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Articolo 1835 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Libretto di deposito a risparmio

Dispositivo dell'art. 1835 Codice Civile

Se la banca rilascia un libretto di deposito a risparmio, i versamenti e i prelevamenti si devono annotare sul libretto.

Le annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato della banca che appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante(1).

È nullo ogni patto contrario.

Note

(1) Poiché il libretto di deposito ha solo lo scopo di agevolare la prova delle operazioni di accredito ed addebito intercorse tra le parti, esse possono essere provate anche se non sono state annotate.

Ratio Legis

Con il libretto di deposito viene agevolata, tra le parti, la prova delle operazioni di versamento e deposito e, di conseguenza, dell'ammontare del saldo.

Spiegazione dell'art. 1835 Codice Civile

Portata della norma. Rilascio del libretto di deposito

La nuova regolamentazione positiva sul deposito a risparmio non riguarda l'intera e completa disciplina giuridica del rapporto, ma, così come per il deposito semplice ad uso, si limita più strettamente alla considerazione della funzione dei documenti del deposito stesso, che per altro non considera per il deposito semplice.

Occorre anzitutto notare, prima di procedere avanti, che la dizione dell'articolo in esame non deve trarre in inganno nel fare ritenere come assoluta facoltà della banca il rilascio o meno del libretto di deposito. Questa interpretazione della forma ipotetica con la quale viene espresso la prima parte dell'articolo, sarebbe, oltre che contraria a quella che è la tecnica dell'operazione, contrastante alle norme genera sull'esercizio dell'attività per la raccolta del risparmio. Tale forma ipotetica si richiama evidentemente alle forme di deposito a risparmio che vengono caratterizzate dal rilascio del libretto, escludendo quindi quelle altre caratterizzate dal rilascio di altri documenti.

Dopo questa premessa, occorre aggiungere che la disciplina del deposito a risparmio dipende sostanzialmente nelle sue particolarità dalla struttura caratteristica del rapporto, in riferimento alla sua duplice natura di mutuo e di deposito irregolare e con riguardo alle speciali disposizioni date per le Casse di Risparmio e per gli Enti bancari autorizzati alla raccolta del risparmio. Per quanto invece riguarda la sua sostanza generica di rapporto bancario e di rapporto di deposito o di mutuo, la disciplina del deposito a risparmio e assoggettata ai principi generali regolatori di quelli, e ciò particolarmente in ordine alla unilateralità e realità del contratto, alla gratuità e all'onerosità, alla forma, alla prova, alla compensazione, alla prescrizione ecc.

A quella che è la disciplina giuridica del rapporto discendente dalla natura del contratto, si aggiunge un complesso di regole in ordine al diverso carattere che viene ad assumere il documento formato in di pendenza del deposito.

Regole particolari ineriscono al libretto nominativo, il quale può essere intestato tanto alle persone fisiche che alle persone giuridiche (art. 22-23-25 T. U. sulle Casse di Risparmio) e che sarà intestato al depositante o alla persona da questi indicata. All’intestatario del libretto nominativo o, secondo le circostanze, al suo legittimo rappresentante, sarà fatto il pagamento. Intestatari del libretto possono essere un singolo soggetto come più soggetti, nel qual caso le disposizioni statutarie o le esplicite pattuizioni procedono a stabilire la necessarietà o meno del concorso di tutti i soggetti intestatari per ottenere il pagamento debba essere fatto congiuntamente, a meno che la legge non stabilisca la quota di ciascuno e salvo il diritto di provare il contrario a quanto risulta dall’intestazione, quale effetto della natura di chirografo di credito del libretto nominativo.

Troveranno così applicazione un altro complesso di regole particolari e specifiche che derivano dal T. U. sulle Casse di Risparmio (ad es. art. 28 sui vincoli a cui il libretto può essere sottoposto) o dalle disposizioni generali poste dal Libro delle Obbligazioni, a proposito della pignorabilità del libretto, cessione del credito in esso annotato, ed infine dalle leggi speciali a proposito delle al rimborso. Particolari regole si riferiscono ai libretti nominativi ma pagabili al portatore, per i quali naturalmente, per il fatto di essere titoli a portatore, valgono le regole specifiche per essi, mentre per i libretti al portatore si ha senz’altro l’applicabilità delle norme disciplinanti i titoli al portatore, tenuta però presente la loro particolarità di titoli causali a circolazione ristretta.


