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Articolo 559 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Dibattimento

Dispositivo dell'art. 559 Codice di procedura penale

1. Il dibattimento si svolge secondo le norme stabilite per il procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale, in quanto applicabili.

2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 140, il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono e il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale.

3. L'esame diretto e il controesame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle persone indicate nell'articolo 210 e delle parti private sono svolti dal pubblico ministero e dai difensori. Su concorde richiesta delle parti(1), l'esame può essere condotto direttamente dal giudice sulla base delle domande e contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori(2).

4. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.

Note

(1) Il giudice non è obbligato a svolgere l'esame anche se le parti lo richiedono, per cui, laddove la lettura di tali atti non gli assicuri una sufficiente comprensione della fattispecie processuale, dovrà restituire alle parti il compito di condurre l'esame.
(2) La previsione di due differenti modelli di conduzione dell'esame riflette l'estrema varietà dei procedimenti monocratici.

Ratio Legis

Tale collocazione autonoma della disciplina del dibattimento per il rito ordinario si riflette in un approccio unico per quanto riguarda i vari procedimenti, come riflesso dalla presenza o meno dell'udienza preliminare.

Spiegazione dell'art. 559 Codice di procedura penale

Per quanto riguarda la regolamentazione del dibattimento davanti al tribunale in composizione monocratica, si precisa sin d'ora che non vi sono differenze tra i vari procedimenti, in conseguenza della presenza o meno dell'udienza preliminare.

La norma in commento, la quale rinvia alle norme per il procedimento collegiale, in quanto applicabili, enuncia una serie di deroghe.

Innanzitutto, per quanto concerne la verbalizzazione, il comma 2 prevede che se le parti vi acconsentono e se il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale, il verbale è redatto in forma riassuntiva, anche fuori dei casi di cui all'art. 140.

La possibilità (allargata) di procede ad una verbalizzazione riassuntiva appare strettamente collegata alle ulteriori deroghe di cui al comma 3, dato che, su accordo delle parti, l'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private può essere condotto dal giudice sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori. Il giudice non è comunque obbligato a procedere in tal senso.

In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione della causa che ha determinato l'impedimento e, dunque, la sostituzione.

Massime relative all'art. 559 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 48431/2008

La mancata redazione della motivazione della sentenza, a causa di un qualsiasi impedimento del giudice che abbia adottato la relativa decisione e pubblicato il dispositivo, è equiparabile alla omessa motivazione e non determina pertanto l'inesistenza della pronuncia, ma la sua nullità, rilevabile in quanto tale solo nell'eventuale giudizio di impugnazione.

Cass. pen. n. 13073/2005

In tema di requisiti della sentenza, il dispositivo totalmente privo della motivazione (essendosi, nella specie, il Giudice unico del Tribunale rifiutato di redigerla), è provvedimento abnorme che crea una irresolubile situazione di stallo processuale, e che pertanto deve ritenersi suscettibile di autonoma impugnabilità con il ricorso per Cassazione. (In applicazione del principio la Corte ha accolto il ricorso del P.M. affermando la sussistenza dell'interesse sotto il profilo della garanzia dell'esercizio dell'azione penale).

Cass. pen. n. 49388/2003

In tema di formazione della sentenza penale, è valido il provvedimento sottoscritto dal presidente del tribunale nel caso in cui il giudice monocratico che l'abbia deliberato sia deceduto prima del relativo deposito, poiché anche la morte è riconducibile alla situazione di impedimento che — a norma dell'art. 559, quarto comma, c.p.p. — legittima ai fini indicati la sostituzione del giudice responsabile della decisione. (Fattispecie nella quale era stata eccepita la nullità della sentenza in quanto, a differenza della norma corrispondente per il giudice collegiale — art. 546, secondo comma, c.p.p. — il citato art. 559 menziona l'impedimento ma non la morte del giudice. In motivazione la Corte ha osservato come proprio il tenore del secondo comma dell'art. 546 c.p.p., ove si disciplina il caso della «morte o altro impedimento» del giudice, documenti che la legge considera equivalenti le due situazioni quando si debba perfezionare il deposito di una sentenza già deliberata e pubblicata in udienza).

Cass. pen. n. 39088/2003

Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, l'art. 559 quarto comma c.p.p. consente che non solo la sottoscrizione, ma la stessa attività di stesura dell'elaborato motivazionale della sentenza possa essere affidata, in caso di impedimento, ad un giudice diverso da quello che ha partecipato al dibattimento, che può essere lo stesso presidente del tribunale oppure un magistrato dal medesimo delegato (nella fattispecie, la sostituzione si era resa necessaria a seguito del provvedimento del Consiglio Superiore della Magistratura che aveva revocato dall'incarico il giudice onorario che aveva emesso la sentenza).

Cass. pen. n. 3136/1997

Il momento attributivo della competenza in relazione agli atti urgenti tra il Gip della pretura e il pretore deve essere stabilito con riferimento alla trasmissione materiale del fascicolo e del decreto nella cancelleria del pretore.

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