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Articolo 25 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

(D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327)

[Aggiornato al 10/12/2023]

Effetti dell'espropriazione per i terzi

Dispositivo dell'art. 25 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

1. L'espropriazione del diritto di proprietà comporta l'estinzione automatica di tutti gli altri diritti, reali o personali, gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui l'espropriazione è preordinata.

2. Le azioni reali e personali esperibili sul bene espropriando non incidono sul procedimento espropriativo e sugli effetti del decreto di esproprio.

3. Dopo la trascrizione del decreto di esproprio, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere unicamente sull'indennità.

4. A seguito dell'esecuzione del decreto di esproprio, il Prefetto convoca tempestivamente, e comunque non oltre dieci giorni dalla richiesta, il soggetto proponente e i soggetti gestori di servizi pubblici titolari del potere di autorizzazione e di concessione di attraversamento, per la definizione degli spostamenti concernenti i servizi interferenti e delle relative modalità tecniche. Il soggetto proponente, qualora i lavori di modifica non siano stati avviati entro sessanta giorni, può provvedervi direttamente, attenendosi alle modalità tecniche eventualmente definite ai sensi del presente comma.

Massime relative all'art. 25 Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità

Cass. civ. n. 21591/2017

In tema di esecuzione forzata immobiliare, la sopravvenienza, nelle more del procedimento esecutivo, di un decreto di espropriazione per pubblica utilità sul bene che ne forma oggetto, determina, ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. n. 327 del 2001, l'estinzione del processo, che va dichiarata anche d'ufficio da parte del giudice dell'esecuzione, in ragione della natura imperativa della richiamata disposizione e dell'interesse pubblicistico sotteso alla procedura espropriativa.

Cass. civ. n. 8721/2000

n tema di espropriazione, il deposito dell'indennità (di cui all'art. 49 della L. n. 2359 del 1865) è imposto non soltanto nell'interesse dei proprietari espropriati, ma anche dei terzi che vantino eventuali diritti sul fondo oggetto del provvedimento ablativo, come confermato dalle disposizioni in tema di pagamento diretto dell'indennità stessa (in caso di accettazione), che può disporsi, ex art. 30 della L. n. 2359 del 1865 (come modificato dall'art. 1 della L. n. 391 del 1968) soltanto se l'avente diritto abbia assunto ogni responsabilità in ordine ad eventuali diritti reali di terzi, previa prestazione, all'occorrenza, di idonea garanzia nel termine all'uopo stabilito.

Cass. civ. n. 1730/1999

Nel sistema della legge generale sull'espropriazione di pubblica utilità, la cessione volontaria, siccome regolata da disposizioni di carattere inderogabile e tassativo, ha natura di negozio di diritto pubblico, dotato della funzione propria del decreto di espropriazione di segnare l'acquisto, a titolo originario, in favore della P.A., del bene compreso nel piano d'esecuzione dell'opera pubblica. Da tale equiparazione discende la necessaria conseguenza che, anche nell'ipotesi di acquisto del bene a mezzo di cessione volontaria, trova applicazione la disposizione dell'art. 14 della L. n. 865 del 1971, in virtù della quale, pronunciata l'espropriazione e trascritto il relativo procedimento, tutti i diritti relativi agli immobili espropriati possono essere fatti valere esclusivamente sull'indennità. Sicché, il terzo che pretenda il diritto di proprietà (che, nella specie, si assumeva acquistato per intervenuta usucapione) su tutto o parte del bene già trasferito all'espropriante non può proporre azione di rivendicazione in favore dell'espropriante, ma deve far valere il proprio diritto, nei confronti dell'espropriato, sull'indennità di espropriazione. A tal fine, resta irrilevante la circostanza che, successivamente all'acquisto del bene da parte dell'espropriante, sia divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilità, in quanto a tale sopravvenuta inefficacia non consegue l'automatica espansione del diritto di proprietà compresso in ragione della procedura espropriativa, bensì consegue l'insorgenza, in capo all'espropriato, del diritto soggettivo alla retrocessione, regolato dagli art. 13 e 63 della L. n. 2359 del 1865.

