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Articolo 1047 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Contenuto della servitù

Dispositivo dell'art. 1047 Codice Civile

Chi ha diritto di deviare acque da fiumi, torrenti, rivi, canali, laghi o serbatoi può, qualora sia necessario, appoggiare o infiggere una chiusa alle sponde, con l'obbligo però di pagare l'indennità e di fare e mantenere le opere atte ad assicurare i fondi da ogni danno(1).

Note

(1) La disposizione riguarda il caso in cui il soggetto che abbia diritto di derivare le acque per usarle sul proprio suolo, non sia proprietario delle sponde o di quelle affacciate sulle acque medesime.
In tale ipotesi il titolare del fondo dominante (in cui le acque derivate devono essere portate), deve accordarsi con il titolare dei terreni ove siano situate le predette sponde, oppure ottenere dal giudice una sentenza costitutiva (art. 1032 del c.c.), ovvero infine, se sono acque pubbliche, avere il necessario provvedimento da parte della pubblica amministrazione.

Spiegazione dell'art. 1047 Codice Civile

Presupposto della servitù

Questa servitù legale di appoggiare o infiggere chiuse si ritiene, a ragione, un complemento della servitù legale di acquedotto: identiche infatti sono le ragioni che le giustificano, e la seconda senza la prima sarebbe spesso vana.

È da chiarire, però, che la servitù legale di appoggio e di infissione di chiuse non ha come suo presupposto l'esistenza della servitù legale di acquedotto. Condizione necessaria e sufficiente e che si abbia il diritto di derivare acque: è indifferente se la condotta delle acque si fonda sulla legge o su di una convenzione, o, magari, su prescrizione. Decisivo è, comunque, il diritto di derivare, non quello di condurre acque.

Ciò chiarito, vediamo perché la legge ha ammesso questo tipo di servitù. La risposta è semplice: la chiusa può essere necessaria per far deviare l'acqua verso il canale derivatore, per elevarne il livello e renderne, cosi, possibile la presa, ecc. Intanto, essendo le sponde di proprietà privata, non sarebbe possibile appoggiare la chiusa sulla riva opposta o comunque sul tratto di riva non proprio (a valle, ad es.).


Diritto di derivare acque. Necessità della chiusa

Prima condizione, dicevamo, è l'esistenza del diritto a derivare acque: esso può essere perpetuo o temporaneo; ottenuto per concessione o per convenzione; riferirsi a fiumi o torrenti, ovvero rivi, canali ecc., siano demaniali, siano privati. Altra condizione è che la chiusa sia necessaria. La necessita può intendersi come necessita relativa, in base a quanto vale per tutte le servitù legali, in generale.


Contenuto della servitù

Contenuto della servitù è la facoltà di appoggiare o infiggere la chiusa. L'onere per il fondo servente sta nel pati tale appoggio o infissione.

Per chiusa si intende qualunque ingombro appositamente fatto o posto in un corso o serbatoio d'acqua al fine di arrestare le acque nella loro via ordinaria e farle, invece, decorrere verso la bocca di un canale derivatore. La chiusa si dice pure pescaia (per lo pia di sassi), serra, steccaia, ecc. Può essere di legname, pietre ecc.

La chiusa può appoggiarsi in qualunque punto delle sponde, a seconda delle necessità. Può appoggiarsi o infiggersi alla riva opposta a quella donde l'acqua si deriva: ciò accade di regola. Non è da escludere che si faccia sulla stessa riva: poiché questa è del proprietario dell'acqua ovvero appartiene al fondo sottoposto alla servitù legale di acquedotto, è inutile chiedere una servitù di chiusa, essendo la facoltà di infiggerla contenuta nel diritto di proprietà (nemini res sua servit) o nella servitù di condotta. Ma può darsi che la chiusa si debba fare a valle, sulla sponda medesima: in tal caso non possono soccorrere nè il diritto di proprietà nè la servitù di acquedotto. È necessaria, quindi, la servitù di infissione di chiusa, perciò opportunamente la legge fa menzione delle sponde « in genere » e non solo della riva « opposta ».

È dubbio se siano esenti dalle servitù in parola le case, i cortili, i giardini e le vie ad esse attinenti, che si trovino sulle sponde dei corsi d'acqua: appare preferibile la soluzione negativa (arg. a contrario : art. 1033 del c.c. comma secondo).


Costituzione

Anche qui la servitù non nasce ope legis: dalla legge nasce solo il diritto ad ottenerla con convenzione o sentenza (art. 1032 del c.c.).

Nella convenzione, dimostrata la necessita della servitù, si fissa l'indennità, che deve essere proporzionata al valore del tratto della sponda su cui si deve appoggiare la chiusa. Inoltre si stabiliscono le opere da porre in essere — a carico di chi chiede la infissione o l'appoggio — ai fini di assicurare i fondi da ogni danno.

In caso di contrasto, tutto ciò viene determinato dal giudice con sentenza, che costituisce la servitù.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

495 Rimane inalterata nell'art. 1047 del c.c. e nell'art. 1048 del c.c. la disciplina che tale figura di servitù coattiva riceveva nel codice del 1865 (articoli 613 e 614). Ho apportato alle norme del codice precedente qualche modificazione di forma e ho soppresso il secondo comma dell'art. 614, il quale, richiamando anche le pene comminate dai regolamenti di polizia rurale, sanciva l'obbligo dell'utente di risarcire il danno derivato per sua colpa agli altri utenti superiori o inferiori dallo stagnamento, dal rigurgito e dalla diversione delle acque. La disposizione era indubbiamente superflua, trattandosi di un obbligo che discende dai principi generali concernenti la responsabilità per il danno colposamente arrecato.

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