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Articolo 264 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Infedeltą in affari di Stato

Dispositivo dell'art. 264 Codice Penale

Chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all'estero affari di Stato(1) [268], si rende infedele al mandato(2) è punito, se dal fatto possa derivare nocumento all'interesse nazionale(3), con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Note

(1) Sebbene sia presente l'espressione "chiunque", la dottrina prevalente appare concorde nel ritenere che si tratti di un reato proprio, dal momento che l'agente è un soggetto incaricato dallo Stato per la conclusione di particolari affari di Stato.
(2) La condotta del reato, attiva o omissiva, si realizza nel caso in cui non vengano rispettate le istruzioni contenute nel mandato, per la definizione del quale si ritiene necessario il rimando a norme di diritto pubblico, integranti in via extrapenale la materia.
(3) La dottrina prevalente ritiene che il nocumento all'interesse nazionale sia da considerarsi quale elemento essenziale del reato, relativo all'evento. Tuttavia altri propendono per ritenerlo una condizione oggettiva di punibilità di carattere intrinseco, in quanto relativa ad un'offesa allo stesso bene giuridico protetto dalla norma.

Ratio Legis

La norma tutela il particolare dovere di fedeltà in capo ai soggetti che sono incaricati di trattare all'estero affari di Stato.

Spiegazione dell'art. 264 Codice Penale

La norma in esame disciplina un reato proprio, in quanto tale commissibile solamente da colui che sia stato incaricato dal Governo al fine di trattare all'estero affari di Stato.

Se l'agente diplomatico non rispetta il contenuto del mandato e, inoltre, da tali fatti possa derivare un nocumento all'interesse nazionale, egli può essere punito con la reclusione non inferiore ai cinque anni.

La norma punisce sia l'agente diplomatico che ecceda i limiti del mandato, sia il caso opposto in cui non compia le attività costituenti il contenuto del mandato stesso.

Nonostante la natura di reato di pericolo (e quindi non è richiesto un vero e proprio nocumento agli interessi nazionali ma solo l'idoneità della condotta ad arrecarlo), il giudice deve comunque accertare la concreta idoneità della condotta a ledere gli interessi nazionali.

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