(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)
220
L’art. 220 riscrive la disciplina del parere di precontenzioso dell’ANAC, già previsto dall’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016, con talune significative innovazioni.
Le modifiche introdotte si pongono l’obiettivo di un rafforzamento dell’istituto, in attuazione del criterio direttivo contenuto nell’art. 1, comma 2, lett. ll) della l. delega n. 78 del 14 giugno 2022, che assegna al legislatore delegato il compito di provvedere all’estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto. A tali metodi alternativi (ADR) ben può essere assimilato, infatti, il parere di precontenzioso dell’ANAC, che ha funzione di prevenzione della causa, e dunque condivide con i citati ADR la finalità deflattiva rispetto al contenzioso giurisdizionale.
Al comma 1 si chiarisce, anzitutto, che il parere di precontenzioso viene espresso su richiesta della stazione appaltante, dell’ente concedente o di una o più delle altre parti. Vengono poi introdotte importanti modifiche. Da un lato, infatti, è eliminato l’inciso che rendeva il parere vincolante per le parti che avessero preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Dall’altro lato, è consentito all’operatore economico (non anche alla stazione appaltante o ente concedente) che abbia richiesto il parere e vi abbia aderito di impugnarlo “esclusivamente per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”, dunque unicamente per profili sostanziali e non anche per vizi formali o procedurali nell’emissione del parere stesso: ciò in applicazione estensiva della regola di non annullabilità dettata in generale dall’art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990. È chiara la ratio legislativa di un rafforzamento del parere, di cui l’operatore economico può ottenere l’annullamento in sede giudiziale solo quando esso sia “sbagliato” nella sostanza.
Sempre nel comma 1 sono inserite altre due importanti novità rispetto alla disciplina di cui all’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016.
La prima riguarda l’abrogazione della norma che imponeva al giudice, in caso di rigetto del ricorso avverso il parere, di valutare il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 del c.p.a. Si trattava, infatti, di disposizione da un lato inutile, se intesa nel senso di imporre al giudice di valutare la sussistenza degli estremi della lite temeraria, in quanto già il citato art. 26 del c.p.a. impone al giudice di effettuare una simile valutazione in riferimento a ogni causa che venga portata al suo esame. Dall’altro lato, la disposizione in discorso era di dubbia costituzionalità, se intesa nel senso che essa ricollegasse una presunzione di temerarietà alla pura e semplice proposizione di un ricorso contro il parere, che fosse stato respinto dal giudice adito.
La seconda importante novità riguarda l’obbligo, per la stazione appaltante o l’ente concedente che non intendano conformarsi al parere, di comunicare entro quindici giorni le relative motivazioni alle parti interessate e all’ANAC, che può proporre ricorso contro tale determinazione negativa. Anche in tale previsione si esprime la ratio legislativa di rafforzare lo strumento in esame e il Legislatore si serve a tal fine di una regola di trasparenza, che impone alla stazione appaltante o ente concedente di rendere pubbliche le ragioni del loro rifiuto. In coerenza con la regola generale dell’art. 3 della l. n. 241/1990, che impone l’obbligo di motivazione per i provvedimenti amministrativi, la decisione di non conformarsi al parere dell’ANAC assume la veste di provvedimento.
Si segnala che, come già il comma 1 dell’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016, il comma 1 dell’art. 220 assegna all’ANAC un termine di 30 giorni dalla ricezione della richiesta per esprimere il parere senza ricollegare alcun significato all’inerzia serbata dall’Autorità sulla richiesta. In difetto di un’esplicita previsione di silenzio significativo, l’inerzia stessa va qualificata quale silenzio inadempimento, con il corollario dell’esperibilità nei suoi confronti dei rimedi previsti in via generale dall’ordinamento.
La formulazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 220 ricalca quella dei commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016.
Le sole novità si ravvisano nel comma 3 dell’art. 220, che ripropone il potere dell’ANAC di esprimere un parere motivato quando ravvisi che la stazione appaltante ha adottato un provvedimento affetto da gravi violazioni del codice, specificando nel parere i vizi di legittimità riscontrati.
Una prima novità è costituita dalla previsione di un potere in capo all’Autorità di stabilire con proprio regolamento il termine massimo, comunque decorrente dall’adozione o pubblicazione dell’atto che contiene la violazione, per emettere il parere.
Una seconda novità è rappresentata dal termine assegnato alla stazione appaltante per conformarsi al parere, che è dimezzato rispetto a quello previsto dall’art. 211 (non più 60 ma 30 giorni), secondo una logica di velocizzazione dei tempi del procedimento.