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Articolo 115 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici

Dispositivo dell'art. 115 Codice dell'ambiente

1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

Massime relative all'art. 115 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 24239/2007

La qualificazione di tutte le acque come appartenenti al demanio pubblico, salvo limitatissime eccezioni, ribadita dall'art. 1 del D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, è stata da ultimo confermata dall'art. 144 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Ne consegue che l'art. 96 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523 resta applicabile anche alle aste fontanili (canali di bonifica e irrigazione), in quanto non abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, che anzi lo richiama espressamente all'art. 115, sostanzialmente riproducente l'art. 41 dell'abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999 e che prevede comunque il divieto di copertura di qualunque corso d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità. Il divieto assoluto relativo a lavori e atti su acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese, penalmente sanzionato dall'art. 96 R.D. 25 luglio 1904, n. 523, opera esclusivamente per le acque pubbliche non potabili (nella specie, aste fontanili intese quali canali di bonifica e di irrigazione), non estendendosi alle stesse la depenalizzazione riguardante invece le acque potabili conseguente all'abrogazione espressa della L. n. 36 del 1994 (cosiddetta legge Galli) da parte del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che la mancata estensione della depenalizzazione alle acque non potabili si giustifica per il loro particolare rilievo economico). (Rigetta, Trib. Milano, 30 Giugno 2006). L'abrogazione ad opera dell'art. 175, lettera u), D.Lgs. n. 152/2006, della L. n. 36/1994, per la quale anche alle aste fontanili (canali di bonifica e irrigazione) doveva applicarsi la sanzione ex art. 96, R.D. n. 523/1904, e 41, D.Lgs. n. 152/1999, non comporta il venir meno della tutela penale suddetta, giacché, al contrario, l'art. 115 del D.Lgs. n. 152/2006 ribadisce il divieto di copertura di qualunque corso d'acqua che non sia imposta da ragioni di pubblica incolumità.

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Consulenze legali
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Marcello L. chiede
mercoledì 07/12/2016 - Sardegna
“L'articolo 115 riporta che "le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi". Considerando che il RD 523/1904 cita, senza definirle, le "acque ordinarie", come si procede per determinare l'esatta posizione della sponda al fine di determinare la fascia dei 10 metri?”
Consulenza legale i 14/12/2016
Il Suo quesito trova interamente risposta nel Regio Decreto n. 523 del 25/7/1904: l’art. 93 recita testualmente che “Nessuno può fare opere nell'alveo dei fiumi, torrenti, rivi, scolatoi pubblici e canali di proprietà demaniale, cioè nello spazio compreso fra le sponde fisse dei medesimi, senza il permesso dell'autorità amministrativa. Formano parte degli alvei i rami o canali, o diversivi dei fiumi, torrenti, rivi e scolatoi pubblici, ancorché in alcuni tempi dell'anno rimangono asciutti”, laddove l’art. 94 prevede che “Nel caso di alvei a sponde variabili od incerte, la linea, o le linee, fino alle quali dovrà intendersi estesa la proibizione di che nell'articolo precedente, saranno determinate anche in caso di contestazione dal prefetto, sentiti gli interessati”.

Sebbene il Regio Decreto descriva che cosa sono gli alvei dei fiumi, si può sostenere che le sponde del fiume da cui iniziano i 10 metri previsti dall’art. 115 codice dell’ambiente altro non siano che gli argini naturali del fiume stesso.