Cass. civ. n. 5609/1998

Con riguardo ad espropriazione per pubblica utilità regolata dalla L. n. 2359 del 1865, l'art. 27, comma 3, della legge medesima (prevedente che il conduttore del fondo espropriato è fatto indenne dal proprietario "o può esperire le sue ragioni nel modo indicato dagli art. 52 e 56"), va inteso nel senso che detto conduttore ha il diritto non solo di pretendere dal proprietario già indennizzato la corresponsione della parte d'indennità a lui spettante (come, peraltro, previsto anche dall'art. 1638 c.c.), ma anche, in alternativa - nel caso in cui ritenga l'indennità determinata in via amministrativa non comprensiva dell'intero ammontare corrispondente a frutti non percepiti, mancato raccolto o eventuali miglioramenti - di agire con opposizione avverso la stima dell'indennità stessa, ovvero di intervenire nell'analogo giudizio promosso dal proprietario espropriato.

Cass. civ. n. 4320/1998

L'illecita appropriazione acquisitiva di un terreno concesso in enfiteusi produce i medesimi effetti del «perimento del fondo» previsto dall'art. 963 c.c., con lesione del diritto sia del concedente che dell'enfiteuta, sicché il relativo risarcimento va liquidato in favore di ciascuno, in relazione al valore dei rispettivi diritti.

Cons. Stato n. 147/1998

Tutti i diritti reali regolarmente costituiti sul bene espropriato, opponibili ai terzi in quanto trascritti, si trasferiscono sull'indennità di esproprio, mentre i diritti obbligatori, quali la locazione, si estinguono a causa della diversa destinazione dell'immobile, senza alcun diritto all'indennità per i titolari, che potranno eventualmente far valere le loro ragioni nei confronti del proprietario espropriato.

Cass. civ. n. 8978/1993

Il principio desumibile dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1022 del 1988, secondo cui nel caso di espropriazione di suolo edificatorio l'indennità per il coltivatore, di cui all'art. 17 della L. n. 865 del 1971, deve essere detratta da quella prevista per il proprietario, comporta che, in siffatta ipotesi, l'indennità complessivamente dovuta al proprietario e al colono non può essere superiore a quella corrispondente al valore venale dell'immobile, ma non importa il diritto del colono di pretendere l'indennità dal proprietario (come era previsto nel regime di cui all'art. 27 della L. n. 2359 del 1865), né la subordinazione del diritto del colono all'avvenuta restituzione da parte del proprietario all'espropriante di quella parte dell'importo dovuta al colono. Ne consegue che, nel giudizio instaurato dal colono contro l'espropriante per la determinazione dell'indennità colonica, non è necessaria la partecipazione del proprietario, stante il diritto del colono di ottenere direttamente dall'espropriante l'importo della indennità dovutagli, restando a quest'ultimo, sempre che ne abbia interesse, di agire nei confronti del proprietario per recuperare la maggior somma che gli abbia corrisposto o sull'erroneo presupposto dell'assenza di mezzadri e coloni, o per la omessa detrazione dell'importo della indennità colonica.

Cass. civ. n. 3297/1990

In caso di mancato accordo degli interessati sul modo di distribuire l'indennità di espropriazione (art. 56 L. 25 giugno 1865 n. 2359), l'opposizione al suo pagamento in favore del proprietario espropriato da parte del terzo che vanta diritti sulla stessa introduce una controversia su diritti soggettivi, ponendosi il diritto fatto valere dall'opponente in contrapposizione con quelli del proprietario e degli altri eventuali interessati. Pertanto, in mancanza di disposizioni specifiche che ne disciplinino le modalità e le forme, detta opposizione, va proposta nella forma originaria della citazione, senza che sia possibile la conversione del ricorso in citazione, ove manchi la convocazione a comparire ad un'udienza fissa specificamente indicata, e così, ancorché ne venga effettuata la notificazione alla controparte, l'idoneità a raggiungere lo scopo dell'instaurazione di un compiuto rapporto processuale.

