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Articolo 278 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Autorizzazione all'azione

Dispositivo dell'art. 278 Codice Civile

(1)Nei casi di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità non può essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 251(2).

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, con decorrenza dal 7 febbraio 2014.
(2) Formulazione precedente:
Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'articolo 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato.
Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento.

La Corte costituzionale con sentenza 28 novembre 2002 n. 494, aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo il co. I "nella parte in cui esclude la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturali e le relative indagini, nei casi in cui, a norma dell'art. 251, c. 1, del codice civile, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato" poichè comporta la discriminazione dei figli incestuosi, in contrasto con i principi della Costituzione (in particolare dell'art. 30) sulla tutela dei figli. Si è così peraltro ribadito il diritto di ogni figlio ad ottenere uno status filiationis, elemento costituivo della cd. identità personale protetta anche dalla Convenzione sui diritti del fanciullo (artt. 7 e 8).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

150 Il progetto definitivo (art. 282) ammetteva l'impugnabilità avanti la corte di appello del decreto del tribunale col quale si provvede sull'ammissibilità dell'azione di ricerca. Questo criterio ha suscitato critiche e perciò si è stabilito che il provvedimento non è soggetto a reclamo. Infatti, se il decreto del tribunale è favorevole, appare più opportuno che le parti svolgano le loro difese nel successivo giudizio di ricerca della paternità o maternità naturale. Se non lo è, la parte interessata avrà sempre la possibilità di riproporre istanza, fornendo nuovi elementi, dato che il provvedimento non costituisce cosa giudicata. L'impugnazione avverso il decreto si risolverebbe in definitiva in una inutile complicazione.
151 Il progetto definitivo (art. 286, capoverso primo), fissato il principio che non sono ammesse le indagini sulla paternità e sulla maternità nei casi in cui il riconoscimento è vietato, ribadiva questo principio per i figli incestuosi anche nell'ipotesi in cui eccezionalmente è ammesso il loro riconoscimento. Si è ritenuto che il medesimo criterio debba essere seguito per i figli adulterini nel caso in cui il loro riconoscimento può essere ammesso con decreto reale, e ciò come logica conseguenza della regola fissata nell'art. 252, comma. terzo, la quale, nel caso anzidetto, fa dipendere esclusivamente da una valutazione discrezionale dell'autorità amministrativa l'acquisto dello stato di figlio naturale. Naturalmente questo concetto non può valere per l'ipotesi in cui la riconoscibilità dipenda soltanto dallo scioglimento del matrimonio del genitore coniugato (art. 252, secondo comma). In tal caso, verificatasi la morte del coniuge offeso dall'adulterio, l'adulterino può liberamente esperire l'azione per la dichiarazione del rapporto di filiazione, e poiché lo scioglimento del matrimonio anzidetto potrebbe verificarsi in epoca successiva al raggiungimento della maggiore età del figlio, onde evitare che l'azione di ricerca della paternità potesse restare colpita dal termine di decadenza, previsto dall'art. 271, prima che fosse rimosso l'ostacolo alla sua esperibilità, il nuovo testo stabilisce espressamente (art. 271, primo comma) che il biennio utile per l'esercizio dell'azione da parte dell'adulterino decorre dalla data dello scioglimento del matrimonio del genitore, se lo scioglimento avviene successivamente al raggiungimento della maggiore età dei figlio.

Massime relative all'art. 278 Codice Civile

Cass. civ. n. 215/1974

Il divieto di ricerca della paternitā posto dall'art. 278 c.c. nei casi in cui sia vietato il riconoscimento, opera agli effetti della dichiarazione giudiziale della paternitā e non quando il relativo accertamento sia necessario a fini diversi. (Nella specie, č stato ritenuto inoperante il divieto ai fini della pronunzia sulla domanda di separazione coniugale).

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