da alcuni dipendenti dell'istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata per l'affermata perdita di "chances" conseguente all'assunta omissione dell'adozione di atti di progressione in carriera nei loro confronti, al momento dell'asserita inadempienza del suddetto istituto inerente l'obbligo di equiparare il personale dipendente, quanto all'inquadramento, al personale del comparto sanità, affermando la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, risalendo siffatta condotta omissiva al 1994).

Cass. civ. n. 14846/2006

In materia di rapporti di lavoro instaurati con pubbliche amministrazioni, l'art. 69, comma settimo, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, con il quale sono state trasferite al giudice ordinario le controversie in tema di pubblico impiego privatizzato ed è stata dettata la relativa disciplina transitoria, utilizzandosi a tal fine la locuzione generica e atecnica di "questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998" ovvero "anteriore a tale data", non collega rigidamente il discrimine temporale del trasferimento delle controversie alla giurisdizione ordinaria ad elementi come la data del compimento, da parte dell'amministrazione, dell'atto di gestione del rapporto che abbia prodotto l'insorgere della questione litigiosa, oppure l'arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto, o, infine, il momento di insorgenza della contestazione, dovendo invece essere interpretata nel senso che deve aversi riguardo al dato storico costituito dall'avversarsi dei fatti materiali e delle circostanze - così come posti a base della pretesa avanzata - in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia. (Nella specie, le S.U., sulla scorta dell'enunciato principio, rilevando il momento in cui era insorto il diritto al compenso rivendicato dal pubblico dipendente - riconducibile a data anteriore al 1° luglio 1998 - e non già quello del successivo atto dell'ente locale che non aveva accolto la domanda del dipendente diretta ad ottenere tale compenso, hanno ritenuto che non operasse ancora la devoluzione al giudice ordinario delle controversie in materia di pubblico impiego privatizzato, quale prevista dal richiamato art. 69, comma settimo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, onde residuava, in via transitoria e ad esaurimento, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).

Cass. civ. n. 6573/2006

In tema di controversie di pubblico impiego, il trasferimento della giurisdizione al giudice ordinario, ai sensi dell'attuale art. 63 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, opera, secondo quanto disposto dall'art. 69, comma settimo, dello stesso D.Lgs. n. 165 del 2001 (sostitutivo del disposto dell'art. 45, comma diciassettesimo, del D.Lgs. n. 80 del 1998), per le questioni attinenti al periodo del rapporto successivo al 30 giugno 1998, restando devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative a questioni concernenti il periodo anteriore a tale data, purché introdotte prima del 15 settembre 2000. Quest'ultima data non costituisce un limite alla persistenza della giurisdizione del giudice amministrativo ma un termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione.

Cass. civ. n. 2883/2006

In tema di lavoro pubblico cosiddetto "privatizzato", la norma transitoria contenuta nell'art. 69, settimo comma, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 - secondo cui "sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'art. 63 del presente decreto, relative alle questioni attinenti al periodo di lavoro successivo al 30 giugno 1998", mentre "le controversie relative a questioni attinenti al periodo di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000" - precisa il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata. Ne consegue che, in una controversia relativa a pretese derivanti da prestazioni lavorative in favore di ente pubblico non economico (nella specie, intentata nei confronti del Comune di Afragola, previo accertamento della natura subordinata delle prestazioni lavorative rese per l'ente stesso con inizio da settembre 1995 ed ancora in atto successivamente al 30 giugno 1998, in esecuzione di rapporto instaurato ai sensi dell'art. 14 D.L. n. 299 del 1994, conv. in legge n. 451 del 1990, per la realizzazione di progetti di lavori socialmente utili), rileva ai fini della giurisdizione esclusivamente il periodo di maturazione delle spettanze retributive e dell'insorgenza di altri crediti, non le date di compimento degli atti di gestione del rapporto, ancorché abbiano determinato l'insorgere della questione litigiosa, atteso che il perfezionamento della fattispecie attributiva del diritto di credito, anche sotto il profilo della sua esigibilità, consente al dipendente di accedere alla tutela giurisdizionale, indipendentemente dall'emanazione, da parte dell'amministrazione datrice di lavoro, di atti di gestione del rapporto obbligatorio (che rivestono natura di atti ricognitivi e di adempimento). Pertanto, nel caso (come quello di specie) in cui il lavoratore-attore, sul presupposto dell'avverarsi di determinati fatti, riferisca le proprie pretese ad un periodo in parte anteriore ed in parte successivo al 30 giugno 1998, la competenza giurisdizionale non può che essere distribuita fra giudice amministrativo in sede esclusiva e giudice ordinario, in relazione ai due distinti periodi.

Cass. civ. n. 24170/200

Il requisito del possesso della cittadinanza italiana, richiesto per accedere al lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni dall'art. 2 D.P.R. n. 487 del 1994 - norma "legificata" dall'art. 70 comma 13, D.Lgs. n. 165 del 2001 - e dal quale si prescinde, in parte, solo per gli stranieri comunitari, nonché per casi particolari (art. 38 D.Lgs. n. 165 del 2001; art. 22 D.Lgs. n. 286 del 1998), si inserisce nel complesso delle disposizioni che regolano la materia particolare dell'impiego pubblico, materia fatta salva dal D.Lgs. n. 286 del 1998, che, in attuazione della convenzione Oil n. 175 del 1975, resa esecutiva con legge n. 158 del 1981, sancisce, in generale, parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti per i lavoratori extracomunitari rispetto ai lavoratori italiani. Né l'esclusione dello straniero non comunitario dall'accesso al lavoro pubblico (al di fuori delle eccezioni espressamente previste dalla legge) è sospettabile di illegittimità costituzionale, atteso che si esula dall'area dei diritti fondamentali e che la scelta del legislatore è giustificata dalle stesse norme costituzionali (artt. 51, 97 e 98 Cost.), anche con riferimento alla legislazione di sostegno ai lavoratori disabili, la protezione dei quali non supera il limite del requisito della cittadinanza.

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