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Articolo 163 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Divieto della doppia imposizione

Dispositivo dell'art. 163 TUIR

1. La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi.

Massime relative all'art. 163 TUIR

Cass. civ. n. 27625/2018

In tema di controllo delle dichiarazioni, ex art. 37 del d.P.R. n. 600 del 1973, è valido l'accertamento con il quale il fisco imputa al contribuente i redditi che siano formalmente di un soggetto interposto, quando, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, risulti che il contribuente ne sia l'effettivo titolare, senza che si debba distinguere tra interposizione fittizia o reale.

Cass. civ. n. 18712/2018

In tema di imposta sostitutiva sui "capital gains", il contribuente, dopo aver effettuato una prima rivalutazione del bene (nella specie, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell'imposta, può chiedere, se è ancora in possesso di tale bene, ove venga introdotta una disciplina fiscale più favorevole, una nuova determinazione del valore, con diritto - anche nell'assetto antecedente alla vigenza dell'art. 7 del d.l. n. 70 del 2011, conv. in l. n. 106 del 2011 - ad usufruire del rimborso, stante il generale principio del divieto di doppia imposizione, in misura non superiore a quanto dovuto, in base all'ultima rideterminazione del valore effettuata, fino alla concorrenza dei due importi.

Cass. civ. n. 17634/2018

In materia di agevolazioni fiscali, la sospensione degli obblighi tributari prevista dal combinato disposto degli artt. 4 del d.l. n. 245 del 2002, conv., con modif., dalla l. n. 286 del 2002, e 9, comma 2, della l. n. 212 del 2000, è applicabile ai contribuenti colpiti dagli eventi calamitosi delle eruzioni dell'Etna dichiarati con D.P.C.M. 29 ottobre 2002 (e successive proroghe), anche con riferimento all'anno 2001, atteso che il D.M. 17 maggio 2005, benché includa solo la sospensione di cui al D.M. 14 novembre 2002 (e non il precedente D.M. 9 agosto 2001), deve essere oggetto di un'interpretazione costituzionalmente orientata che ne estenda l'applicazione ai versamenti sospesi nel 2001, al fine di evitare discriminazioni tra contribuenti interessati alla medesima calamità naturale, non potendo le diversificazioni di regime tributario, specie per periodi di imposta sospesi per i medesimi motivi, risolversi in un'arbitraria discriminazione.

Cass. civ. n. 31028/2017

La mancata effettuazione della ritenuta d'acconto non elimina l'obbligo gravante sul sostituto di versare la somma corrispondente, fermo il suo diritto di rivalersi, in relazione all'importo corrisposto, nei riguardi del sostituito (cd. rivalsa successiva), sicché, nell'ipotesi in cui l'Erario abbia chiesto il pagamento delle ritenute non operate dal datore di lavoro ai singoli dipendenti mediante la notifica di avvisi di accertamento, poi definitivamente annullati dal giudice tributario oppure in autotutela, la pretesa impositiva nei confronti del sostituto viene meno, in quanto il rapporto tributario è stato già regolato dal sostituito, reale soggetto passivo del tributo, analogamente all'ipotesi in cui quest'ultimo abbia già versato o condonato le ritenute.

Comm. Trib. Reg. Abruzzo Sez. stacc. Pescara n. 740/2017

Il soggetto che ha usufruito nel proprio Paese della Direttiva contro le doppie imposizioni, non può chiedere i benefici derivanti dall’applicazione della Convenzione. L’inciso “soggetta alla legislazione francese applicabile alle società madri” non è interpretabile nel senso che la società francese che non ha pagato le imposte in Francia ha comunque diritto al rimborso del credito di imposta pagata in Italia con la trattenuta, altrimenti non avrebbe senso l’intero sistema per evitare le doppie imposizioni; la Direttiva e la Convenzione vogliono evitare che la società madre sia costretta a pagare
le imposte due volte, quelle sul reddito nel proprio Paese, e subire la trattenuta nel Paese della società figlia, con la conseguenza che, pagate le imposte sul reddito nel proprio Paese, può chiedere il rimborso delle ritenute subite nel Paese di residenza della società erogante il dividendo, salvo la piccola percentuale che costituisce una doppia imposizione prevista e tollerata dal sistema. Se,viceversa, non ha pagato le imposte sul reddito nel proprio Paese, perché ha usufruito della Direttiva, risultando i dividendi percepiti sostanzialmente esenti nel proprio Paese, non può chiedere il rimborso del credito di imposta in Italia. Il solo fatto che i redditi sono stati dichiarati non è sufficiente, in quanto la società ha usufruito in Francia della quasi totale esenzione al riguardo. E’, invece, necessaria la prova dell’effettivo pagamento delle imposte sul reddito in Francia.

Comm. Trib. Prov. Pescara n. 729/2017

Per avere diritto al rimborso dei dividendi versati dalla società “figlia” italiana, ai sensi dell’art. 27-bis d.p.r. n. 600/73, la società straniera non è tenuta a dimostrare di essere l’effettiva beneficiario del rimborso, atteso che né nella normativa nazionale, né in quella internazionale è richiesto tale requisito, anche se la società ne ha dato concretamente prova attraverso l’esibizione del certificato di residenza convenzionale. Nell’ipotesi di dubbio da parte dell’Amministrazione Finanziaria circa il beneficiario effettivo, quest’ultima potrà avviare un contraddittorio con l’Autorità estera per verificare l’autenticità dell’attestazione.

