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Articolo 162 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Stabile organizzazione

Dispositivo dell'art. 162 TUIR

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 169, ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, l'espressione "stabile organizzazione" designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.

2. L'espressione "stabile organizzazione" comprende in particolare:

  1. a) una sede di direzione;
  2. b) una succursale;
  3. c) un ufficio;
  4. d) un'officina;
  5. e) un laboratorio;
  6. f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all'esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali;
  7. f-bis) una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.

3. Un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l'esercizio di attività di supervisione ad esso connesse, è considerato "stabile organizzazione" soltanto se tale cantiere, progetto o attività abbia una durata superiore a tre mesi.

4. Fermi restando i commi da 1 a 3, la dizione "stabile organizzazione" non comprende:

  1. a) l'uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa;
  2. b) la disponibilità di beni o merci appartenenti all'impresa immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;
  3. c) la disponibilità di beni o merci appartenenti all'impresa immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un'altra impresa;
  4. d) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l'impresa;
  5. e) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dello svolgimento, per l'impresa, di ogni altra attività;
  6. f) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dell'esercizio combinato delle attività menzionate nelle lettere da a) ad e).

4-bis. Le disposizioni del comma 4 si applicano a condizione che le attività di cui alle lettere da a) a e) o, nei casi di cui alla lettera f), l'attività complessiva della sede fissa d'affari siano di carattere preparatorio o ausiliario.

5. Il comma 4 non si applica ad una sede fissa d'affari che sia utilizzata o gestita da un'impresa se la stessa impresa o un'impresa strettamente correlata svolge la sua attività nello stesso luogo o in un altro luogo nel territorio dello Stato e lo stesso luogo o l'altro luogo costituisce una stabile organizzazione per l'impresa o per l'impresa strettamente correlata in base alle previsioni del presente articolo, ovvero l'attività complessiva risultante dalla combinazione delle attività svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente correlate nei due luoghi, non sia di carattere preparatorio o ausiliario, purché le attività svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa, o dalle imprese strettamente correlate nei due luoghi, costituiscano funzioni complementari che siano parte di un complesso unitario di operazioni d'impresa.

6. Ferme le disposizioni dei commi 1 e 2 e salvo quanto previsto dal comma 7, se un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un'impresa non residente e abitualmente conclude contratti o opera ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell'impresa e detti contratti sono in nome dell'impresa, oppure relativi al trasferimento della proprietà, o per la concessione del diritto di utilizzo, di beni di tale impresa o che l'impresa ha il diritto di utilizzare, oppure relativi alla fornitura di servizi da parte di tale impresa, si considera che tale impresa abbia una stabile organizzazione nel territorio dello Stato in relazione a ogni attività svolta dal suddetto soggetto per conto dell'impresa, a meno che le attività di tale soggetto siano limitate allo svolgimento delle attività di cui al comma 4 le quali, se esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non permetterebbero di considerare questa sede fissa una stabile organizzazione ai sensi delle disposizioni del medesimo comma 4.

7. Il comma 6 non si applica quando il soggetto, che opera nel territorio dello Stato per conto di un'impresa non residente, svolge la propria attività in qualità di agente indipendente e agisce per l'impresa nell'ambito della propria ordinaria attività. Tuttavia, quando un soggetto opera esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese alle quali è strettamente correlato, tale soggetto non è considerato un agente indipendente, ai sensi del presente comma, in relazione a ciascuna di tali imprese.

7-bis. Ai soli fini del presente articolo, un soggetto è strettamente correlato ad un'impresa se, tenuto conto di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti, l'uno ha il controllo dell'altra ovvero entrambi sono controllati da uno stesso soggetto. In ogni caso, un soggetto è considerato strettamente correlato ad un'impresa se l'uno possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento della partecipazione dell'altra o, nel caso di una società, più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale, o se entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente, per più del 50 per cento della partecipazione, o, nel caso di una società, per più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale.

8. Nonostante quanto previsto dal comma 7, non costituisce stabile organizzazione dell'impresa il solo fatto che la stessa eserciti nel territorio dello Stato la propria attività per mezzo di un raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, o di un mediatore marittimo di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 478, che abbia i poteri per la gestione commerciale o operativa delle navi dell'impresa, anche in via continuativa.

9. Il fatto che un'impresa non residente con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato controlli un'impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o no attività d'impresa non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una stabile organizzazione dell'altra.

9-bis. Al ricorrere delle condizioni di cui al comma 7-quater, la sede fissa d'affari a disposizione di un'impresa residente che vi svolge la propria attività, utilizzando il proprio personale, non si considera, ai fini del comma 1, a disposizione del veicolo di investimento di cui alla lettera a) del comma 7-quater non residente per il solo fatto che l'attività. dell'impresa residente reca un beneficio al predetto veicolo(1).