Corte cost. n. 126/1988

Il diritto del conduttore al compenso per la perdita dell'avviamento cagionata da espropriazione per p.u. di immobile adibito ad attività commerciale o artigiana non determina una decurtazione della indennità spettante al proprietario e può essere soddisfatto se e nella misura in cui il valore dell'avviamento può essere calcolato come posta aggiuntiva dell'indennità di espropriazione.

Cass. civ. n. 2616/1985

Per il caso di espropriazione di fondo rustico concesso in affitto, l'indennità aggiuntiva, riconosciuta in favore dell'affittuario dall'art. 17 della L. 22 ottobre 1971 n. 865, è rivolta a compensarlo del sacrificio derivante dalla definitiva perdita della sua attività di lavoro e di guadagno, e resta conseguentemente cumulabile, stante la diversità di funzione, con la porzione dell'indennità di espropriazione che l'affittuario medesimo, secondo le disposizioni degli art. 27 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 e 1638 c.c., abbia diritto di ricevere a compenso della perdita dei frutti o del mancato raccolto.

Cass. civ. n. 4270/1983

In tema d'espropriazione per pubblica utilità, l'affittuario del fondo espropriato ha non solo il diritto di pretendere dal proprietario già indennizzato la corresponsione della parte d'indennità che gli spetta, ma anche quello di agire con azione di opposizione alla stima contro l'espropriante - che è pertanto passivamente legittimato - nel caso in cui ritenga che l'indennità determinata in sede amministrativa non comprenda anche l'intero ammontare corrispondente ai frutti non percepiti o al mancato raccolto o, eventualmente, ai miglioramenti apportati al fondo. Tale suo autonomo diritto l'affittuario può fare valere nei confronti dell'espropriante anche intervenendo nel giudizio di opposizione alla stima proposto dal proprietario espropriato, pure se a tale giudizio lo stesso intervenga non per chiedere che l'ente espropriante sia condannato a pagargli alcunché, ma solo per chiedere che nell'indennità da attribuirsi al proprietario venga ricompresa anche la somma che quest'ultimo dovrà corrispondergli. Il principio dell'unicità dell'indennità, infatti, se produce l'effetto che il giudice dell'opposizione alla stima non può attribuire direttamente all'affittuario la parte di indennità che gli spetta, non esclude da una parte la sua legittimazione ad agire o ad intervenire atteso il suo interesse a che la parte di indennità spettantegli sia predeterminata anche per prevenire eventuali controversie col proprietario, dall'altra la legittimazione passiva dell'espropriante, anche se la sua responsabilità verso l'affittuario troverà esplicazione solo nell'adempimento dell'obbligo di depositare a favore del proprietario pure la somma destinata a soddisfare le ragioni dell'affittuario.

Cass. civ. n. 4364/1982

In ipotesi di espropriazione di fondo gravato da usufrutto, regolata, per la determinazione della relativa indennità, dalla L. 25 giugno 1865 n. 2359, qualora solo l'usufruttuario abbia agito in giudizio di opposizione alla stima, e non anche il nudo proprietario, nei confronti di costui va ordinata l'integrazione del contraddittorio, sussistendo tra i suddetti litisconsorzio necessario ai sensi del combinato disposto degli art. 27 e 52 della citata L. n. 2359 del 1865 e 1000 c.c., atteso che l'indennità espropriativa deve essere liquidata esclusivamente nei confronti del proprietario del fondo soggetto ad espropriazione, mentre il diritto di usufrutto, una volta emesso il provvedimento ablatorio, si trasferisce sull'indennità, con la necessità, ai fini della riscossione della somma rappresentativa della stessa, del concorso del titolare del credito e dell'usufruttuario.

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