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Il comma 1, in linea con la giurisprudenza sia dell’Adunanza Plenaria che delle Sezioni Unite, e con il modello generale stabilito dalla legge n. 241 del 1990 (art. 1, comma 2-bis), introduce una norma specifica sull’obbligo reciproco di correttezza (per p.a. e operatore economico) che a maggior ragione si giustifica nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, le quali hanno una chiara valenza pre-contrattuale.
Il comma 2 recepisce i principi sulla tutela dell’affidamento incolpevole (anche con riferimento al danno da provvedimento favorevole poi annullato) enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 5 del 2018 e nn. 19 e 20 del 2021. In linea con tale giurisprudenza, il senso della norma è quello di evidenziare che l’affidamento rappresenta un limite al potere amministrativo che può venire in considerazione sia in materia di diritti soggettivi che di interessi legittimi ed inerire, pertanto, anche ai rapporti connotati da
un collegamento con l’esercizio del potere.
Pur non intervenendo sul riparto della giurisdizione (che non rientra nell’oggetto della legge-delega), la norma si basa, comunque, sul presupposto secondo cui la lesione dell’affidamento che viene in rilievo nell’ambito del procedimento di gara, anche quando realizzato attraverso comportamenti, presenta un collegamento forte con l’esercizio del potere e, pertanto, anche quando il privato lamenta la lesione della propria libertà di autodeterminazione negoziale, la relativa controversia risarcitoria non può che rientrare nella giurisdizione amministrativa, specie in considerazione del fatto che, nella materia degli appalti pubblici, il giudice amministrativo gode di giurisdizione esclusiva (art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a.), che si estende, oltre che ai comportamenti amministrativi (in base alla previsione generale contenuta nell’art. 7 c.p.a.), anche alla “controversie risarcitorie”. Sotto tale profilo, l’espressa menzione delle “controversie risarcitorie” nel testo dell’art. 133, c. 1, lett. e) n. 1 – in un contesto ordinamentale in cui la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo non richiede previsioni di giurisdizione esclusiva (cfr. Corte cost. n. 204 del 2004) – non può che leggersi come volontà del legislatore di includere nella giurisdizione esclusiva in materia di appalti proprio le controversie di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, a cui fa riferimento la norma in commento. Sarebbe, tuttavia, opportuno che le incertezze in punto di giurisdizione (come chiaramente emergente dal conflitto interpretativo delineatosi fra Sezioni Unite della Corte di Cassazione e Adunanza plenaria del Consiglio di Stato) vengano risolte con una norma ad hoc, che espliciti che, almeno in materia di procedure di evidenza pubblica e in tutti gli altri casi di giurisdizione esclusiva, quest’ultima include anche il danno da lesione dell’affidamento, laddove esso matura in un contesto procedimentale e il comportamento “scorretto” imputato all’amministrazione presenta collegamenti, anche indiretti o mediati con l’esercizio del potere.
Il comma 3 disciplina le “condizioni” di risarcibilità del danno da provvedimento favorevole poi annullato. La norma, nell’escludere il carattere incolpevole dell’affidamento in caso di illegittimità agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti, recepisce nella sostanza i principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 20 del 2021, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 1, della leggedelega, che prevede l’adeguamento della disciplina vigente “ai principi espressi dalla giurisprudenza … delle giurisdizioni superiori, interne ed internazionali”.
Si precisa, infine, che il danno risarcibile è quello correlato alle conseguenze negative che la scorrettezza della p.a. ha avuto sulle scelte contrattuali dell’operatore economico. Sul piano del quantum, il riferimento è quindi al c.d. interesse negativo, ossia secondo gli insegnamenti tradizionali che si ricavano dalla giurisprudenza in materia di responsabilità precontrattuale, ai costi inutilmente sostenuti per partecipare alla gara e alla c.d. chance contrattuale alternativa. Tali danni devono essere effettivi e provati.
Il comma 4, riprendendo alcuni spunti già delineati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2 del 2017 (in materia di ottemperanza per equivalente in caso di impossibilità di ottenere in forma specifica l’aggiudicazione di un appalto), dà un fondamento normativo all’azione di rivalsa da parte dell’amministrazione (condannata al risarcimento del danno a favore del terzo illegittimamente pretermesso nella procedura di gara) nei confronti dell’operatore economico che sia risultato aggiudicatario sulla base di una (sua) condotta illecita. La norma, oltre a coordinarsi con la coeva modifica dell’art. 124 c.p.a. (dove appunto si disciplina sotto il profilo processuale l’azione di rivalsa dell’amministrazione contro l’aggiudicatario originario), trova giustificazione anche in criteri di giustizia sostanziale, specie se si considera che in materia di appalti la responsabilità della p.a. è oggettiva e, talvolta, prescinde anche dall’originaria adozione di un provvedimento illegittimo: si veda il caso esaminato dalla citata sentenza dell’Ad. plen. 2 del 2017, in cui l’aggiudicazione poi rivelatasi illegittima era stata disposta in esecuzione di una sentenza di primo grado poi riformata in appello, in accoglimento del ricorso dell’originario (legittimo) aggiudicatario. Da qui la necessità – specie in un contesto ordinamentale che vede ridurre i casi di tutela specifica mediante subentro a favore della tutela per equivalente – di esplicitare un rimedio (l’azione di rivalsa appunto) che consenta di ritrasferire almeno in parte il danno risarcito dall’amministrazione sull’aggiudicatario illegittimo che, del resto, in assenza di meccanismo di rivalsa, beneficerebbe di un arricchimento ingiusto.