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Articolo 179 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Ordinanze di condanna a pene pecuniarie

Dispositivo dell'art. 179 Codice di procedura civile

Se la legge non dispone altrimenti (1) [54, 67, 220 c.p.c.] le condanne a pena pecuniaria previste nel presente codice sono pronunciate con ordinanza [134, 176 c.p.c.] del giudice istruttore (2).

L'ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell'interessato e previa contestazione dell'addebito non è impugnabile; altrimenti il cancelliere la notifica al condannato (3), il quale, nel termine perentorio di tre giorni, può proporre reclamo [177 n. 3 c.p.c.] con ricorso allo stesso giudice che l'ha pronunciata. Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo con ordinanza non impugnabile.

Le ordinanze di condanna previste nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo.

Note

(1) In alcuni casi il giudice condanna al pagamento della pena pecuniaria mediante sentenza: disconoscimento ingiustificato di scrittura privata (v. 220 c.p.c.); utilizzo di espressioni sconvenienti ed offensive (v. 89 c.p.c.); rigetto della querela di falso (v. 226 c.p.c.).
(2) Possono essere condannati al pagamento di pene pecuniarie: il consulente tecnico (v. 64 c.p.c.), il custode (v. 67 c.p.c.), il terzo che rifiuta l'ispezione (v. 118 c.p.c.), il testimone (v. 255 c.p.c.).
(3) Il cancelliere deve notificare l'ordinanza di condanna sia quando essa sia stata emessa fuori udienza, sia quando la condanna sia stata pronunciata in udienza, ma l'interessato non era presente.

Ratio Legis

Le pene pecuniarie di cui parla l'articolo 179 c.p.c. sono sanzioni di natura amministrativa che il giudice può comminare alle parti o ai terzi per un più sollecito e leale svolgimento del processo.

Spiegazione dell'art. 179 Codice di procedura civile

L’espressione contenuta in apertura di questa norma “Se la legge non dispone altrimenti…” deve intendersi riferita a tutte le ipotesi in cui la condanna viene disposta con sentenza, ciò che avviene nel caso di disconoscimento ingiustificato di scrittura privata (art. 220 del c.p.c. comma 2), di espressioni sconvenienti ed offensive (art. 89 del c.p.c.) o di pronuncia di rigetto della [[querela di falso]] (art. 226 del c.p.c.).

Destinatari delle ordinanze di condanna possono essere il testimone, il consulente tecnico, il custode o anche il terzo che rifiuta l’ispezione.

Il potere di condanna che viene attribuito al giudice è la conseguenza di quanto previsto all’art. 128 del c.p.c. (disciplinante l'udienza pubblica) ed all’art. 175 del c.p.c. (che contiene la disciplina del potere di direzione del processo).

In ossequio al principio del contraddittorio, è richiesto che il cancelliere comunichi all'interessato l'ordinanza, nei casi in cui:
  1. la stessa non sia stata pronunciata in udienza;
  2. se, pur essendo stata pronunciata in udienza, l’interessato dovesse risultare assente.

Nell'ipotesi di pronuncia in udienza si rende necessario contestare previamente l'addebito, al fine di consentire alla parte di esercitare la propria difesa; è stato sostenuto che, in assenza di contestazione dell'addebito, l'ordinanza sia immediatamente reclamabile.

Il reclamo, che va proposto nel termine perentorio di tre giorni, deve essere contenuto in un ricorso da presentare in cancelleria.

Le condanne a pene pecuniarie sopravvivono all'estinzione del processo, poiché non costituiscono atti processuali, ma vere e proprie sanzioni.
In relazione alla disciplina della testimonianza, il legislatore ha inasprito le sanzioni economiche per il caso di mancata presentazione del teste all'udienza, senza alcuna giustificazione, e se tale condotta dovesse essere reiterata.

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