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Articolo 493 ter Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti

Dispositivo dell'art. 493 ter Codice Penale

(1)Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo, ovvero possiede, cede o acquisisce tali strumenti o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi(2).

In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta(3).

Note

(1) La rubrica è stata modificata dall'art. 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 184.
(2) Tale comma è stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 184.
(3) Il presente articolo è stato inserito dall'art. 4 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21 concernente "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103", con decorrenza dal 06/04/2018.

Spiegazione dell'art. 493 ter Codice Penale

La norma in commento è posta a tutela del patrimonio, oltre che alla corretta circolazione del credito.

Tramite discutibile scelta legislativa viene punita alla stessa guisa chi si avvalga di carte di credito di cui non è titolare, al fine di trarne profitto (e dunque senza averla rubata, ma anche semplicemente avendola trovata) e chi tale carte falsifichi, sempre al fine di trarne profitto. In tale ultimo caso è punita anche la cessione delle carte falsificate ed ogni altra condotta atta a metterle comunque in circolazione.

Il reato si consuma nel momento in cui vengono utilizzate le carte e, rispettivamente, ci le falsifica o le cede a terzi. Non è quindi richiesta l'effettivo conseguimento di un profitto, purché venga accertato il dolo specifico. Nonostante tale anticipazione di tutela penale, il tentativo appare comunque configurabile.

Massime relative all'art. 493 ter Codice Penale

Cass. pen. n. 34768/2022

La condotta di chi utilizzi indebitamente una carta di credito consegnatagli dal titolare, effettuando, oltre all'operazione delegata, dei prelievi di denaro in suo favore, integra il delitto di cui all'art. 493-ter cod. pen. e non quello di appropriazione indebita, non avendo il soggetto agente mai conseguito il possesso della carta, ma solo la sua detenzione, limitata nel tempo e nelle finalità.

Cass. pen. n. 39276/2021

Il delitto di indebita utilizzazione di carta di credito assorbe quello di cui all'art. 494 cod. pen. nel caso in cui la sostituzione sia attuata con la stessa condotta materiale integrante il primo reato, poiché l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 493-ter cod. pen. lede, oltre al patrimonio, anche la pubblica fede, mentre l'art. 494 cod. pen. contiene una clausola di riserva destinata ad operare anche al di là del principio di specialità.

Cass. pen. n. 18609/2021

In tema di indebita utilizzazione di carta di credito, deve essere esclusa l'operatività della scriminante del consenso dell'avente diritto, ai sensi dell'art. 50 cod. pen., atteso che il bene giuridico tutelato dalla fattispecie disciplinata dall'art. 493-bis cod. pen. non è solo il patrimonio del titolare della carta, ma anche la sicurezza delle transazioni commerciali, che costituisce interesse collettivo indisponibile dal privato.

Cass. pen. n. 27885/2020

Integra il concorso nel delitto di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all'art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ora 493-ter cod. pen., e non quello di riciclaggio, la condotta dell'agente che, avendo ricevuto i supporti magnetici contraffatti e clonati da terzi soggetti, si limiti ad utilizzarli al solo fine di prelevare e beneficiare degli importi di denaro, senza porre in essere ulteriori e distinte operazioni quali la sostituzione, il trasferimento o il reimpiego del profitto illecito.

Cass. pen. n. 13492/2020

In tema di indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento, l'abrogazione dell'art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ad opera del d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, con la contestuale introduzione dell'art. 493-ter cod. pen., integra un'ipotesi di continuità normativa che non comporta alcuna "abolitio criminis".

Cass. pen. n. 47135/2019

Non è applicabile l'esimente di cui all'art. 649 cod. pen. (fatti commessi in danno di congiunti) al delitto di indebito utilizzo di una carta di credito previsto dall' art. 55, comma 9, d.lgs n. 231 del 2007, (oggi confluito nell' art. 493-ter cod. pen.), nell'ipotesi in cui la condotta delittuosa sia stata posta in essere da un familiare (nel caso di specie il figlio) del titolare della carta, attesa la natura plurioffensiva del reato "de quo", la cui dimensione lesiva trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili all'ambito dell'ordine pubblico, economico e della fede pubblica, mentre la previsione di cui all'art. 649 cod. pen. concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio ed ha una natura eccezionale che ne preclude l'applicazione in via analogica.