Obbligo di annotazione. Valore di prova

Venendo all’esame particolareggiato dell’ articolo riferito al libretto di deposito, si deve notare che l'obbligo di annotare sul libretto tanto i versamenti che i pagamenti, non si riferisce puramente e semplicemente alla banca o all'ente di risparmio ma ad entrambi i soggetti del rapporto. E mentre il depositante aura sempre diritto di richiedere l'annotazione dell'operazione sul libretto, il depositario, da un lato, avrà diritto a non dar luogo all'operazione medesima se non a seguito di tale annotazione, senza che da parte del depositante si può opporre come sufficiente l'annotazione di quella sui registri dell’impresa. Il legislatore giustamente sancisce nel secondo capoverso la nullità di ogni patto contrario, e ciò non tanto quale mezzo di tutela delle rispettive parti in rapporto, ma con particolare riguardo all'interesse dei terzi che può essere facilmente inciso dalla natura particolare del documento, che, come è noto, può costituire oggetto di negozi giuridici tra depositario e terzi. La norma è dettata nell'intento specifico di porre le parti nella situazione di poter conoscere con assolutezza l'ammontare rispettivo del debito e del credito e di impedire possibili frodi a danno dei terzi, perpetrate a mezzo di cessione del credito o di trasmissione del libretto.

Alla finalità di attuare questa situazione di assoluta sicurezza e chiarezza in ordine al rapporto, si può considerate in un certo qualmodo diretta la norma contenuta nella seconda parte dell'articolo. Con essa però il legislatore vuole, in modo assoluto e che non si presti la possibilità di equivoche soluzioni, fornire al depositante i mezzi imprescindibili per far valere nei confronti della banca il proprio diritto al pagamento. Il carattere assoluto e pieno di prova che viene attribuito alle annotazioni apposte sul libretto è corrispondente della responsabilità assoluta e piena della banca per tutte le operazioni che vengono poste in essere a mezzo dei propri dipendenti da essa assegnati all'espletamento delle di­verse operazioni. Il fatto materiale che l'operazione sia stata posta in essere con l'intervento di un impiegato della banca che appare addetto a quel servizio implica il dovere della banca al riconoscimento dell'operazione, e alla responsabilità per essa, come al tempo stesso implica il dovere per il depositante di accertarsi che quel determinato impiegato operi ed agisca nei locali della banca per l'espletamento del servizio specifico ed inerente all'operazione. Ogni obiezione da parte della banca sulla capacità e sui poteri dell'impiegato a procedere all'annotazione sono da escludere, ove e quando il cliente a questo si sia rivolto nei locali della banca ed in quelli particolari indicati come addetti al disbrigo delle operazioni da lui poste in essere. Ne consegue logica ed assoluta la conseguenza della nullità di ogni patto contrario.

Per quanto si riferisce alla particolarità della firma del libretto da parte dell'impiegato, occorre notare che per tale sottoscrizione — che potrà anche risultare posta in essere anche da più impiegati — non vengono date regole particolari, per cui non resta che ammettere che debba ritenersi per firma quella sottoscrizione considerata come tale secondo gli usi bancari o i regolamenti interni della banca (ma in questo caso esplicitamente resi noti al cliente) e quindi anche la cosiddetta sigla.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1835 Codice Civile

Cass. civ. n. 13643/2014

In tema di libretti di deposito a risparmio, la particolare efficacia probatoria prevista dall'art. 1835, secondo comma, cod. civ. si riferisce alle annotazioni che effettivamente figurino apposte sul libretto, senza che, da ciò, derivi una presunzione legale assoluta di compimento delle sole operazioni annotate. Ne consegue che è sempre ammessa la dimostrazione che un'operazione di versamento o prelevamento di somme, benché non annotata sul libretto, sia stata effettivamente eseguita.

