Cassazione civile Sez. III sentenza n. 2460 del 4 febbraio 2020

(2 massime)

(massima n. 1)

Nel caso in cui il genitore agisca in giudizio in rappresentanza del figlio minore in difetto di autorizzazione ex art. 320 c.c., l'eccezione di carenza di legittimazione processuale sollevata dalla controparte è infondata se l'autorizzazione viene prodotta, sia pure successivamente alla scadenza dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., ovvero se il figlio, diventato maggiorenne, si costituisce nel giudizio (nella specie, di appello), così ratificando l'attività processuale del rappresentante legale, operando in entrambe le ipotesi la sanatoria retroattiva del vizio di rappresentanza ai sensi dell'art. 182 c.p.c.

(massima n. 2)

L'art. 1443 c.c., secondo cui, qualora il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all'altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio (incombendo al solvens l'onere di provare l'eventuale vantaggio ricevuto dall'incapace e la relativa misura), si applica anche nel caso in cui il contratto, anziché essere stato stipulato personalmente dall'incapace, sia stato stipulato in suo nome da chi lo rappresentava senza la prescritta autorizzazione.

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