Cassazione civile Sez. III sentenza n. 2134 del 25 febbraio 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

È configurabile un danno biologico risarcibile per gli stretti congiunti della persona deceduta per effetto di illecita condotta altrui, allorché, le sofferenze causate a costoro da detta perdita abbiano determinato una lesione della integrità psico-fisica degli stessi. (Nella fattispecie, la S.C. ha giudicato motivata in modo insufficiente la decisione con la quale la corte di merito, a conferma della sentenza di primo grado, aveva escluso la risarcibilità della documentazione prodotta dall'istante a sostegno della richiesta — consistente in sette certificati medici, rilasciati da sanitari di strutture pubbliche, che riferivano di uno stato patologico dell'interessata, e nel documento attestante la rinuncia della stessa alla propria attività lavorativa — senza precisare le ragioni della ritenuta inidoneità dei predetti documenti ad attestare la dedotta menomazione della integrità psicofisica).

(massima n. 2)

Gli artt. 2043 e 1223 e ss. c.c., nella parte in cui non consentono il risarcimento del danno biologico iure successionis nella ipotesi in cui l'evento morte del de cuius, causato dalla condotta illecita altrui, sia contestuale, o di poco susseguente alle lesioni, come, invece, viene ammesso quando la vittima delle stesse sia rimasta in vita per un tempo apprezzabile, manifestamente non si pongono in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Infatti, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 372 del 1994), per un verso, vita e salute sono beni giuridici diversi, oggetto di diritti distinti; per l'altro, in caso di morte immediata, l'esistenza di un diritto al risarcimento del danno in capo al de cuius, trasmissibile iure successionis è da escludere per un duplice ordine di motivi, uno dei quali attinente alla situazione giuridica soggettiva, non essendo più in vita la persona offesa, e l'altro correlato alla circostanza che la liquidazione del danno non può riferirsi se non a perdite.

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