Note

(1) Comma aggiunto dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197.

Massime relative all'art. 162 TUIR

Cass. civ. n. 31609/2019

In tema di assoggettabilità ad imposizione fiscale di soggetti non residenti nel territorio nazionale, ai fini della sussistenza del requisito della stabile organizzazione in Italia non è necessario che quest'ultima debba essere di per sé produttiva di reddito, ovvero dotata di autonomia gestionale o contabile, essendo sufficiente che vi sia una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della C.T.R. che aveva ravvisato il requisito della stabile organizzazione di una società abitualmente operante per conto di un'impresa non residente la quale non si limitava all'acquisto di beni per conto di detta società, ma provvedeva all'assemblaggio dei componenti importati trasformandoli in merci successivamente cedute a terzi, utilizzando un'officina dotata di risorse umane e materiali).

Cass. civ. n. 32078/2018

In tema di assoggettabilità ad imposizione fiscale di soggetti non residenti nel territorio nazionale, ai fini della sussistenza del requisito della stabile organizzazione in Italia non è necessario che quest'ultima debba essere di per sé produttiva di reddito, ovvero dotata di autonomia gestionale o contabile, essendo sufficiente che vi sia una sede fissa di affari in cui l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della commissione tributaria regionale che aveva escluso che una fondazione di diritto canadese avesse una stabile organizzazione in Italia in base al rilievo esclusivamente formale che la struttura esistente nel territorio italiano non fosse produttiva di reddito, essendo concentrata la gestione tributaria e finanziaria presso la sede legale canadese.)

Cass. pen. n. 50151/2018

In tema di reato di omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi di cui all'art. 5 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si configura la "stabile organizzazione", da cui deriva l'obbligo fiscale di un soggetto non formalmente residente, nel caso in cui una società estera, con una sede fissa di affari nel territorio italiano, effettua in Italia la sua attività mediante un'organizzazione di persone e di mezzi (cd. estero-vestizione della residenza fiscale); si ha, invece, una "società-schermo", nell'ipotesi in cui l'ente, anche se allocato formalmente all'estero, è privo di concreta autonomia e costituisce solo una copertura attraverso la quale agisce la persona fisica, che è la titolare effettiva dell'attività economica e che, di conseguenza, è tenuta agli adempimenti fiscali.

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto in relazione a reati tributari, nel caso in cui sia configurabile la "stabile organizzazione" in Italia di una società formalmente residente all'estero (cd. estero-vestizione della residenza fiscale), a norma dell'art. 12-bis del d.lgs n. 74 del 2000, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può essere disposto sui beni dell'imputato, ove non sia stato possibile reperire nei confronti dell'ente il profitto del reato; laddove invece sia ravvisata la costituzione di una "società-schermo", priva reale di autonomia e mero strumento di copertura attraverso il quale la persona fisica svolge attività economica, il sequestro preventivo ai fini di confisca per equivalente del profitto può essere eseguito, indifferentemente, sia sui beni dell'imputato, sia su quelli della società. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che la distinzione rileva anche ai fini dell'individuazione dell'imposta evasa - Irpef, per i redditi delle persone fisiche, e Ires per quelli delle società - e della conseguente quantificazione del profitto confiscabile).

Cass. pen. n. 41683/2018

In tema di reati tributari, poiché la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, il rinvenimento di uno di essi presso il terzo destinatario dell'atto può far desumere che il mancato rinvenimento dell'altra copia presso l'emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.

In tema di reati tributari, appartiene all'accertamento del fatto - reato, da condurre secondo le regole proprie del diritto processuale penale e senza avvalersi di inversioni dell'onere della prova frutto del ricorso alle presunzioni fiscali, l'individuazione del "domicilio fiscale", che si identifica nel centro effettivo di direzione e di attività amministrativa dell'impresa, facendo riferimento ai criteri indicati dall'art. 162 d.P.R. n. 917 del 1986 sulla "stabile organizzazione" o agli indici elaborati dalla giurisprudenza comunitaria per identificare le società cd. "casella postale" o "schermo". (Fattispecie relativa a società con sede legale estera, controllata da impresa avente sede in Italia).

In tema di reati tributari, l'impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d'affari derivante dalla distruzione o dall'occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all'art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all'acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde. (In motivazione la Corte ha precisato che il reato deve essere escluso, per mancanza di offensività, solo nel caso in cui il risultato economico delle operazioni possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dallo stesso imprenditore).