Cass. pen. n. 46652/2019

Risponde dei reati di ricettazione e di indebito utilizzo di carte di credito di cui all'art. 493-ter, primo comma, prima parte, cod. pen. il soggetto che, non essendo concorso nella realizzazione della falsificazione, riceve da altri carte di credito o di pagamento contraffatte e faccia uso di tale mezzo di pagamento.

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G. M. G. S. chiede
venerdì 09/12/2022 - Lazio
“Salve,
in data 8/12/2022, da una verifica sul mio conto corrente, mi sono accorto che non mi è stata addebitata la rata di circa 115 euro del 5/12/2022 di una carta a saldo.
Ho controllato sul mio portale della finanziaria e vedo che invece risulta saldata.
Ho cercato i vari dati e mi sono accorto che vi era segnato un IBAN errato.
Ho provveduto intanto subito ad inserire quello corretto e a comunicare via PEC la cosa alla finanziaria.
Il servizio clienti mi ha detto di richiamare lunedì e così farò.
Nel frattempo, ho trovato (tra le email finite nello spam) la seguente comunicazione del 17 novembre da parte della finanziaria:

"Codice cliente: xxx

Contratto CreditLine n. xxxx

Gentile xxxxx
come richiesto, a decorrere dal giorno 01/12/2022 si perfezionerà la variazione di addebito automatico sul Conto Corrente IBAN ITXXX
Il nuovo numero di riferimento del Mandato è: MNDXXX
Cordiali saluti"

Non ricordo di aver mai cambiato l'IBAN ma di sicuro c'è stato qualche errore.
Mi dispiace non aver controllato la cartella spam.
Io non escludo di aver fatto richiesta di cambio (davvero non ricordo, forse ho fatto io un taglia ed incolla dell'IBAN di fretta) ma, anche se fosse stato, quell'IBAN mi è sconosciuto. Non immagino dove lo avrei preso. Non voglio insinuare che sia colpa della finanziaria ma davvero non so come sia successo.
Ora, da una ricerca via internet, ho trovato la banca a cui fa riferimento l’IBAN. Ho contattato la banca per spiegare la cosa e chiedere di essere messo in contatto con il titolare per spiegare tutto.
La banca mi ha chiesto di inviare una email ordinaria (non PEC) con dentro i dati che così intanto verificano se il RID è andato a buon fine o meno.
Fermo restando che sono immediatamente pronto a rimborsare con bonifico immediato (non appena mi diranno se è andato a buon fine l’addebito all’IBAN non mio), vorrei sapere cosa rischio a livello penale ecc.
Grazie”
Consulenza legale i 15/12/2022
Il codice IBAN (International Bank Account Number) è una coordinata bancaria che ha lo scopo di identificare in maniera inequivocabile un conto corrente e il relativo intestatario.

Nel caso si sbagli a digitare il codice iban vi sono due possibilità:
  • Se viene inserito un IBAN non corretto, essendo una combinazione di caratteri inesistenti, basterà aspettare i tempi tecnici di trasferimento e in automatico, il denaro tornerà sul conto corrente o nel caso in esame, non sarebbe stato possibile l’accredito della rata.
  • Se invece viene inserito un IBAN corretto, questo apparterrà sicuramente ad un’altra persona e pertanto bisognerà ricorrere alla procedura di annullamento dell’operazione entro i termini previsti dalla propria banca.
L’inserimento e dunque l’utilizzo di un iban appartenente ad un’altra persona può dar luogo a diverse ipotesi delittuose.
  • In primis può configurarsi la frode creditizia, un’attività criminale finalizzata a ottenere credito senza rimborsarlo o acquisire beni senza pagarli, ma utilizzando illecitamente dati identificativi altrui o falsi, e talvolta anche documenti rubati o creando false identità. Nel caso in esame, l’inserimento dell’IBAN di un’altra persona consente di addebitare il pagamento delle rate della carta al proprietario dell’IBAN e non invece al titolare della carta, consentendo allo stesso di acquistare beni senza pagarli o ottenere credito senza rimborsarlo.
L’art. 493 ter del c.p. rubricato Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, prevede che: “Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con l reclusione da uno cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 Euro”.

