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Ordinamento penitenziario -

La tutela dei diritti del detenuto

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2015
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Napoli - Federico II
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente lavoro ha come intento quello di analizzare l'evoluzione storica della tutela dei diritti del detenuto, ponendo inizialmente, l'attenzione sui principi fondanti del nostro ordinamento. Da un'analisi storica si può notare che prima dell'entrata in vigore della Costituzione, la pena era considerata come una punizione esemplare da infliggere al condannato che aveva violato le regole della società civile e, per questo, aveva meritato l'esclusione, con la conseguente emarginazione, dalla società stessa. Il detenuto, in queste condizioni, aveva ben poche possibilità di far valere i propri diritti all'interno dell'istituto carcerario e, quindi, di tutelarsi contro eventuali violazioni dell'autorità penitenziaria. Solo con l'entrata in vigore della Carta Costituzionale, la situazione è radicalmente cambiata. In primis, la pena non è più vista come una punizione, ma, anzi, è volta alla rieducazione del condannato, favorendo il suo ritorno nella società civile. Seguendo questa “nuova” impostazione, la giurisprudenza ha affermato (e più volte ribadito) che il detenuto è, innanzitutto, un cittadino e, in quanto tale, devono essere assicurati e tutelati i suoi diritti, ovviamente tenendo conto che la condizione di “ristretto”, di per sé, ne limita l'ordinaria estensione. Nonostante il dettato costituzionale, l'originario assetto legislativo prevedeva ben pochi strumenti per la tutela dei diritti del detenuto. Infatti, oltre alla possibilità di proporre reclami specifici per specifiche situazioni, l'unica forma di tutela generica, prevista dalla legge di ordinamento penitenziario, era quella del reclamo ex art. 35. Tale reclamo, inoltre, non si presentava (e non si presenta) come un rimedio giurisdizionale, in quanto si conclude con una mera segnalazione fatta all'amministrazione penitenziaria, non vincolante e con natura prettamente amministrativa. Nonostante ciò, inizialmente la mancata previsione di un rimedio giurisdizionale non destava numerose preoccupazioni. La realtà carceraria ha assistito, dalla metà del secolo scorso, ad un aumento vertiginoso del numero dei detenuti, che negli ultimi decenni è divenuto, addirittura, di gran lunga maggiore rispetto al numero dei posti disponibili negli istituti. Così, i detenuti si trovavano a scontare la pena negli istituti in condizioni inumane e definite dalla Corte di Strasburgo contrarie all'art. 3 CEDU. Questa situazione di emergenza ha reso necessario l'intervento del legislatore, che solo dopo varie ammonizioni da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ha introdotto, con i cd. “decreti svuotacarceri”, rimedi giurisdizionali (sia preventivi che compensativi) volti alla salvaguardia dei diritti del detenuto contro le violazioni dell'amministrazione penitenziaria.

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