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Articolo 58 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600)

[Aggiornato al 22/02/2024]

Domicilio fiscale

Dispositivo dell'art. 58 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

Agli effetti dell'applicazione delle imposte sui redditi ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato, giusta le disposizioni seguenti.

Le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte. Quelle non residenti hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato. I cittadini italiani, che risiedono all'estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, nonché quelli considerati residenti ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, hanno il domicilio fiscale nel comune di ultima residenza nello Stato.

I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività.

Negli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell'indirizzo solo ove espressamente richiesto.

Le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono, verificate. (1)

Note

(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 366 ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell'articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all'estero una residenza conoscibile dall'amministrazione finanziaria in base all'iscrizione nell'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell'articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano".

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Consulenze legali
relative all'articolo 58 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. L. G. chiede
lunedì 24/01/2022 - Veneto
“Sono sposato da 17 anni, recentemente, essendo prossima la pensione per entrambi, mia moglie ha ristrutturato la sua casa di YYY dove ha tutti i parenti ed ha stabilito la propria residenza, io con il TFR ho acquistato un appartamento al Lido di Venezia dove sono nato e dove ho la figlia del primo matrimonio, i fratelli e fino ad un anno fa anche mia madre. Ho inoltre la sede della mia partita IVA ed ho fissato la mia residenza. Finora abbiamo vissuto in entrambe le abitazioni, privilegiando il Lido i 4 mesi estivi e per 3 - 4 giorni ogni due, a volte 3 settimane per assistere mia madre e stare con mia figlia e i miei fratelli, mi rendo conto che con le ultime sentenze della cassazione dovremo fare un ravvedimento operoso per l'IMU arretrata non pagata, ma quello che mi interessa è sapere se può essermi contestata la residenza al Lido di Venezia dato che ci sono per circa il 50% del mio tempo e quale sarebbe il tempo minimo in cui dovrei permanervi per non avere contestazioni. Da dicembre ho chiesto la separazione e sto al Lido, ma nel caso ci riconciliassimo come mi devo regolare dato che io voglio risiedere al Lido dove ho tutti i miei cari ed è la mia citta?”
Consulenza legale i 30/01/2022
Il tema della residenza va affrontato in modo distinto sotto il profilo dell’IRPEF e sotto quello dell’IMU.
In relazione all’IRPEF, vale la disposizione di cui all’art. 2 del T.U.I.R. a norma del quale i “Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.
Il concetto di residenza è, poi, meglio esplicitato nel successico comma 2 del citato art. 2, in base al quale, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Come si evince dalla predetta disposizione, per il concetto di residenza e di domicilio, sotto il profilo fiscale, si rinvia alla disciplina civilistica e, valgono, quindi, anche da un punto di vista fiscale, le medesime definizione che vengono date sul piano civilistico.
Conseguentemente, si rinvia all’art. 43 del c.c. il quale stabilisce che “il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei propri interessi”, mentre “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.

Sotto il profilo IRPEF, l’art. 58, secondo comma, del d.P.R. n. 600/73, ripredendo la medesima disciplina civilistica, statuisce che “le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte». Ai fini amministrativi, occorre, quindi, che ogni contribuente risulti domiciliato in un comune dello Stato (D.P.R. n. 600/1973, articolo 58, comma 1).
Come si vede, ai fini IRPEF il requisito per essere considerato soggetto d’imposta è legato non solo alla residenza, e cioè alla dimora abituale nel territorio dello Stato, ma alla nozione più ampia di domicilio. In generale, è soggetto a Irpef il contribuente che per la maggior parte dell’anno ha la sede principale dei propri interessi in Italia.

In relazione al tema degli interessi, la giurisprudenza di legittimità non sempre ha assunto un orientamento univoco. Il tema è stato affrontato principalmente in relazione ai cittadini residenti all’estero ed al fine di stabilire quando un soggetto possa considerarsi residente all’interno del territorio dello Stato, piuttosto che all’estero.
Al riguardo, la giurispudenza più recente ritiene che, ai fini della individuazione del domicilio, debba farsi riferimento al luogo in cui la persona esercita la propria attività imprenditoriale e professionale e non deve necessariamente essere privilegiato il luogo dove si trovano le relazioni personali e affettive della persona medesima. In particolare la Corte di Cassazione (sentenza n. 32992 del 20.12.2018) ha individuato la residenza fiscale di un imprenditore residente sia in Italia sia nel Paese estero Romania, dove tale soggetto aveva la propria attività con il figlio.
La Corte di Cassazione, ricordando la propria sentenza n. 6501 del 2015, ha riaffermato che “il centro degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (Cass. 18.11.2011 n. 24246; Cass. 15.6.2010 n. 14434). Le relazioni affettive e familiari – la cui centrale importanza è invocata dalla ricorrente Agenzia ai fine della residenza fiscale – non danno una rilevanza prioritaria ai fini probatori della residenza fiscale, venendo in rilievo solo unitamente ad altri probanti criteri – idoneamente presi in considerazione nel caso in esame che univocamente attestino il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento (Cass. n. 24246/2011 cit.; Cass. n. 13803 7.11.2001; Cass. n. 32992 20.12.2018)”.

