AUTORE:
Luca Virdis
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Alla base del presente studio vi è l’analisi della struttura e del concetto di idoneità del modello organizzativo e gestionale adottato dall’ente, ai sensi del D.Lgs. 231/2001. In particolar modo, la seguente disamina si concentrerà sul requisito dell’idoneità preventiva del modello, così come configurato ai sensi dell’art. 6 del decreto, la cui verifica in ordine all’eventuale sussistenza, unitamente a quella dell’efficace attuazione del modello stesso, potrebbe costituire il fattore di esonero da responsabilità dell’ente per il reato commesso dai suoi organi di vertice. A tal proposito, verranno messi in risalto i principali problemi derivanti dall’accertamento giudiziale dell’adeguatezza del modello organizzativo e gestionale delle società, andando a ripercorrere le poche pronunce giurisprudenziali sul tema; cercando sia di evidenziare i principali aspetti che maggiormente inficiano la prassi giudiziale, sia di prospettare qualche tentativo di soluzione. Il primo capitolo si incentrerà sui requisiti strutturali del modello ex art. 6 D.Lgs. 231/2001, spiegando, in primis, cosa si intenda con l’utilizzo dei termini "modello organizzativo e gestionale", "idoneità ed efficace attuazione"; per poi soffermarsi sulla loro valenza e portata. In particolare, si effettuerà una disamina sul concetto e sulla natura del requisito “psicologico” imputabile all’ente ai sensi del decreto, ossia la c.d. colpa di organizzazione, andando, inoltre, a esplicitare i contenuti in assenza dei quali tale requisito risulterebbe integrato. Per concludere, alla luce di quel che verrà esposto, si evidenzieranno più a fondo i caratteri che un modello, per essere definito idoneo, dovrebbe possedere, quali: efficacia, specificità e attualità. Il secondo capitolo andrà al cuore del problema relativo al giudizio di idoneità, ripercorrendo le tappe giurisprudenziali in materia, secondo un ordine logico. Dopo qualche indispensabile premessa riguardo alla natura della responsabilità, all’adozione ante e post factum e all’onere probatorio del modello in capo all’ente (necessarie ai fini del corretto inquadramento del giudizio), si andrà nello specifico delle pronunce sul tema. Sul punto, verranno dapprima analizzate tutte le pronunce di condanna dell’ente relative all’inidoneità dei modelli adottati sotto l’aspetto dei presidii interni, quali i protocolli e flussi informativi (caso Siemens A.G., I.V.R.I S.p.A), per tentare di ricostruire un filo conduttore. Successivamente ci si soffermerà sul caso Impregilo S.p.A. in cui, da un primo cambio di rotta da parte dei Giudici di merito (l’ente veniva assolto per idoneità del modello), si è passati a un ribaltamento in Cassazione. La pronuncia, emessa dalla Suprema Corte, risulta molto importante sul tema, in quanto vengono per la prima volta esplicitati i criteri che dovrebbero orientare i giudici nell’accertamento del modello idoneo, i quali saranno oggetto di una disamina approfondita, che non mancherà di segnalare tutti gli aspetti critici. Come si vedrà, dal bilancio che si può trarre dalle pronunce sin ora emesse in merito alla tematica trattata, emerge un quadro poco confortante per l’ente. Infatti sembrerebbe che in giurisprudenza prevalga un orientamento ostile al riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 6 D.Lgs. 231/2001, configurandosi il pericolo di pronunce basate su profezie che si auto-avverano, sintetizzabili nell’equazione "se il reato si è verificato, allora il modello organizzativo e gestionale adottato dall’ente è per ciò stesso inidoneo". In tutt’altra direzione sembrerebbero orientarsi le recenti pronunce emesse dai Giudici di merito, in materia di illeciti colposi di cui all’art. 25 septies D.Lgs. 231/2001, addebitabili all’ente. Infatti verranno riportate alcune sentenze assolutorie, nelle quali i Tribunali hanno valutato con esito favorevole il modello predisposto dall’ente, forse (e sul punto si discuterà) anche in virtù della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, di cui al D.Lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza sul lavoro), che - andandosi a integrare con la disciplina del decreto 231 - detta all’art. 30 requisiti più specifici per l’adozione e l’efficace attuazione di un modello idoneo a prevenire i reati di omicidio e lesioni colpose avvenuti sui luoghi di lavoro. Il terzo capitolo analizzerà un requisito sinora posto sullo sfondo dalla giurisprudenza ed esplicitato per la prima volta nel caso Impregilo S.p.A., ossia quello relativo alla c.d. elusione fraudolenta del modello, ai sensi dell’art. 6, lett. c) D.Lgs. 231/2001, la cui integrazione è indispensabile ai fini della concessione dell’esimente. Sul punto la Cassazione, nella sopra menzionata vicenda, è arrivata a configurare il requisito, sostenendo che "non può non consistere in una condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola [...]. Si tratta insomma, di una condotta di “aggiramento” di una norma imperativa, non di una semplice e “frontale” violazione della stessa".