Cass. civ. n. 11728/2016

In tema d'imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, la somma dovuta dal datore di lavoro al lavoratore a seguito di una controversia, conclusasi con verbale di conciliazione dinanzi al giudice del lavoro, va dedotta dal reddito imponibile dell'anno d'imposta in cui il giudice ha conferito al predetto verbale valore esecutivo, rendendolo così non più modificabile ed attribuendo agli eventuali oneri che ne derivino per una delle parti il carattere della certezza, che è una delle condizioni della deducibilità fiscale. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Lazio, 18/12/2008).

Cass. pen. n. 29724/2010

L'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte di società avente residenza fiscale all'estero sussiste se questa ha stabile organizzazione in Italia, che ricorre anche quando la società straniera abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o meno di personalità giuridica, prescindendosi dalla fittizietà o meno dell'attività svolta all'estero dalla società medesima. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni facenti capo a società avente residenza fiscale localizzata in territorio diverso dall'Italia, cosiddetta esterovestizione della residenza fiscale). (annulla con rinvio, Trib. lib. Pordenone, 21/12/2009)

Cass. civ. n. 25197/2009

In tema di I.V.A., è nullo l'avviso di accertamento fondato su due distinti ed inconciliabili motivi d'imposizione, in quanto, rispondendo la motivazione alla duplice esigenza di rispettare i principi d'informazione e collaborazione, già fissati dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, specificamente in materia fiscale, dall'art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, non è legittimo l'intento dell'Amministrazione di formulare una motivazione contraddittoria con funzione "di riserva", sia perché la pretesa impositiva per essere conforme a legge può basarsi su elementi concorrenti, ma non su presupposti fattuali contrastanti, sia perché l'alternatività delle ragioni giustificatrici della pretesa, lasciando l'Amministrazione arbitra di scegliere, nel corso della procedura contenziosa, quella che più le convenga secondo le circostanze, espone la controparte ad un esercizio difensivo difficile o talora impossibile. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 08/11/2004)

Cass. civ. n. 15916/2005

Il principio sancito dall'art. 5 cod. proc. civ., alla stregua del quale la giurisdizione si determina "con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda", trova sua ragion d'essere in esigenze di economia processuale e può ricevere, quindi, applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito e non anche quando il mutamento dello stato di fatto o di diritto comporti, invece, l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo. Ne consegue che, nel caso di controversia instaurata davanti al giudice amministrativo - sul presupposto che essa rientrasse nella giurisdizione esclusiva in materia di pubblici servizi, prevista dall'art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 - prima della dichiarazione di incostituzionalità di tale norma per eccesso di delega con sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 2000, e prima, quindi, dell'entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205 - il cui art. 7 ha nuovamente previsto l'anzidetta giurisdizione esclusiva, ma con formula parzialmente differenziata - si rende necessario accertare se la controversia stessa rientri fra quelle devolute al giudice amministrativo dalla nuova norma, dovendo, in caso affermativo, essere riconosciuta la giurisdizione del giudice innanzi al quale il giudizio era stato instaurato, a nulla rilevando che la relativa data di inizio sia anteriore all'entrata in vigore della norma stessa. (dichiara giurisdizione, T.A.R. Veneto,)

La controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da risparmiatori nei confronti della CONSOB per violazione degli obblighi di vigilanza sul mercato mobiliare è devoluta al giudice ordinario, non rientrando tra le controversie in materia di pubblici servizi attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall'art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo introdotto dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 - quale risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - in quanto detta giurisdizione esclusiva presuppone che la P.A. agisca esercitando il suo potere autoritativo, ovvero avvalendosi della facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del predetto potere. A differenza, infatti, di quanto avviene rispetto ai "soggetti abilitati" - nei cui confronti l'Autorità di vigilanza esercita una serie di "poteri" diretti ad assicurare che i loro comportamenti siano "trasparenti e corretti" e la loro gestione sia "sana e prudente" (artt. 5 e 91 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), onde le posizioni di tali soggetti nei confronti dell'Autorità si configurano, in linea di massima, come interessi legittimi - la CONSOB non esercita alcun "potere" sui risparmiatori, trattandosi dei soggetti che essa è tenuta a tutelare, con la conseguenza che la posizione di questi ultimi nei confronti dell'Autorità di vigilanza assume la consistenza del diritto soggettivo: diritto che - proprio perché non collegato ad alcuna relazione di potere con la P.A. - deve essere tutelato, in caso di violazione, innanzi al giudice ordinario, e ciò tanto più quando (come nel caso di specie) l'azione proposta trovi il suo fondamento in un preteso "comportamento" illecito della P.A. e sia diretta a conseguire il risarcimento dei danni subiti. (Fattispecie relativa ad azione risarcitoria proposta dal curatore del fallimento di un agente di cambio e da un creditore ammesso al passivo fallimentare). (dichiara giurisdizione, T.A.R.,)

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