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L’art. 2 codifica l’innovativo principio della fiducia nell’azione legittima trasparente e corretta delle pubbliche amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici. Si tratta di una segno di svolta rispetto alla logica fondata sulla sfiducia (se non sul “sospetto”) per l’azione dei pubblici funzionari, che si è sviluppata negli ultimi anni, anche attraverso la stratificazione di interventi normativi non sempre coordinati tra loro, e che si è caratterizzata da un lato per una normazione di estremo dettaglio, che mortificava l’esercizio della discrezionalità, dall’altro per il crescente rischio di avvio automatico di procedure di accertamento di responsabilità amministrative, civili, contabili e penali che potevano alla fine rivelarsi prive di effettivo fondamento.
Ciò ha generato una forma di “burocrazia difensiva”, spesso descritta evocando l’efficace immagine del dipendente che ha “paura di firmare”, a causa della quale i funzionari, frenati dal timore delle possibili conseguenze del loro agire, preferiscono astenersi dal farlo, con inevitabile pregiudizio dell’efficienza e, più in generale, del buon andamento dell’azione amministrativa, scaricando sul legislatore o sul giudice la soluzione di problemi che spetterebbe invece alla p.a. affrontare e risolvere (si è parlato efficacemente anche di tendenza ad “amministrare per legge” e “amministrare per sentenza”). Come ha ben evidenziato anche la
Corte costituzionale con la sentenza n. 8 del 2022, “paura della firma” e “burocrazia difensiva”, rappresentano fonte di inefficienza e immobilismo e, quindi, un ostacolo al rilancio economico, che richiede, al contrario, una pubblica amministrazione dinamica ed efficiente.
In questa prospettiva, il nuovo codice vuole dare, sin dalle sue disposizioni di principio, il segnale di un cambiamento profondo, che – fermo restando ovviamente il perseguimento convinto di ogni forma di irregolarità – miri a valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici, introducendo una “rete di protezione” rispetto all’alto rischio che accompagna il loro operato.
Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. Da un lato, invero, la disposizione precisa che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare. Molti istituti del codice, anche di derivazione europea (dal soccorso istruttorio al c.d. self-cleaning) presuppongono, d’altronde, la fiducia dell’ordinamento giuridico anche verso i soggetti privati che si relazionano con la pubblica amministrazione. Dall’altro lato, la fiducia è legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione legittimità dell’azione amministrativa.
Non si tratta, allora, di “regalare la fiducia” a funzionari che non la meritano, né tanto meno di incidere sull’intensità del sindacato giurisdizionale. Si tratta, al contrario, di dettare una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Il raggiungimento di questo risultato implica il superamento di ogni forma di inerzia e l’esercizio effettivo della discrezionalità di cui la P.A. dispone. Ciò presuppone la fiducia dell’ordinamento giuridico sulle scelte compiute dalla P.A., alla quale, in assenza di detta fiducia, non si attribuirebbe il potere. Ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale) presuppone, infatti, la fiducia dell’ordinamento giuridico verso l’organo destinatario dell’attribuzione: esplicitare a livello normativo questo presupposto culturale e giuridico promuove il senso di appartenenza dell’Amministrazione allo Stato-comunità, scongiura l’inerzia, valorizza le capacità e orienta verso il rispetto della legalità sostanziale.
Il comma 2, nell’enunciare il principio, lo collega al principio del risultato: la fiducia che viene riconosciuta ai pubblici funzionari non è incondizionata, ma costituisce una sorta di contropartita di ciò che l’ordinamento si aspetta dall’azione amministrativa, ossia la realizzazione del risultato declinato dall’art. 1. La norma chiarisce che il principio della fiducia implica un ampliamento dei poteri valutativi e della discrezionalità della P.A.
La valorizzazione dei poteri discrezionali del funzionario pubblico è, inoltre, in linea, nell’ottica del superamento della c.d. “paura della firma”, con la nuova formulazione dell’art. 323 c.p. (ad opera del d.l. n. 76 del 2020), che ai fini dell’integrazione del reato di abuso d’ufficio richiede che l’atto sia adottato “in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuano margini di discrezionalità”. La norma ora introdotta, alla luce del nuovo testo dell’art. 323 c.p.,
segna, quindi, il definitivo superamento di quell’orientamento giurisprudenziale che, attraverso la valorizzazione dei principi generali di buon andamento e imparzialità, aveva in passato ricondotto nel campo di applicazione dell’abuso d’ufficio anche l’eccesso di potere, con conseguente sindacato da parte del giudice penale delle scelte discrezionali del pubblico ufficiale.
Il comma 3 contiene una perimetrazione del concetto di colpa grave rilevante ai fini della responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti. La norma risulta necessaria in quanto in passato il labile confine tra colpa grave e colpa lieve ha generato incertezze interpretative, contribuendo a quella forma di burocrazia difensiva che il principio della fiducia si propone di superare. Per questo, in coerenza con l’obiettivo, sotteso al principio della fiducia di valorizzare la discrezionalità del dipendente pubblico, la norma in esame ricollega la colpa grave esclusivamente alla violazione delle norme di diritto, degli auto-vincoli, nonché alla palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza, con la precisazione, tuttavia, che non costituisce mai colpa grave la violazione o l’omissione che sia stata determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti. Si evidenzia che la disposizione in esame codifica il diritto vivente formatosi nell’ambito delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti.
Il comma 4, al fine di promuovere la fiducia nell’azione legittimità, trasparente e corretta dell’amministrazione, prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per qualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti.