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Articolo 67 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Responsabilità del custode

Dispositivo dell'art. 67 Codice di procedura civile

Ferme le disposizioni del Codice penale, il custode che non esegue l'incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria da euro 250 a euro 500 [179].

Egli è tenuto al risarcimento dei danni [c.c. 2043] cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia [521; c.c. 1176] (1).

Note

(1) La norma individua una responsabilità sia civile che penale del custode. L'onere di provare il danno e la responsabilità del custode incombe su chi la invoca, mentre al custode spetta la sola prova della sua diligenza.
Per quanto riguarda la responsabilità civile, si tratta di una responsabilità diretta e personale del custode nei confronti delle parti. Tuttavia, il custode è responsabile anche nei confronti dei terzi se arreca loro un danno nell'adempimento dei suoi compiti o quando eccede la sfera dei poteri a lui conferiti.
La definitiva qualificazione del comportamento del custode come responsabile spetta però esclusivamente al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità.

Spiegazione dell'art. 67 Codice di procedura civile

Come si è detto nelle precedenti norme, il custode viene oggi considerato un ausiliare del giudice e gestore autonomo dei beni che gli vengono affidati, in relazione ai quali, come espressamente viene qui disposti, egli deve comportarsi con la diligenza del buon padre di famiglia.
Malgrado la costruzione pubblicistica che di tale figura ne sia stata fatta e l’assenza di ogni rapporto privatistico tra il custode ed i titolari delle cose affidate alla sua custodia, si ritiene che nei confronti di questi ultimi egli possa assumere una responsabilità di natura extracontrattuale, ovviamente per il caso in cui cagioni ai medesimi un danno derivante dall’inosservanza dei doveri su di lui incombenti nella rivestita qualità.
Al fine di andare esente da responsabilità, egli dovrà dimostrare di aver tenuto, come richiede la norma, un comportamento diligente alla stregua del buon padre di famiglia.

Per l’espletamento dell’incarico che gli è stato conferito, inoltre, il custode deve intendersi legittimato ad avvalersi anche dell’ausilio di soggetti terzi e, qualora per fare ciò sia costretto ad assumere obbligazioni verso terzi, dovrà intanto adempierle in proprio, per poi chiederne il rimborso in sede di corresponsione del compenso (i terzi, invece, non avranno alcun diritto di pretendere l’adempimento delle obbligazioni sorte in loro favore nei confronti dell’autorità giudiziaria).
Sia in dottrina che in giurisprudenza è stato a tal proposito precisato che il personale che l’ausiliare assumerà, andrà a svolgere attività lavorativa sotto il suo controllo e le sue direttive.

La pena pecuniaria che può essergli irrogata in caso di mancata esecuzione dell’incarico affidatogli è stata inasprita per effetto della riforma del 2009, essendo stato sostituito il tetto massimo di 10 euro con un ammontare che non può essere inferiore a 250 euro e superiore 500 euro.

Massime relative all'art. 67 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 10014/2017

In tema di responsabilità del custode, la ricorrenza in concreto degli estremi del caso fortuito costituisce il risultato di un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, non sindacabile in cassazione se adeguatamente motivato.

Cass. civ. n. 24257/2007

Nel procedimento relativo alla liquidazione dell'indennità spettante al custode di cose sottoposte a sequestro penale è parte necessaria il P.M., quale organo preposto alla vigilanza sull'osservanza delle leggi ed alla tutela dei diritti e degli interessi anche finanziari dello Stato; ne consegue l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal custode ex art. 111 Cost., notificato al giudice che ha emesso il provvedimento di liquidazione e non al P.M.

Cass. civ. n. 10252/2002

Il custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario, in quanto rappresentante di ufficio, nella sua qualità di ausiliario del giudice, di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, risponde direttamente degli atti compiuti in siffatta veste, quand'anche in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell'art. 676 c.p.c., e, pertanto, è legittimato a stare in giudizio attivamente e passivamente limitatamente alle azioni relative a tali rapporti, attinenti alla custodia ed amministrazione dei beni sequestrati.

