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Articolo 133 Testo unico bancario

(D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Abuso di denominazione

Dispositivo dell'art. 133 Testo unico bancario

1. L'uso, nella denominazione o in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, delle parole "banca", "banco", "credito", "risparmio" ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell'attività bancaria è vietato a soggetti diversi dalle banche.

1-bis. L'uso, nella denominazione o in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, dell'espressione "moneta elettronica" ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell'attività di emissione di moneta elettronica è vietato a soggetti diversi dagli istituti di moneta elettronica e dalle banche.

1-ter. L'uso, nella denominazione o in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, dell'espressione "istituto di pagamento" ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell'attività di prestazione di servizi di pagamento è vietato a soggetti diversi dagli istituti di pagamento.

1-quater. L'uso, nella denominazione o in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della parola "finanziaria" ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno sulla legittimazione allo svolgimento dell'attività finanziaria loro riservata è vietato ai soggetti diversi dagli intermediari finanziari di cui all'articolo 106.

2. La Banca d'Italia determina in via generale le ipotesi in cui, per l'esistenza di controlli amministrativi o in base a elementi di fatto, le parole o le locuzioni indicate nei commi 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater possono essere utilizzate da soggetti diversi dalle banche, dagli istituti di moneta elettronica, dagli istituti di pagamento e dagli intermediari finanziari.

3. Chiunque contravviene al disposto dei commi 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 5 milioni di euro. Se la violazione è commessa da una società o un ente, è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000 fino al 10 per cento del fatturato. Le stesse sanzioni si applicano a chi, attraverso informazioni e comunicazioni in qualsiasi forma, induce in altri il falso convincimento di essere sottoposto alla vigilanza della Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 108 o di essere abilitato all'esercizio delle attività di cui all'articolo 111.

3-bis. Si applica l'articolo 144, comma 9.

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