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Articolo 39 Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternitą e della paternitą

[Aggiornato al 24/07/2025]

Riposi giornalieri della madre

Dispositivo dell'art. 39 Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternitą e della paternitą

1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.

2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.

3. I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.

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Consulenze legali
relative all'articolo 39 Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternitą e della paternitą

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G. S. chiede
sabato 04/10/2025
“Buon pomeriggio,
attualmente sono impiegata come istruttore amministrativo a tempo indeterminato presso un ente locale della Toscana, full time (36 ore settimanali).

Il nostro ente prevede una flessibilità oraria in entrata dalle 7.30 alle 8.45 mentre in uscita dalle 13.15 alle 14.45.
Avendo terminato la maternità obbligatoria, rientrerei in servizio usufruendo dei permessi per allattamento di due ore cumulative in uscita. In questo caso posso mantenere la flessibilità in entrata e in uscita, oppure sono costretta a mantenere sempre un schema orario in accordo (es. oraro 8-12). Grazie”
Consulenza legale i 09/10/2025
Secondo l’art. 39 D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 – Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, il datore di lavoro deve consentire alle madri lavoratrici, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata.
La durata di ciascun periodo è di un’ora, ridotta a uno solo se l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. I periodi di riposo sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro e comportano il diritto della donna ad uscire dal luogo di lavoro.


Il CCNL Funzioni Locali – Triennio 2019–2021 (sottoscritto il 16 novembre 2022), in materia di flessibilità oraria, prevede all’art. 36, comma 4, che - in relazione a particolari situazioni personali, sociali o familiari - sono favoriti nell'utilizzo dell'orario flessibile, anche con forme di flessibilità ulteriori rispetto al regime orario adottato dall’ufficio di appartenenza, compatibilmente con le esigenze di servizio e su loro richiesta, i dipendenti, tra gli altri, che beneficino delle tutele connesse alla maternità o paternità di cui al D.Lgs. n. 151/2001.


Questo farebbe propendere per la possibilità di applicare l’istituto della flessibilità oraria anche ai permessi per allattamento.


Tuttavia, si devono tenere in considerazione alcuni orientamenti ministeriali e amministrativi.


In particolare, il Ministero del Lavoro – Lettera n. 4256/1204/10 del 16 maggio 1988 ha chiarito come la Suprema Corte, con sentenze n. 7800 del 20 dicembre 1986 e n. 3187 del 2 aprile 1987, abbia rilevato che i riposi sono fissati con accordo tra la lavoratrice ed il datore di lavoro, ovvero, in mancanza d’intesa, dall’Ispettorato del Lavoro.
Tali riposi, così determinati, non devono subire spostamenti o soppressioni in relazione ad evenienze particolari che modifichino o riducano la durata dell'orario normale. La Cassazione afferma dunque, in modo incontestabile, il principio secondo cui i riposi sono deputati alla cura del bambino e, pertanto, una volta fissati, determinano fasce orarie rigide che non possono subire modifiche, pena la compromissione dell’equilibrio alimentare del bambino.


Ne consegue che la definizione delle fasce orarie di fruizione dei riposi deve avvenire d’intesa tra la lavoratrice e l’amministrazione e, in mancanza, compete alla Direzione Provinciale del Lavoro (oggi Ispettorato Territoriale).


L’INPS, con Circolare n. 95bis/2006, ha ulteriormente specificato che “ai fini del diritto ai riposi giornalieri di cui trattasi (e al relativo trattamento economico), va preso a riferimento l’orario giornaliero contrattuale normale – quello, cioè, in astratto previsto – e non l’orario effettivamente prestato in concreto nelle singole giornate”.


Dalla normativa e dagli orientamenti richiamati si ricava, quindi, che i riposi giornalieri per allattamento sono un diritto inderogabile e finalizzato alla tutela del minore. Le fasce orarie devono essere definite mediante accordo tra la lavoratrice e l’amministrazione. Una volta stabilite, assumono carattere rigido, non modificabile unilateralmente.


Tuttavia, leggendo l’art. 36, comma 4, CCNL Funzioni Locali, sembrerebbe che la flessibilità oraria sia compatibile con i permessi per allattamento, purché concordata e compatibile con le esigenze di servizio. Infatti, la lavoratrice che beneficia delle tutele di maternità è favorita nell’utilizzo della flessibilità oraria, anche con modalità ulteriori rispetto a quelle normalmente adottate dall’ufficio, salvo comprovate esigenze organizzative contrarie.


Sarebbe un controsenso se l’art. 36, comma 4, CCNL Funzioni Locali imponesse un trattamento di favore per i dipendenti tutelati ai sensi del D.Lgs. 151/2001, riconoscendo loro priorità nell’accesso a modalità flessibili di orario e, poi, queste ultime fossero precluse alla lavoratrice che fruisse dei permessi per allattamento.


Ad ogni modo, dal momento che non vi è una disposizione o un orientamento giurisprudenziale chiarificatore, è fortemente consigliabile concordare preventivamente con l’Ente:
  • le modalità di fruizione dei permessi (in un’unica soluzione in uscita o frazionate);
  • la fascia oraria giornaliera ridotta, definendo in modo chiaro l’orario di ingresso e uscita;
  • la durata del periodo di fruizione;
  • l’eventuale mantenimento della flessibilità oraria, ai sensi dell’art. 36, comma 4, CCNL Funzioni Locali.
La formalizzazione di tale accordo tutela entrambe le parti, evitando:
  • contestazioni in materia di orario e di retribuzione;
  • disallineamenti rispetto al sistema di rilevazione presenze;
  • problematiche legate al riconoscimento del lavoro straordinario.

In caso di mancato accordo, la determinazione delle fasce orarie spetta all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, come stabilito dal Ministero del Lavoro.
A parere di chi scrive, l’accordo formale con l’Ente rappresenta la soluzione più corretta, equilibrata e conforme alle disposizioni contrattuali e di legge.