Cass. civ. n. 4464/1985

Il divieto di comprare stabilito dall'art. 1471, n. 2 c.c. colpisce tutti coloro i quali, nell'esercizio di una pubblica funzione, prendono parte alla procedura relativa al trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro soggetto e pertanto, nel caso di esecuzione forzata, detto divieto si applica anche al custode dei beni pignorati o sequestrati il quale, pur non essendo espressamente menzionato, è inquadrabile nella più generale categoria contemplata al n. 2 di detta norma poiché, essendo un soggetto al quale viene affidato l'esercizio di una funzione pubblica temporanea da svolgere quale longa manus degli organi giudiziari, proprio in tale veste partecipa alla procedura esecutiva, provvedendo alla conservazione dei beni sottoposti a vincolo ed alla relativa amministrazione, eventualmente necessaria.

Cass. civ. n. 6115/1984

Il custode di cose sequestrate ai sensi dell'art. 644 c.p.p. ovvero degli artt. 65, 67 c.p.c., opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come ausiliario di lui, e, perciò, la sua posizione è nettamente distinta da quella, eventualmente rivestita, di dipendente subordinato di un terzo. Ne consegue che il custode assume una propria ed autonoma responsabilità ove manchi ai suoi doveri inerenti alla conservazione delle cose sequestrate, senza che possa sussistere alcuna responsabilità del datore di lavoro a termini dell'art. 2409 c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 67 Codice di procedura civile

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L. M. S. chiede
domenica 04/12/2022 - Campania
“Siamo già clienti del vostro studio. Il codice di riferimento precedente consulenza è Q202128174.
Abbiamo bisogno di conoscere quali poteri ha il custode giudiziario di un immobile sottoposto a espropriazione quando la procedura esecutiva derivante da un decreto ingiuntivo è stata sospesa.
Può il custode rilasciare un parere a terzi (Regione Campania) al fine di far rinnovare autorizzazione AIA in fase di riesame da parte della Conferenza di Servizi- Regione Campania?

Possiamo inviare a completamento ns, richiesta i seguenti documenti:
1. provvedimento di sospensione dell'azione esecutiva del G.E. del 18/05/2021
2. provvedimento di rigetto di richiesta di revoca della sospensione del G.E. del 2/11/2022.”
Consulenza legale i 11/12/2022
Le norme che vanno prese in considerazione al fine di rispondere a ciò che viene chiesto sono quelle che il codice di procedura civile detta con riferimento al custode dei beni pignorati, ed in particolare gli artt. 65, 521 e 560 c.p.c.
La prima di tali norme prende in considerazione proprio la figura del custode giudiziario, individuandolo in colui al quale viene attribuito il compito di provvedere alla conservazione ed amministrazione dei beni pignorati o sequestrati.

L’art. 521 c.p.c., inserito nel Capo relativo alla espropriazione mobiliare presso il debitore, dispone espressamente che “Il custode non può usare delle cose pignorate senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione e deve rendere il conto a norma dell'art. 593”.
Il successivo art. 560 c.p.c., invece, inserito nel Capo IV relativo all’espropriazione immobiliare, pone i seguenti specifici obblighi e divieti in capo al custode di un immobile pignorato, sia esso lo stesso debitore o un terzo soggetto estraneo nominato dal giudice dell’esecuzione, e precisamente:
a)il dovere di vigilare affinchè il debitore e la sua famiglia conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino l’integrità;
b)il divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione;
c)l’obbligo di rendere il conto ex art. 593 c.p.c., al pari del custode dei beni mobili.

Le eventuali rendite prodotte dall’immobile devono essere depositate nei modi stabiliti dallo stesso giudice dell’esecuzione in sede di rendiconto parziale e finale che il custode è tenuto a rendere ex art. 593 c.p.c., il che risponde appieno a quella che è la finalità intrinseca di ogni procedura esecutiva, sia essa mobiliare che immobiliare, ovvero amministrare il bene pignorato nell’interesse del creditore procedente ed in vista del suo fine ultimo, che è quello di soddisfare con la vendita coattiva il credito rimasto inadempiuto.

Come può notarsi, la disciplina normativa della custodia indica solo in via sommaria i poteri del custode dell'immobile, e questo rende in effetti difficile l'identificazione di chiare linee guida per l'interprete.
Ciò che è certo è che si tratta di una custodia c.d. attiva, in quanto si caratterizza per la preminenza degli aspetti di gestione e amministrazione attiva del bene.
Per ovviare alla lacunosità normativa la dottrina, ha suggerito una suddivisione tripartita dei poteri del custode, distinguendo tra:
a) poteri minimi correlati alla conservazione del bene, tra i quali vi si fanno rientrare, a titolo meramente esemplificativo, la riscossione dei canoni locativi, il deposito e l'aggiornamento periodico degli stessi, il pagamento delle spese di conservazione ecc.;
b) poteri che il custode non ha direttamente, ma che può derivare da un provvedimento generale di autorizzazione del giudice, come, ad es., quelli derivanti dall'autorizzazione a concedere in locazione l'immobile o a rinnovare il rapporto locativo;
c) poteri che, eccedendo la normale gestione del bene, il custode può esercitare caso per caso a seguito di specifica autorizzazione giudiziale, opportunamente motivata, come, ad es., il potere di contrarre un mutuo fondiario per la manutenzione straordinaria dell'immobile.

Per quanto concerne la responsabilità del custode, il riferimento va fatto al sopra citato art. 67 c.p.c., il quale sanziona il comportamento contrario ai doveri di “buona custodia”.
Sono essenzialmente tre gli ordini di responsabilità in cui può incorrere il custode: in particolare, dopo un generico rinvio alle disposizioni penali (artt. 334 e 335 c.p.) che puniscono la violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose pignorate e sequestrate e la sottrazione o il danneggiamento delle medesime, la norma attribuisce al giudice la facoltà di condannare il custode, che non esegue l'incarico assunto, ad una pena pecuniaria nonché al risarcimento dei danni cagionati alle parti se non esercita la custodia da buon padre di famiglia.

Da quanto fin qui osservato se ne può dedurre che l’atto che si ha intenzione di porre in essere non si pone in realtà in contrasto con alcuno degli obblighi a cui è soggetto il custode né con esso si contravviene ai suoi poteri di amministrazione e conservazione del bene pignorato.
Il parere che deve essere reso, infatti, costituisce atto necessitato che si inserisce in una sequenza procedimentale di natura prettamente amministrativa volta al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale.
In particolare, trattasi di atto giuridico che fa parte della c.d. fase istruttoria del procedimento amministrativo, diretta ad accertare i fatti e ad acquisire e valutare gli interessi in relazione ai quali dovrà essere emanato il provvedimento amministrativo, nell’ambito della quale la pubblica amministrazione richiedente il parere, in virtù del principio inquisitorio, può, anche d’ufficio, procedere autonomamente all’accertamento dei fatti e utilizzare i fatti che sono già a sua conoscenza.
Si tratta, dunque, di una sorta di atto dovuto, all’adempimento del quale il privato non si può sottrarre e per il quale non occorre richiedere alcuna autorizzazione giudiziaria.

Va, peraltro sottolineato che, costituendo il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale frutto dell’esercizio di una attività amministrativa discrezionale, la Pubblica amministrazione deve essere posta in condizione di individuare l’interesse maggiormente meritevole di tutela, dovendo a tal fine effettuare una comparazione tra gli interessi pubblici, collettivi, diffusi, privati coinvolti in quella determinata situazione (fattispecie) sulla quale deve intervenire con il provvedimento amministrativo.

MICHELE chiede
domenica 12/06/2011 - Basilicata
“Nel caso in cui il custode non abbia presentato il rendiconto, cosa succede?”
Consulenza legale i 23/06/2011

A norma dell’art. 65 del c.p.c. la conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate ad un custode. L’art. 67 del c.p.c. disciplina, inoltre la responsabilità del custode e prevede l’importo della multa (aumentato da euro 250 a 500 dalla L. n. 69/2009) per il custode che “non abbia eseguito l’incarico assunto”, una generica espressione onnicomprensiva di qualsiasi violazione dei doveri e dei compiti che competono al custode, tra i quali si fa rientrare anche la mancata presentazione del rendiconto previsto dall’art. 593 del c.p.c.. Al giudice dell’esecuzione si farà istanza per l’emissione di un’ordinanza di condanna e per la comminatoria della pena pecuniaria ex art. 179 del c.p.c..