Cass. civ. n. 2122/2014

Nel contratto di deposito a risparmio, a norma dell'art. 1835, secondo comma, cod. civ., le annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato della banca che appaia addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante, presupponendo peraltro tale speciale efficacia probatoria che il documento presenti i requisiti formali minimi corrispondenti alla individuazione dello stesso in conformità al modello tipico, situazione che non si verifica allorché l'efficacia in questione sia stata sottratta in radice al documento, ove, in seguito a giudizio penale, siano state dichiarate false le annotazioni su di esso apposte.

Cass. civ. n. 25370/2013

Il libretto bancario di deposito a risparmio, pur non potendosi considerare atto pubblico dotato dell'efficacia probatoria privilegiata di cui all'art. 2700 c.c., è assistito dallo speciale regime probatorio delineato dall'art. 1835, secondo comma, stesso codice, sicché, ove il documento presenti i requisiti formali minimi della sua identità, esso fa piena prova non solo delle annotazioni eseguite e sottoscritte dal funzionario addetto, ma anche della provenienza del libretto dalla banca al cui servizio appare addetto il menzionato funzionario, fermo restando che l'annotazione firmata non è il solo mezzo probatorio con il quale si può dare la prova dell'operazione bancaria, esprimendo tale speciale regime un principio di tutela rafforzata del diritto alla prova predisposto dalla legge a favore del depositario.

Cass. civ. n. 1689/2012

In tema di deposito bancario, l'emissione dei documenti di legittimazione o titoli rappresentativi (nella specie, un certificato di deposito al portatore e due libretti di risparmio al portatore) non spiega influenza nei rapporti fra banca e depositante, essendo la prima tenuta alla restituzione verso il secondo delle somme di danaro, di cui ha acquistato la proprietà, e non dei documenti probatori, i quali, ai sensi dell'art. 1835 c.c., assolvono alla diversa funzione certificativa dell'esistenza del diritto del cliente verso la banca; ne consegue che, in caso di sequestro di dette somme, poi convertito in pignoramento, il vincolo concerne il credito esistente all'atto della notifica del provvedimento cautelare, con obbligo di pagamento - in favore dei creditori del depositante - secondo gli ordini impartiti con il provvedimento di assegnazione.

Cass. civ. n. 17945/2003

Sui depositi di somme operati dal cliente e registrati sul libretto emesso dalla banca, gli interessi sono dovuti, in mancanza di specifica convenzione al riguardo, nella misura del saggio legale. E pertanto da escludere che, in difetto di un tasso convenzionalmente pattuito, al depositante spettino gli interessi secondo il minor tasso applicato dalla banca in occasione della prima capitalizzazione, trattandosi di un dato che, per un verso, in quanto proveniente da una delle parti del contratto, non può essere assunto a dimostrazione della preesistenza di un corrispondente accordo comune anche all'altra parte, se non in base ad ulteriori elementi in tal senso probanti; e che, per l'altro verso, non può trovare il sostegno legittimante nel disposto dell'art. 1835, secondo comma, c.c., giacché la peculiare efficacia probatoria che detta norma riconosce alle annotazioni sottoscritte sul libretto dall'impiegato bancario addetto al servizio riguarda la verità storica delle operazioni di prelevamento o di versamento annotate, ma non anche l'esistenza di eventuali clausole contrattuali da cui la legittimità di tali operazioni possa dipendere.

Cass. civ. n. 7869/2000

I libretti di deposito al portatore (non nominativi), funzionalmente collegati al deposito bancario al risparmio, in quanto titoli di credito, sono caratterizzati essenzialmente dalla cosiddetta «incorporazione» (il credito è portato dal titolo), dalla cosiddetta «letteralità» (nel senso che sono rilevanti i soli elementi indicati sul titolo), dalla cosiddetta «autonomia» (in quanto chi acquista un titolo diviene titolare di un diritto nuovo e autonomo rispetto al diritto del precedente titolare e il debitore non può opporgli le eccezioni personali che avrebbe potuto far valere nei confronti di quest'ultimo) e dalla cosiddetta «astrattezza» (quale irrilevanza nei confronti del terzo possessore, di buona fede del rapporto fondamentale, non menzionato; tra emittente del titolo e primo prenditore.

