Corte costituzionale sentenza n. 259 del 20 novembre 2014

(3 massime)

(massima n. 1)

Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la q.l.c. dell'art. 11, commi 1 e 2, L. Reg. Veneto 29 novembre 2013 n. 32, censurato, in riferimento all'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., nella parte in cui consentirebbe, in relazione alle modifiche aventi ad oggetto beni immobili sottoposti a vincoli ai sensi D.L. 22 gennaio 2004 n. 42, interventi di ristrutturazione edilizia che non rispettino il limite della sagoma dell'edificio preesistente, in violazione della potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del principio fondamentale di governo del territorio contenuto nell'art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. Il testo attuale dell'art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 380 del 2001, come risultante dalle modifiche apportate dall'art. 30 D.L. n. 69 del 2013, oltre ad aver eliminato il riferimento all'obbligo di rispetto della sagoma nella definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, ha mantenuto fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi D.L. 22 gennaio 2004 n. 42, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente. Il silenzio della L. Reg. impugnata sul punto non può che essere interpretato nel senso della vigenza della disposizione statale citata e, quindi, nei senso che la disposizione statale in materia di obbligo di rispetto della sagoma preesistente nelle ristrutturazioni aventi ad oggetto beni culturali vincolati è necessariamente operativa anche nell'ambito regionale (sent. n. 29, 153 del 2006, 271 del 2009, 18 del 2013).

(massima n. 2)

Non è fondata la q.l.c. dell'art. 11, commi 1 e 2, L. Reg. Veneto 29 novembre 2013 n. 32, censurato, in riferimento all'art. 117, comma 3, Cost., nella parte in cui consente, in relazione alle modifiche aventi ad oggetto beni immobili sottoposti a vincoli ai sensi D.L. 22 gennaio 2004 n. 42, interventi di ristrutturazione edilizia che non rispettino il limite della sagoma dell'edificio preesistente, con conseguente asserita violazione della potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del principio fondamentale di governo del territorio contenuto nell'art. 3, comma 1, lett. d), D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. A seguito del recente intervento legislativo di cui all'art. 30 D.L. 21 giugno 2013 n. 69, conv., con modificazioni, in L. 9 agosto 2013 n. 98, che ha apportato una serie di modifiche al D.P.R. n. 380 del 2001, la normativa statale non contiene più, in relazione alla definizione della ristrutturazione edilizia, l'obbligo di rispetto della sagoma precedente, ma solo quello di rispetto del volume. In considerazione del riparto di competenze in materia di governo del territorio, la modifica della norma statale contenente il principio fondamentale, fa sì che le disposizioni della L. Reg. censurata si presentino piuttosto come l'attuazione, anziché la violazione, della normativa statale di riferimento (sent. n. 303 del 2003, 309 del 2011, 102, 139 del 2013).

(massima n. 3)

È inammissibile, per evidenti carenze della motivazione del ricorso, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, comma 1, e 10, comma 6, della legge della Regione Veneto 29 novembre 2013, n. 32, impugnato, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lett. s), e terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri nella parte in cui consentono gli interventi di demolizione e ricostruzione anche in violazione delle prescrizioni più restrittive contenute negli atti di pianificazione di bacino le quali, ai sensi dell'art. 65, commi 4, 5 e 6, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, hanno carattere vincolante e sono sopraordinate ai piani territoriali ed ai programmi regionali. Il ricorrente, infatti, ha prospettato, in riferimento alla questione in esame, censure poco chiare e non sufficientemente motivate; in particolare, non è chiaro, alla luce della stringata motivazione a supporto del ricorso, in quali termini la possibilità di demolire edifici ricadenti nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica e di ricostruirli in zona territoriale omogenea propria, non dichiarata di pericolosità idraulica o idrogeologica, possa ledere le previsioni contenute nei piani di bacino di cui agli artt. 64 e 65 del D.Lgs. n. 152 del 2006. - Sull'affermazione in base alla quale il ricorso in via principale deve identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi e contenere una argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale della legge, v., ex plurimis, le sentenze nn. 36/2014, 41/2013, 40/2007, 139/2006, 450/2005, 360/2005, 213/2003 e 384/1999. - Sull'esigenza di una adeguata motivazione a supporto della impugnativa in termini più pregnanti nei giudizi diretti rispetto a quelli incidentali, v. le citate sentenze nn. 139/2006 e 450/2005.

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