Secondo un precedente orientamento, la Corte di Cassazione aveva sostenuto una tesi differente, stabilendo che nel caso in cui una persona fisica avesse avuto la residenza fiscale in due Stati membri dell’UE, in quanto in entrambi fosse riscontrabile il centro dei suoi interessi vitali (inteso come luogo con cui si ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali), il problema della doppia residenza fiscale dovesse essere risolto attribuendola allo Stato in cui sono rinvenibili i legami personali (Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza n. 9856 del 14.4.2008).

Sul piano dell’IMU, invece, la questione da sempre controversa è quella dei coniugi con residenze separate, all’interno dello stesso comune o in comuni distinti.
La disciplina IMU, infatti, prevede un regime agevolativo del tipo esantitivo, per l’“abitazione principale”, laddove per tale si intende l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare non solo dimorano abitualmente, ma al tempo stesso risiedono anagraficamente, così come risultante presso i registri dell’anagrafe comunale (a meno che il fabbricato non sia classificato in una delle cosiddette categorie catastali “signorili”, ovvero quelle di maggior pregio: A/1, A/8 e A/9).
Se i coniugi avessero stabilito dimora e residenza in due immobili diversi situati nello stesso territorio comunale, l’esenzione per l’abitazione principale sarebbe spettata per un solo immobile. Si è posto, però, il probelma dei coniugi con dimore e residenze distinte in Comuni altrettanto distinti.

In relazione a questa ipotesi, la Circolare n. 3/2012 del MEF stabiliva che in caso di coniugi con residenza in due immobili diversi, si sarebbe potuta applicare la doppia esenzione qualora le case non fossero situate nello stesso Comune.
Di diverso avviso, era invece la Corte di Cassazione che con diverse sentenze e, da ultimo, con l’ordinanza n. 2194/2021, ha confermato che laddove due coniugi non risiedano anagraficamente nella stessa abitazione, l’immobile non è abitazione principale ai fini dell’imposta municipale propria e pertanto entrambi pagano l’imposta. Secondo la Suprema Corte, l’esenzione prevista per la casa principale dal Dl 201/2011, articolo 13, comma 2, richiede:
  • non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente nell’immobile,
  • ma altresì che vi risiedano anagraficamente.
cosa che, indubbiamente, non può verificarsi nel caso di coniugi che risiedano in due Comuni diversi.

Il comma 2 dell'articolo 13 del Dl 201/2011, oggi comma 741 della legge 160/2019, ha posto una sola eccezione con riferimento al “caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale”. In questo caso, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile”.
Se, invece, i due coniugi risiedono anagraficamente in comuni differenti, il nucleo familiare non può beneficiare dell’esenzione dell’Imu per nessuna delle abitazioni possedute dai coniugi a meno che la diversa residenza non sia conseguenza della separazione legale dei due coniugi.
Su questo tema è, da ultimo, intevenuto il legislatore con la legge n. 215/2021 di conversione del D.L. n. 146/2021, collegato alla legge di bilancio 2022.

La legge di conversione, infatti, ha stabilito la modifica della lett. b) del comma 741 della legge n. 160/2019, introducendo, dopo le parole “situati nel territorio comunale” l’aggiunta “o in comuni diversi” e in fine, le seguenti parole: “, scelto dai componenti del nucleo familiare”. Conseguentemente, il nuovo testo della citata lett. b) diventa adesso:
Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare”.
Si stabilisce, quindi, che se due coniugi possiedono due immobili di residenza, nello stesso comune o in comuni diversi, l’esenzione dall’imposta come abitazione principale è applicabile ad uno solo dei due immobili a scelta dell’intero nucleo familiare.
Conseguentemente, sin tanto che permane lo stato di separazione legale, si potrà fruire dell’esenzione IMU in relazione ad entrambi gli immobili non facendo parte del medesimo nucleo familiare; nell’ipotesi di riconciliazione e di nuova unione familiare, il nucleo familiare dovrà necessariamente individuare uno dei due immobili da destinare ad abitazione familiare e principale dell’intero nucleo e in quell’immobile dovrà spostare la residenza anagrafica.