Cass. civ. n. 2058/2000

Nel nostro ordinamento l'attività bancaria nel suo complesso, quale comprensiva dell'esercizio del credito e della raccolta di risparmio (vedi in particolare il decreto legislativo n. 385/93) risulta disciplinata in modo tale da configurare non solo una delle tante forme di esercizio di impresa, già di per sé sottoposto a particolari forme di controllo, ma soprattutto, proprio in quanto riservata in via esclusiva agli istituti di credito ed in conformità al dato della tutela costituzionale del risparmio di cui all'art. 47 della Costituzione predisposta in favore della collettività, un «servizio» per il pubblico con tipiche forme di autorizzazione, di vigilanza e di «trasparenza». Da ciò deriva che i profili di responsabilità nell'espletamento di tale attività vanno individuati e, ove sussistenti, sanzionati in conformità all'elevato grado di professionalità richiesto. Se pertanto un istituto di credito rilascia un libretto al portatore privo di fondi (attività che, sia alla luce del complesso dei principi normativi di cui agli artt. 1834 e ss. c.c., sia a quella della clausola generale in tema di responsabilità di cui all'art. 1176 c.c., si configura già di per sé quale fonte di responsabilità) non può assolutamente limitarsi a definirlo inesistente (tanto più ove si presenti tale non per fatti meramente casuali, ma per diretta conseguenza del negligente comportamento dei suoi funzionari), ma deve apprestare tutte le misure (sequestro del libretto, pubblicizzazione del fatto, etc.) atte ad evitare la circolazione di un titolo emesso in mancanza dei previsti requisiti, ove ciò non avvenga, è evidente il sorgere di responsabilità (ex art. 2043 c.c.) nei confronti di coloro che, «terzi» rispetto all'originario rapporto richiedente-banca, subiscono i danni derivanti dalla circolazione di un titolo solo formalmente valido ma in realtà attestante un credito non esigibile.

Cass. civ. n. 422/2000

In tema di libretti di deposito a risparmio la previsione, da parte del secondo comma dell'art. 1835 c.c., dell'efficacia di piena prova, nei rapporti fra banca e depositante, delle annotazioni firmate dall'impiegato addetto al servizio, sussiste soltanto ove 1'annotazione firmata sia il solo mezzo probatorio con il quale un'operazione può essere provata, dovendo ammettersi la possibilità che una delle parti possa dare prova in altro modo dell'esecuzione di operazioni non annotate o della stessa operazione annotata ma non firmata. Da ciò consegue che, in base alla regola dell'onere della prova, la banca, convenuta dal cliente con la richiesta di restituzione delle somme che risultino depositate sul libretto anteriormente ad un'operazione di disposizione, annotata ma non firmata, ove sostenga che detta operazione venne effettivamente eseguita per disposizione del cliente, è tenuta a dare dimostrazione dell'esistenza di tale disposizione.

Cass. civ. n. 3585/1996

Il libretto bancario di deposito a risparmio, pur non potendosi considerare atto pubblico dotato dell'efficacia probatoria privilegiata di cui all'art. 2700 c.c., è assistito dallo speciale regime delineato dall'art. 1835, stesso codice, sicché, ove il documento presenti i requisiti formali minimi della sua identità (da individuarsi anche, ove occorra, con riguardo agli elementi richiesti dall'istituto emittente), esso fa piena prova non solo delle annotazioni, ma anche della provenienza del libretto dalla banca al cui servizio appare addetto il funzionario che ha sottoscritto dette annotazioni o la stessa emissione. Militano, infatti, in tal senso, il principio dell'apparenza del diritto e della tutela dell'affidamento (invocabile dal depositante se ed in quanto versi in condizione di buona fede) riposto sul dato di fatto della provenienza delle annotazioni dall'impiegato che, con le modalità usuali e normali riceve i depositi, ingenerando nel pubblico la legittima opinione che egli sia assistito dal relativo potere.

