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Articolo 1843 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Utilizzazione del credito

Dispositivo dell'art. 1843 Codice Civile

Se non è convenuto altrimenti, l'accreditato può utilizzare in più volte il credito, secondo le forme d'uso(1), e può con successivi versamenti ripristinare la sua disponibilità(2).

Salvo patto contrario, i prelevamenti ed i versamenti si eseguono presso la sede della banca dove è costituito il rapporto [1834, comma 2].

Note

(1) Cioè secondo gli usi seguiti di solito dalle banche.
(2) L'ipotesi in questione si definisce apertura di credito in conto corrente ma le parti possono anche convenire una apertura di credito c.d. semplice, con la quale l'accreditato usa la somma un'unica volta, anche mediante più prelievi, senza ripristinarla.

Ratio Legis

L'apertura in conto corrente è volta ad attribuire all'accreditato una certa libertà nell'utilizzazione della somma e nelle rimesse volte a reintegrarla.

Spiegazione dell'art. 1843 Codice Civile

Utilizzazione dell’accreditamento in conto corrente

Viene assunto a tipo normale del contratto di apertura di credito, salvo espresso patto contrario, quello dell' apertura di credito in conto corrente, quasi che questa modalità di esecuzione sia normale e tipica per esso. Rinviando qui a quanto già detto nelle spiegazioni degli articoli precedenti a proposito della distinzione tra apertura del credito e conto corrente, ci si limiterà alle osservazioni in merito alla nuova particolare disciplina, rammentando però che, ove il contratto venga regolato in conto corrente, su di esso dovranno trovare applicazione tutte le norme sulla disciplina delle operazioni bancarie in conto corrente di cui alla sezione V di questo capo, nonché quella ivi espressamente richiamata.

L’aver il legislature considerato l'apertura di credito particolarmente sotto l'angolo visuale del conto corrente, spiega la facoltà accordata all'accreditato di reintegrare la somma accreditatagli, con l'effetto di ripristinare le sue disponibilità. Ove tale facoltà non venisse direttamente collegata alla regolamentazione in conto corrente, il versamento dell'accreditato non potrebbe essere diversamente inteso che quale restituzione a minorazione della sua esposizione, o quantomeno, se sarà di nuovo versato a lui, tale versamento dovrebbe essere inteso non quale esecuzione dell’apertura di credito, ma a titolo di restituzione di somme da lui fornite all’accreditante.

Per il tipo contrattuale, considerato oggi come normale dal legislatore, diviene caratteristica distintiva la facoltà dell'accreditato di rinnovare per la durata del rapporto le operazioni di prelevamento e di versamento (negozi solutori) secondo le forme usuali o quelle particolari esplicitamente convenute, con l'effetto conseguente di ripristinare a proprio favore la disponibilità fino al limite stabilito dalla concessione originaria del credito.

L'utilizzazione del credito potrà aversi in un unico momento, o in momenti successivi e diversi. In ordine a questa facoltà e a questo diritto del creditore sarà decisiva la volontà esplicita delle parti contraenti, o, in caso contrario, gli usi bancari. Ed in proposito sembra di poter legittimamente concludere, che, ove eventualmente tanto dalla convenzione che dagli usi non si possa trarre elementi per determinare la portata della facoltà e del diritto dell'accreditato a procedere in una sola o in più volte al prelevamento, la soluzione debba essere quella del riconoscimento della minima libertà a favore dell'accreditato. A nostro avviso, tale soluzione trova la propria base nella circostanza, che, per la stessa intrinseca natura del contratto e per la sua funzione, esso viene conformato in modo che ne discenda un vantaggio preminente a favore dell'accreditato.


Natura giuridica dell’utilizzazione e sue forme. Luogo di adempimento

L'espressione della norma utilizzazione dal credito conferma positivamente la tesi prospettata in dottrina, che le operazioni o gli atti con i quali si procede alla utilizzazione stessa debbano essere riguardati quali negozi unilaterali di soluzione, per cui non possa darsi adito alcuno alla tesi giurisprudenziale della presenza di uno o più contratti esecutivi.