Silvano B. chiede
venerdì 03/04/2020 - Lombardia
“Buongiorno, siamo coniugi non in regime di comunione dei beni, con una sola residenza fiscale nella casa di proprietà intestata a mia moglie, solitamente passiamo sette mesi (come dimora continuativa)nella suddetta abitazione e i restanti 5 (sempre continuativi) più alcuni weekend nella baita, in un'altro comune, di mia esclusiva proprietà.
Leggendo altri quesiti e risposte trovo complicata la situazione riguardo a un mia possibile richiesta di spostamento di residenza fiscale, ma in sostanza entrambi per lunghi periodi dell’anno non siamo residenti all’indirizzo “ufficiale”.
Vorrei una Vs opinione In merito a un mio cambio di residenza fiscale.
Grazie.”
Consulenza legale i 08/04/2020
In base all’art. 2 del TUIR, la residenza fiscale delle persone fisiche è individuata sulla base di tre diversi elementi, che non devono sussistere congiuntamente ma che sono alternativi l’uno all’altro:
  1. l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente;
  2. la residenza ai sensi del codice civile;
  3. il domicilio ai sensi del codice civile.
L’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente è disciplinata dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, integrata dal regolamento di attuazione costituito dal D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
Il requisito per l’iscrizione alle liste anagrafiche di un comune è quello di avere la dimora abituale (per le persone senza fissa dimora si fa riferimento al domicilio) nel territorio del comune medesimo.
La nozione di residenza e di domicilio sono, invece, mutuate dal codice civile. In particolare, l’art. 43 del c.c. stabilisce che “il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei propri interessi”, mentre “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
E’ dunque evidente che la residenza fiscale all’interno del territorio nazionale segue di pari passo la residenza o il domicilio eletti in base alle disposizioni civilistiche ed alle leggi speciali sopra indicate.

Ai fini poi della individuazione del comune di residenza fiscale, occorre fare riferimento alle disposizioni di cui al secondo comma dell' art. 58 delle disp. accert. imp. redditi, il quale stabilisce che “le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte”.
Ai fini amministrativi, occorre infatti che ogni contribuente risulti domiciliato in un comune dello Stato (D.P.R. n. 600/1973, articolo 58, comma 1).
Ferma la residenza fiscale all’interno del territorio nazionale, per potere variare il proprio comune di domicilio fiscale occorre, quindi, variare la propria iscrizione anagrafica.
In realtà, fintanto che si mantiene la residenza fiscale all’interno del territorio nazionale, la variazione del proprio domicilio fiscale rileva ai soli fini della individuazione dell’ufficio finanziario competente, ma non comporta ulteriori conseguenze sotto il profilo impositivo, ferme le variazioni che sono riconducibili alle differenze di aliquote a livello di tributi comunali e addizionali comunali, sussistenti tra un comune e l’altro.
Sotto il profilo civilistico, affinché la variazione di residenza abbia efficacia di fronte ai terzi, è necessario che venga denunciata nei modi prescritti (art. 44 del c.c.).

Dal punto di vista fiscale, invece, esistono non solo obblighi di segnalazione delle variazioni nei dati del contribuente (si pensi alla dichiarazione obbligatoria da effettuare all’ufficio Iva ex articolo 35 del D.P.R. n. 633/1972 da parte dei soggetti titolari di partita Iva) ma anche norme che disciplinano gli effetti delle variazioni.
In particolare, il comma 5 dell’articolo 58 del D.P.R. n. 600/1973 stabilisce che “le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate”.
E’ comunque ammessa la possibilità di un domicilio fiscale diverso dal comune di iscrizione anagrafica.
A tale eventualità fa riferimento l’art. 59 delle disp. accert. imp. redditi, laddove è stabilito che, a tal fine, occorre una specifica e motivata istanza da parte del contribuente che voglia stabilire il proprio domicilio fiscale in un comune diverso da quello di iscrizione anagrafica.
Competente all’esame e accettazione dell’istanza è, in base al comma 3 del citato art. 59, l'intendentenza di finanza o il Ministro per le finanze a seconda che il provvedimento importi lo spostamento del domicilio fiscale nell'ambito della stessa provincia o in altra provincia.
In realtà, ormai, le intendenze di finanza non esistono più, per cui il riferimento deve intendersi alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente.

In definitiva, quindi, ferma la residenza fiscale all’interno del territorio nazionale, volendo spostare il domicilio fiscale da un comune ad un altro occorre chiedere di essere iscritto nelle anagrafi della popolazione residente del nuovo comune (a tal fine valgono le prescrizioni di cui all’art. 44 c.c.) ovvero, volendo mantenere l’iscrizione anagrafica in altro comune rispetto a quello in cui si vuole trasferire il proprio domicilio fiscale, presentare motivata istanza alla competente Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, se lo spostamento è all’interno della medesima provincia, ovvero al Ministero delle Finanze se lo spostamento è in una provincia diversa.
Il provvedimento con cui si accoglie l’istanza è in ogni caso definitivo e deve essere motivato e notificato all'interessato ed ha effetto dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stato notificato.