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Anonimo chiede
sabato 28/07/2018 - Sardegna
“Preg.mi Avvocati,
con la presente si domanda se ai sensi del D.Lgs 21/11/2007, n. 231 (modificato e integrato dal D.Lgs 25/09/2009, n. 151), l'Istituto Bancario possa ritenersi in diritto di estinguere un Deposito di Risparmio senza una comunicazione preventiva tracciata con il Cliente, ossia se il Cliente possa apprendere a posteriori, in forma del tutto casuale, la chiusura di un proprio Deposito di Risparmio senza averne mai ricevuto comunicazione con metodica certificata. Nella fattispecie in questione, l'Istituto Bancario dichiara di avere inviato comunicazione circa la necessità di assolvimento degli obblighi di adeguata verifica, il Cliente dichiara di non averla ricevuta: si domanda se sia necessaria, in tal senso, in capo all'Istituto Bancario l'onere della prova.
Ad integrazione di quanto scritto, si precisa che il Deposito di Risparmio di cui all'oggetto era a saldo zero e quindi non rientrante nella casistica della c.d. "operazione di restituzione".
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 06/08/2018
La decisione da parte dell’Istituto bancario di estinguere il libretto di deposito a risparmio non può addebitarsi ad una scelta discrezionale dello stesso istituto ma, come si accenna nello stesso quesito, discende da una ben chiara e definita imposizione legislativa.

Si tratta, infatti, di un obbligo imposto in capo agli istituti di credito dal D.lgs. 21 novembre 2007 n. 131, come da ultimo modificato dal D.lgs. 25 maggio 2017 n. 90, entrambi frutto dell’attuazione in Italia della Direttiva Europea 2015/849, dettata in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
La suddetta normativa fissa alla data del 31 dicembre 2018 il termine ultimo per l’estinzione automatica dei libretti di tale tipo, concedendo tuttavia ai rispettivi titolari la facoltà di estinguerli volontariamente prima di quella data, ciò che può farsi mediante prelievo dell’eventuale saldo positivo ovvero con contestuale trasferimento delle somme su un libretto nominativo o su un conto (cfr. art. 49 D.lgs. 90/2017).

Ora, considerato che la suddetta normativa è operativa dal 4 luglio 2018, è chiaro che essendo il libretto di cui trattasi a saldo zero, l’Istituto di credito sarà legittimato, anzi obbligato, ad estinguerlo automaticamente in coincidenza di quella data, poiché da tale momento non è più possibile effettuare alcuna operazione su quel libretto.
Infatti, il termine ultimo del 31 dicembre 2018, come si è accennato, è volto soltanto a consentire ai clienti di disporre del saldo positivo esistente.

Sarà solo per quest’ultima ipotesi, oltretutto, che viene in rilievo il c.d. obbligo di adeguata verifica a cui si accenna pure nel quesito.
Infatti, nel momento in cui il titolare del libretto di deposito a risparmio decida di prelevarne il saldo positivo, la banca o l’ufficio postale potrà proporre al risparmiatore un libretto nominativo o l’apertura di un conto, sul quale sarà ovviamente d’obbligo “l’adeguata verifica della clientela”, ovvero quella procedura che l’intermediario finanziario deve porre in essere al fine di identificare chi agisce e chi, eventualmente, è il titolare effettivo del flusso finanziario.

In tal senso può anche argomentarsi dalla lettura dell’art. 17 del D.lgs. 131/2007 (come modificato dall’art. 2 del D.lgs. 90/2017), da cui si evince, in estrema sintesi, che l’istituto di credito è obbligato ad effettuare l’adeguata verifica in occasione dell’instaurazione di un rapporto continuativo o del conferimento dell’incarico per l’esecuzione di una prestazione professionale, ovvero in occasione dell’esecuzione di un’operazione occasionale da parte del cliente avente determinate caratteristiche fissate dalla norma stessa, nonché negli altri casi previsti dal secondo comma della medesima norma, casi che comunque nulla hanno a che fare con la fattispecie che ci riguarda.

In conclusione, dunque, non ci si può dolere in questo caso di essere in presenza di un abuso di posizione dominante da parte della banca o che la stessa abbia violato obblighi informativi, in quanto nella fattispecie concreta non è sull’istituto di credito che incombe l’obbligo di informazione, bensì sul risparmiatore, essendo ciò che si lamenta conseguenza di un progetto normativo che ormai l’Europa sta portando avanti da diversi anni, e di cui non può negarsi che sia stata data adeguata informazione.