Per quanto ha riguardo alle forme del prelevamento, basterà dire che esse vengono fissate dalla pratica bancaria in tipi diversi e svariati. Si passa in proposito da quella semplice del prelevamento diretto della somma, a quelle dell'assunzione di obbligazioni da parte della banca per conto dell'accreditato (accettazioni bancarie, prestazioni di avallo o di fideiussione ordinaria), o del rilascio di lettere di credito o dell'acquisto effettuato dalla banca per conto di lui, o dello sconto di cambiali presentate dall'accreditato, o dal pagamento eseguito per lui a terzi, ecc. La varietà del tipi di utilizzazione non incide sulla natura di negozio solutorio, solo tenendosi presente che per fatto specifico mediante il quale quello viene posto in essere, varranno le regole ad esso specifiche e naturali.

In ordine alla riconosciuta libertà delle forme di utilizzazione del credito ne consegue che anche tale libertà si riflette in ordine al luogo ove l'utilizzazione attraverso il prelevamento potrà intervenire. Ma non si tratta di una libertà e di una facoltà assoluta in quanto, ove le parti niente abbiano stabilito al riguardo, il legislatore impone che tanto i prelevamenti quanto i versamenti si dovranno eseguire presso la sede della banca ove il rapporto è stato formato, ossia con stretta connessione a quella che è la sede domiciliare del contratto, così come lo stesso legislatore stabilisce per altri contratti bancari.


Utilizzazione dell’accreditamento e compensazione

L’essere stata assunta a tipo normale del contratto la regolamentazione in conto corrente, per esplicita dizione della norma, non esclude la possibilità di un contratto semplice, ossia di un’apertura di credito in base alla quale non venga concesso all’accreditato la facoltà di reintegrazione del fido mediante successivi versamenti alla banca.

In ordine al tipo oggi considerato quale normale è interessante vedere quali siano gli effetti della compensazione in relazione al principio oggi positivamente accolto, in base al quale l’obbligo dell’accreditante di somministrare la somma rimane sospeso fino al momento dell’intervento del negozio solutorio, ossia fino al momento dell’intervento del negozio solutorio, ossia fino al momento in cui l’accreditato faccia richiesta del prelevamento.

Per l’apertura di credito in conto corrente, stando agli insegnamenti della passata teoria, che riteniamo perfettamente applicabili anche secondo la nuova disciplina, la compensazione incontrerebbe l’ostacolo assoluto rappresentato dal principio fondamentale della liquidazione del saldo finale, ed inoltre e soprattutto essa verrebbe esclusa dal fatto dell’identità di trattamento tra apertura di credito semplice e apertura di credito in conto corrente. Le rimesse che l’accreditato effettua a reintegrazione del fido, non costituirebbero vere e proprie poste in conto corrente, ma parziali pagamenti in restituzione delle somme prelevate, per cui non potrebbero essere oggetto di compensazione. « Esse si riferiscono ad un debito solo: quello dell’accreditato, dipendente dall’apertura di credito e ne alterano l’ammontare nel senso della diminuzione, ma non potrebbero per ciò stesso costituire un credito separato dell’accreditato, compensabile con altro credito che l’accreditante abbia, per causa diversa dell’apertura di credito, verso l’accreditato ». Tutto ciò conferma, ancora una volta, che si deve tenere distinta e separata l’apertura di credito dall’apertura di credito regolata in conto corrente.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1843 Codice Civile

Cass. civ. n. 18144/2018

Nel contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, ove il cliente agisca nei confronti della banca per la ripetizione d'importi relativi ad interessi non dovuti, è necessario distinguere i versamenti ripristinatori della provvista, operati nel limite dell'affidamento concesso al cliente, da quelli solutori, ovvero effettuati oltre tale limite ai fini della decorrenza della prescrizione decennale dell'azione rispettivamente dalla estinzione del conto o dai singoli versamenti. Ai fini della valida proposizione dell'eccezione non è necessario che la banca indichi specificamente le rimesse prescritte, né il relativo "dies a quo", emergendo la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti dagli estratti-conto, della cui produzione in giudizio è onerato il cliente, sicché la prova degli elementi utili ai fini dell'applicazione della prescrizione è nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione.

