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È noto che, per quanto attiene al profilo delle tecniche di rilevanza delle sopravvenienze, l’ordinamento, in caso di variazioni qualitative, costantemente accoppia il rimedio della revisione a quello dello scioglimento del contratto (riguardano l’inattuabilità sopravvenuta del programma negoziale gli artt. 963, 1464, 1584, 1622, 1623, 1660, 1896, 1897, 1926 c.c.; riguardano l’inattuabilità originaria gli artt. 1484 e 1492), mentre per le variazioni quantitative il rimedio della revisione non è mai concesso ad un contraente al quale di già spetti il diritto di chiedere la risoluzione (cfr. gli artt. 1467 e 1468 c.c.).
Nella disciplina contrattuale di parte speciale, l’art. 1664, comma 1, prevede invece che, qualora si siano verificati, per effetto di circostanze imprevedibili, aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o, rispettivamente, il committente hanno diritto ad una revisione del prezzo medesimo per la differenza che eccede il decimo.
In dottrina si è fatta strada, da diversi anni, sull’esempio dell’esperienza angloamericana degli relational contracts, l’idea secondo la quale, all'insorgere di sopravvenienze perturbative di un contratto, la parte esonerata dal rischio della sopravvenienza avrebbe il diritto di chiedere, anziché la risoluzione, la rinegoziazione dell’accordo anche in casi in cui l’esperibilità di tali rimedi non sia prevista espressamente né dalla legge né dal contratto. In particolare: 1) secondo alcuni, si tratterebbe di coniugare la normativa specifica dell’art. 1467 con la disposizione generale dell'art. 1175 al fine di accertare se il rifiuto del creditore di ricondurre il contratto ad equità, autorizzato in via di principio dall’art. 1467, risulti in concreto scorretto ex art. 1175 e possa, perciò, dirsi precluso; 2) secondo altri, sarebbero enucleabili classi di fattispecie rispetto alle quali, risultando insoddisfacente la previsione dell’art. 1467, andrebbe estesa la potenzialità normativa dell'art. 1664, comma 1, anche a contratti che, non riducibili puntualmente al tipo legale, sollevino esigenze simili a quelle previste per l’appaltatore.
Nel contesto delle concessioni, a fronte della sopravvenienza l’obiettivo precipuo del contraente sfavorito non è lo smantellamento del rapporto, ma la sua messa in sicurezza attraverso un riequilibrio reciprocamente appagante delle prestazioni. Anche la pandemia da COVID-19 ha messo recentemente in luce la necessità di mitigare il principio della vincolatività del contratto qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l’equilibrio del rapporto si mostri sostanzialmente snaturato.
Il codice del 2016 già contemplava un dispositivo di mitigazione del rischio operativo. Il meccanismo rimediale consiste nella possibilità per l’operatore economico di chiedere all’amministrazione concedente (cui è incombe un obbligo legale di rinegoziazione) la revisione del programma contrattuale. Si tratta di un rimedio per la gestione delle sopravvenienze di tipo manutentivo, particolarmente utile nel contesto di operazioni di lunga durata e con investimenti non immediatamente reversibili, in mancanza del quale il codice civile appronterebbe invece una tutela prettamente ablativa (art. 1467 c.c.).
Il presente schema di codice puntualizza e precisa la revisione sotto diversi profili.
Il comma 1 prevede che, al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, ivi compreso il mutamento della normativa o della regolazione di riferimento, che incida in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, il concessionario può chiedere la revisione del contratto nella misura strettamente necessaria a ricondurlo ai livelli di equilibrio e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto. L’alterazione dell’equilibrio economico e finanziario dovuto a eventi diversi da quelli di cui al primo periodo e rientranti nei rischi allocati alla parte privata sono a carico della stessa.
Il riferimento al mutamento della normativa o della regolazione di riferimento è inteso a tutelare il privato dal c.d. ‘rischio regolatorio’.
Il comma 2 detta invece i limiti della revisione. La definizione dei cambiamenti che possono condurre alla revisione del piano economico-finanziario ha una importanza centrale, per evitare che la revisione comporti di fatto l’attenuazione o finanche l’azzeramento del rischio operativo.
A tal fine, in sede di revisione, non è consentito concordare modifiche che alterino la natura della concessione, o modifiche sostanziali che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione.
Il comma 3 prevede che, nei casi di opere di interesse statale ovvero finanziate con contributo a carico dello Stato per le quali non sia già prevista l'espressione del CIPESS, la revisione è subordinata alla previa valutazione del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sentito il Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS), che emette un parere di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
Il comma 4 stabilisce che, in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto. In tal caso, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all’articolo 190, comma 4, lettere a) e b), a esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse.