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Articolo 215 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Ricognizione di cose

Dispositivo dell'art. 215 Codice di procedura penale

1. Quando occorre procedere alla ricognizione del corpo del reato [253 2] o di altre cose pertinenti al reato [253 1], il giudice procede osservando le disposizioni dell'articolo 213, in quanto applicabili.

2. Procurati, ove possibile, almeno due oggetti simili a quello da riconoscere, il giudice chiede alla persona chiamata alla ricognizione se riconosca taluno tra essi e, in caso affermativo, la invita a dichiarare quale abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certa(1).

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214 comma 3.

Note

(1) Se la cosa viene riconosciuta sotto il controllo del P.M., durante la fase delle indagini preliminari, l'atto assume la forma dell'individuazione di cosa (art. 361).

Ratio Legis

La disciplina delle ricognizioni pare orientata all'accuratezza e analiticità, soprattutto in relazione agli adempimenti preliminari, scelta legislativa che sottolinea una certa diffidenza del legislatore verso l'attendibilità dei risultati di tale delicato mezzo di prova.

Spiegazione dell'art. 215 Codice di procedura penale

La ricognizione, che può riguardare sia le persone che le cose, richiede tutta una serie di adempimenti preliminari, atti a conferire una particolare affidabilità a quanto emerge dalla ricognizione. Questo soprattutto al fine di colmare l’inevitabile relatività che circonda un mezzo di prova di tal tipo, basato su ricordi (più o meno vaghi), percezioni ecc.

Per quanto riguarda le cose, la norma in esame prevede che si possa procedere alla ricognizione quando occorra riconoscere il corpo del reato o altre cose pertinenti al reato. In tali casi, il giudice procede ex art. 213 per quanto riguarda gli adempimenti e poi, una volta allontanata la persona che deve effettuare la ricognizione, il giudice deve disporre almeno due cose molto somiglianti al corpo del reato o alle altre cose pertinenti al reato, per poi richiamare la persona che deve effettuare la ricognizione.

A pena di nullità, il verbale deve far menzione di come si svolga la ricognizione, in tutti i suoi adempimenti formali e sostanziali. Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale, qualora non siano state rispettate le formalità prescritte dalla legge, la ricognizione può essere utilizzata ugualmente per la formazione del convincimento del giudice, a patto che siano considerati e verificati il contenuto e le modalità dell'atto, unitamente ad altri elementi di riscontro, a fronte dell'assenza nell'ordinamento di un principio di tassatività dei mezzi di prova.

Massime relative all'art. 215 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 21034/2005

Il riconoscimento di un oggetto di percezione sensoriale, quale uno scritto privo di firma, effettuato nel corso della deposizione di persona esaminata nelle forme di cui all'art. 210 c.p.p., che ha esibito l'atto, trova il suo paradigma nella testimonianza assistita del soggetto, il quale, nel riferire quanto a sua conoscenza in ordine ai fatti contestati agli imputati, si attribuisce la paternità di un documento mancante della sottoscrizione. Esso, pertanto, deve essere tenuto distinto dalla ricognizione disciplinata dall'art. 216 c.p.p.ed è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all'art. 189 c.p.p.

Cass. pen. n. 5926/1998

Per il riconoscimento della refurtiva da parte del derubato non devono essere necessariamente osservate le formalità stabilite per la ricognizione di cose; in questo caso, infatti, il derubato, avendo avuto il possesso delle cose rubate, è in grado di identificarle direttamente, come chiunque altro ne avesse avuto per ragioni analoghe personale conoscenza, e, quindi, la relativa operazione, costituendo un mero accertamento di fatto e non un atto processuale formale, può essere liberamente utilizzato dal giudice nella formazione del suo convincimento.

Cass. pen. n. 8007/1996

Il riconoscimento della refurtiva da parte del derubato non costituisce ricognizione e, come tale, non è soggetto a particolari formalità. Esso è un mero accertamento di fatto, e non un atto processuale formale, e può essere liberamente utilizzato dal giudice nella formazione del suo convincimento.

Cass. pen. n. 9256/1991

In tema di utilizzabilità nel giudizio abbreviato degli atti di polizia giudiziaria, l'identificazione di cose sequestrate oggetto del reato da parte della persona offesa, eseguita su iniziativa della polizia giudiziaria anche al fine della restituzione delle cose stesse al titolare, costituisce valida fonte di prova, anche in mancanza di un formale atto di ricognizione. (Fattispecie in tema di riconoscimento di quadri rubati in una chiesa, da parte del parroco).

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