Viene punito sia chi si avvalga di carte di credito di cui non è il titolare al fine di trarne profitto (dunque anche senza averla rubata, ma anche semplicemente avendola trovata), sia chi falsifichi tali carte, sempre al fine di trarne profitto. Trattandosi di una sostituzione di persona rispetto al titolare dello strumento di pagamento, qualora l’IBAN “errato” sia collegato ad una certa carta di credito o di pagamento, potrebbe astrattamente configurarsi tale reato.
  • Altra fattispecie penale che viene in rilievo è la truffa, disciplinata dall’art. art. 640 del c.p.: "Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032".

La comunicazione del nuovo IBAN, inducendo la Banca in errore, comporterebbe per la persona titolare della carta il procurarsi di un profitto (inteso come esonero dal pagamento della rata della carta con conseguente arricchimento in virtù delle somme e/o dell’eventuale fido messi a disposizione) a danno del titolare dell’IBAN.
  • Infine D.Lgs 13.08.2010 n° 141 (in materia finanziaria e creditizia) ha contemplato, all'art. 30 bis, la nozione di furto d’identità. Tale fattispecie comporta l'occultamento totale della propria identità mediante l’utilizzo indebito di dati relativi all’identità e al reddito di un altro soggetto, anche deceduto (c.d. impersonificazione totale) oppure all'occultamento soltanto parziale della propria identità mediante il combinato impiego di dati relativi alla propria persona e l’utilizzo indebito di dati relativi ad un altro soggetto (c.d. impersonificazione parziale). Essendo l’IBAN, come detto, una coordinata bancaria che ha lo scopo di identificare in maniera inequivocabile un conto corrente e il relativo intestatario la condotta di indicarne uno appartenente ad altri potrebbe integrare il furto di identità anzidetto.
Tuttavia, il fatto di aver prontamente provveduto a comunicare l’accaduto via pec alla finanziaria e a modificare l’iban, consente di escludere il configurarsi dei summenzionati reati ed inoltre, per il reato di cui all’art. 493 ter, sembrerebbe difettare il requisito del cd “dolo specifico”. Quest’ultima espressione significa che chi compie il reato deve avere oltre coscienza e volontà della falsificazione anche la consapevolezza di arrecare ad altri un danno. Stessa cosa dicasi per il dolo della truffa ovvero volontà e consapevolezza di ottenere un profitto ingiusto e causare un danno alla persona offesa attraverso raggiri.
Dalla descrizione dell’accaduto non pare ravvisarsi ipotesi di reato.

Va precisato che la conoscenza del codice iban altrui generalmente non implica rischi di natura alcuna, non essendo possibile effettuare prelievi non autorizzati dei fondi presenti sul conto corrente; tuttavia lo stesso è protetto dalle norme sulla privacy. Difatti, si tratta di un dato personale alla stregua del nome, del cognome, del numero di telefono, e via dicendo e come tale, pertanto, non può essere divulgato senza il consenso del suo titolare.
A tale conclusione è giunta, di recente, la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza del 19 febbraio 2021, n. 4475.

Si sarà esposti ad una richiesta di restituzione da parte del titolare dell’IBAN, OVVERO la persona che si è vista prelevare la rata.
Una comunicazione di variazione dell’IBAN, anche da parte di terzi, dovrebbe esserci stata in quanto se l’IBAN non è quello del cliente, la banca o la finanziaria dovrebbe riconoscere l’incongruenza e mandare in storno tutte le richieste di accredito e quindi anche il pagamento di tutte le rate.

Ad ogni modo il disconoscimento delle operazioni non riconosciute sul conto o sulla carta va fatto quanto prima. Pertanto è stato corretto il comportamento di segnalare l’accaduto e di contattare la finanziaria e l’Istituto bancario dove è stato eseguito l’addebito segnalando l’anomalia riscontrata (anche se possibilmente le comunicazioni andrebbero fatte a mezzo PEC).
Si suggerisce poi, per tutelarsi, di presentare esposto, segnalando l’accaduto e la propria estraneità ai fatti alle autorità competenti.