Comm. Trib. Reg. Abruzzo n. 652/2017

Il diritto al credito di imposta, nei rapporti transfrontalieri tra società madre e società figlia, non può derivare dalla mera astratta soggezione della prima all’imposizione sui redditi di impresa nello Stato del Lussemburgo, ma occorre la prova che i dividendi percepiti dalla società distributrice italiana siano stati concretamente sottoposti a tassazione nel Paese estero, intendendosi non la semplice riconducibilità della società ad un determinato regime fiscale, ma il concreto assoggettamento, nel proprio Stato, a uno dei tributi indicati nell’allegato alla direttiva n. 435/90/CEE del
Consiglio del 23 luglio 1990.Tale principio, a più riprese rinvenibile nella giurisprudenza della Suprema Corte (sentt. nn. 4164 e 4165 del 2013; n. 10792 del 2016; n. 4771 del 2017), è alla base del rigetto da parte della Ctr Abruzzo Dell'appello proposto da una società lussemburghese contro la sentenza di primo grado che correttamente aveva escluso il diritto al rimborso per assenza del requisito oggettivo della doppia imposizione. Nel caso di specie l’appellante si è limitata a produrre una generica attestazione da parte dell’autorità fiscale lussemburghese in cui si afferma che la stessa è assoggettata all'imposta sui redditi, senza fornire la prova in concreto rispetto all’assoggettamento degli utili in questione.

Cass. civ. n. 5887/2017

In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il beneficio del credito d'imposta di cui all'art. 8, comma 2, della l. n. 388 del 2000 per i soggetti titolari del reddito d'impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni, materiali e immateriali, nuovi e fiscalmente ammortizzabili, ai sensi degli artt. 103 e 104 (già 67 e 68) del d.P.R. n. 917 del 1986, e di natura strumentale rispetto all'esercizio dell'impresa, in applicazione del criterio del rapporto di inerenza previsto dagli artt. 109 e 164 (già 75 e 121-bis) del d.P.R. n. 917 del 1986, per cui va riconosciuto in caso di acquisto di biancheria avvenuto nell'esercizio di attività di lavanderia industriale, consistente nella pulizia e nel noleggio della stessa a strutture alberghiere e di ristorazione, non potendo, peraltro, escludersi la configurabilità della biancheria quale bene strumentale ammortizzabile in base alla tabella di cui al d.m. 31 dicembre 1988, che, al contrario, espressamente la contempla come tale, sebbene rispetto ad altri gruppi di attività.

Cass. civ. n. 1683/2016

In tema di imposta sostitutiva sui "capital gains", nel caso in cui il contribuente, dopo essersi avvalso, ai sensi dell'art. 5 della l. n. 448 del 2001, della facoltà di determinazione alla data del 1 gennaio 2002 del valore di una partecipazione non negoziata nei mercati non regolamentati, abbia ceduto una quota di tale partecipazione, la rideterminazione del valore della partecipazione alla data del 1 gennaio 2003, come consentito dall'art. 2 del d.l. n. 282 del 2002, è possibile soltanto per la quota rimasta in possesso del contribuente, mentre per la quota ceduta il valore della partecipazione resta irretrattabilmente fissato in misura proporzionale al valore determinato per l'intera partecipazione alla data del 1 gennaio 2002. Ne consegue che, con il meccanismo della "compensazione", introdotto dal d.l. n. 70 del 2011, è possibile scomputare dall'imposta dovuta per la nuova rivalutazione quella già versata per il precedente, mentre per le situazioni anteriori è ammesso il rimborso dell'imposta pagata in passato nei limiti dell'importo dovuto a seguito del nuovo affrancamento. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 09/05/2008)

Cass. civ. n. 21437/2014

In tema di imposte sui redditi, si applica anche a vantaggio del contribuente che invochi il regime nazionale a lui più favorevole il comma 2 bis dell'art. 2 del D.P.R. 27 dicembre 1986 n. 917, che, nel prevedere, per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con d.m., la presunzione di residenza in Italia, affranca dall'onere della prova chi sia interessato a far valere tale fatto e prescrive, invece, espressamente, per la parte che sia interessata a negarlo (nella specie, il fisco), l'onere di fornire la prova contraria per affermare l'inesistenza della residenza stessa. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 25/06/2008).

Cass. pen. n. 1811/2014

Ai fini della integrazione del reato di cui all'art. 5 del D.Lgs. 74 del 2000, l'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di una società commerciale avente sede legale all'estero ma operante in Italia non sussiste quando la sede della direzione effettiva della società non è sita nel territorio italiano atteso anche quanto previsto dalle norme internazionali contro le doppie imposizioni fiscali. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato il sequestro preventivo di un conto corrente di una società avente sede legale ed operativa in Malta da dove, mediante piattaforma informatica, svolgeva in Italia l'attività di concessionario per l'esercizio dei giochi "on line"). (annulla senza rinvio, Trib. lib. Varese, 28/04/2013)

Cass. civ. n. 14019/2012

In tema di recupero di aiuti di Stato, il criterio di determinazione degli interessi su base composta, secondo cui gli interessi maturati l'anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi, previsto dall'art. 11 del Regolamento CE n. 794/2004 della Commissione del 21 aprile 2004, si applica, in luogo di quello a tasso semplice, solo in relazione alle decisioni di recupero notificate successivamente alla data di entrata in vigore del citato atto normativo comunitario, e limitatamente al periodo intercorrente tra la notifica della decisione della Commissione ed il recupero effettivo, in virtù dell'art. 13 del suddetto Regolamento, il quale stabilisce che "gli articoli 9 e 11 si applicano a tutte le decisioni di recupero notificate successivamente alla data di entrata in vigore del presente regolamento". (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Bologna, 07/10/2009)

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