Cass. civ. n. 26042/2013

In presenza di un conto corrente formalmente affidato, l'accertamento del cosiddetto congelamento del conto è oggetto di un apprezzamento di fatto del giudice del merito e richiede la ricorrenza di specifiche circostanze, quali la chiusura anticipata del conto o il diniego della concessione dei blocchetti degli assegni, ovvero condotte negoziali sintomatiche, in modo univoco, della natura solutoria dei versamenti. Il congelamento del conto non può, invece, essere desunto dal semplice fatto che, a partire da una certa data, ai prelievi effettuati dal debitore corrispondano precedenti o contestuali versamenti per importi corrispondenti, perché da ciò non può trarsi la conclusione che la banca abbia posto in essere un meccanismo per ridurre l'esposizione senza chiudere formalmente l'apertura di credito, allorché le somme versate siano state contestualmente o quasi contestualmente riutilizzate.

Cass. civ. n. 18182/2004

Nel contratto di apertura di credito bancario, la semplice annotazione in conto corrente della somma messa a disposizione del cliente non concretizza l'ipotesi della tradizione simbolica, idonea e sufficiente a realizzare l'estremo della consegna, e il vero rapporto obbligatorio, in ragione del quale l'accreditante può dirsi creditore dell'accreditato, sorge soltanto nel momento ed a causa del prelievo della somma messa a disposizione.

Cass. civ. n. 3487/1998

Il fatto che una banca abbia talvolta consentito il superamento del limite del fido, in relazione ad importi accreditati ma non ancora effettivamente incassati ed acquisiti, di per sé non integra una manifestazione di volontà idonea a sostituire le clausole pattuite fra le parti, con difformi «clausole d'uso», ben potendo costituire espressione di tolleranza ed esplicazione di una facoltà discrezionale di volta in volta esercitata dalla banca secondo le circostanze del caso concreto.

Cass. civ. n. 4473/1997

Nel caso in cui, tra i diversi rapporti intrecciati dal cliente con la banca, vi sia anche un negozio di apertura di credito, in forza del quale la banca si è obbligata a tenere a disposizione del correntista una somma di cui egli può disporre entro i limiti dell'affidamento concessogli, le eventuali successive rimesse che affluiscono sul medesimo conto, con corrispondente riduzione del saldo passivo, possono anche costituire null'altro che atti ripristinatori della provvista a disposizione dell'accreditato, in alternanza con gli atti di utilizzazione della provvista medesima, connatuti alla dinamica stessa dell'accreditamento. Nel caso in cui, invece, non vi sia una vera e propria apertura di credito (perché mai concessa o perché successivamente revocata), gli accreditamenti sul conto, da cui consegue la riduzione o l'elisione del saldo negativo per il cliente, hanno natura solutoria e, come tali, sono revocabili in ipotesi di fallimento dell'imprenditore. 

Cass. civ. n. 10848/1996

Nell'ipotesi in cui sussista e sia in corso un'apertura di credito regolata in conto corrente ed il relativo limite di fido non sia stato superato, non può individuarsi alcun obbligo restitutorio attuale da parte del correntista, il quale, secondo le facoltà consentite dal singolo contratto, ha la possibilità di reintegrare la provvista per poterne ulteriormente disporre. Invece, in tutti gli altri casi in cui o venga superato il limite di fido (e, quindi, si esca dall'operatività di quel contratto), ovvero non sussista un rapporto derivante da apertura di credito, per cui l'anticipazione eseguita dalla banca implichi un obbligo di restituzione, il versamento in conto ha funzione solutoria ed assume la veste di «pagamento» rilevante ai fini della revocatoria fallimentare. Una volta proposta tale ultima azione, l'attore può limitarsi a sostenere che tali versamenti, intesi come fatti solutori, avvennero per il rimborso di somme anticipate dalla banca in conto corrente, mentre costituisce onere della banca provare la sussistenza dell'apertura di credito ed il suo limite.

Cass. civ. n. 6584/1981

Nell'apertura di credito bancario, l'obbligo dell'accreditato di restituire le somme messegli a disposizione non sorge con la stipulazione del relativo contratto, ma bensì nel momento ed a causa del prelievo delle stesse. Pertanto, con riguardo ad una apertura di credito in conto-corrente in favore di una società, la responsabilità illimitata dell'unico azionista per le obbligazioni sociali, secondo la previsione dell'art. 2362 c.c., opera per le utilizzazioni della provvista che siano intervenute dalla data del verificarsi della concentrazione delle azioni nelle sue mani fino alla data della cessazione della concentrazione medesima.

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