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Sezione III - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dell'apertura di credito bancario

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
741 Respinta la concezione che ravvisa un contratto preliminare di mutuo nell'apertura di credito bancario, l'art. 1842 del c.c. fa consistere questo contratto nell'obbligo della banca di tenere una somma di danaro a disposizione dell'accreditato. In realtà la funzione economica dell'apertura di credito consiste nell'immediata attribuzione al cliente del diritto di disporre della somma stessa a seconda dei suoi bisogni, e non nell'effettiva utilizzazione di questa o nella promessa di addivenire ad un contratto di mutuo. Si considera figura normale di apertura di credito quella c.d. in conto corrente, che consente all'accreditato di rinnovare, per la durata del rapporto, le operazioni di prelevamento e di versamento, ripristinando così, mediante i versamenti, la disponibilità del credito (art. 1843 del c.c.). Questo meccanismo contrattuale si ripercuote sulla disciplina della garanzia reale e personale prestata a favore dell'accreditante, facendola limitare e dilatare automaticamente, in corrispondenza alle oscillazioni del saldo del conto, fino al limite della somma massima posta dalla banca a disposizione dell'accreditato (art. 1844 del c.c., primo comma): il garante non è liberato per la sola circostanza che in un dato momento il conto non presenti un saldo a debito del cliente. Caratteristica dell'apertura di credito in conto corrente garantito è poi la costante correlazione tra l'importo del credito e il valore della garanzia, per cui, ove questa divenga insufficiente, la banca ha diritto di ottenere un supplemento (art. 1844, secondo comma). Si è riconosciuta la pratica che consente alla banca la facoltà di recedere dal contratto, anche se a tempo determinato; ma si è disciplinata questa facoltà, per evitare che essa, inconsideratamente esercitata, possa arrecare grave pregiudizio all'accreditato. Occorre una giusta causa di recesso; questo sospende immediatamente ogni ulteriore utilizzazione del credito, ma comporta tuttavia un termine di almeno quindici giorni, per mettere in grado l'accreditato di far fronte all'obbligo di restituire quanto ha prelevato (art. 1845 del c.c.).