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Articolo 34 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

(D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327)

[Aggiornato al 10/12/2023]

Soggetti aventi titolo all'indennità

Dispositivo dell'art. 34 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

1. L'indennità di esproprio spetta al proprietario del bene da espropriare ovvero all'enfiteuta, se ne sia anche possessore.

2. Dopo la trascrizione del decreto di esproprio o dell'atto di cessione, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere esclusivamente sull'indennità.

3. L'espropriante non è tenuto ad intervenire nelle controversie tra il proprietario e l'enfiteuta e non sopporta aumenti di spesa a causa del riparto tra di loro dell'indennità.

4. Salvo quanto previsto dall'articolo 42, il titolare di un diritto reale o personale sul bene non ha diritto ad una indennità aggiuntiva, può far valere il suo diritto sull'indennità di esproprio e può proporre l'opposizione alla stima, ovvero intervenire nel giudizio promosso dal proprietario.

Massime relative all'art. 34 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

Cons. Stato n. 1136/2009

Nel caso in cui, nel corso del giudizio proposto dai proprietari dell'area irreversibilmente trasformata, la P.A. abbia chiesto di essere condannata al risarcimento del danno, avendo intenzione di emettere un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 34 del T.U. espropriazione - D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il risarcimento si correla alla fattispecie di acquisizione divisata dall'art. 43, D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, rispetto alla quale l'impresa esecutrice delle opere del tutto estranea. In tal caso quindi l'impresa esecutrice non può essere condannata al risarcimento in solido con la P.A. espropriante, restando estranea a quel segmento di esercizio del potere autoritativo dell'Amministrazione, rispetto al quale essa del resto non ha alcun titolo per opporsi. Resta ovviamente ferma la facoltà della P.A. espropriante di rivalersi in sede civile nei confronti dell'impresa esecutrice per le responsabilità a questa attribuibili, sulla base del rapporto contrattuale interno, per il mancato buon esito della originaria procedura ablatoria.

Cass. civ. n. 1730/1999

Nel sistema della legge generale sull'espropriazione di pubblica utilità, la cessione volontaria, siccome regolata da disposizioni di carattere inderogabile e tassativo, ha natura di negozio di diritto pubblico, dotato della funzione propria del decreto di espropriazione di segnare l'acquisto, a titolo originario, in favore della P.A., del bene compreso nel piano d'esecuzione dell'opera pubblica. Da tale equiparazione discende la necessaria conseguenza che, anche nell'ipotesi di acquisto del bene a mezzo di cessione volontaria, trova applicazione la disposizione dell'art. 14 della L. n. 865 del 1971, in virtù della quale, pronunciata l'espropriazione e trascritto il relativo procedimento, tutti i diritti relativi agli immobili espropriati possono essere fatti valere esclusivamente sull'indennità. Sicché, il terzo che pretenda il diritto di proprietà (che, nella specie, si assumeva acquistato per intervenuta usucapione) su tutto o parte del bene già trasferito all'espropriante non può proporre azione di rivendicazione in favore dell'espropriante, ma deve far valere il proprio diritto, nei confronti dell'espropriato, sull'indennità di espropriazione. A tal fine, resta irrilevante la circostanza che, successivamente all'acquisto del bene da parte dell'espropriante, sia divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilità, in quanto a tale sopravvenuta inefficacia non consegue l'automatica espansione del diritto di proprietà compresso in ragione della procedura espropriativa, bensì consegue l'insorgenza, in capo all'espropriato, del diritto soggettivo alla retrocessione, regolato dagli art. 13 e 63 della L. n. 2359 del 1865.

Cass. civ. n. 5609/1998

Con riguardo ad espropriazione per pubblica utilità regolata dalla L. n. 2359 del 1865, l'art. 27, comma 3, della legge medesima (prevedente che il conduttore del fondo espropriato è fatto indenne dal proprietario "o può esperire le sue ragioni nel modo indicato dagli art. 52 e 56"), va inteso nel senso che detto conduttore ha il diritto non solo di pretendere dal proprietario già indennizzato la corresponsione della parte d'indennità a lui spettante (come, peraltro, previsto anche dall'art. 1638 c.c.), ma anche, in alternativa - nel caso in cui ritenga l'indennità determinata in via amministrativa non comprensiva dell'intero ammontare corrispondente a frutti non percepiti, mancato raccolto o eventuali miglioramenti - di agire con opposizione avverso la stima dell'indennità stessa, ovvero di intervenire nell'analogo giudizio promosso dal proprietario espropriato.

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