(massima n. 5)
            In  materia  di  espropriazione  per pubblica  utilità,  la necessità di interpretare il diritto interno in conformità con il principio  enunciato  dalla  Corte  europea  dei  diritti dell'uomo, secondo cui l'espropriazione deve sempre avvenire  in  "buona  e  debita  forma",  comporta  che l'illecito  spossessamento  del  privato  da  parte  della P.A.  e  l'irreversibile  trasformazione  del  suo  terreno per  la  costruzione  di  un'opera  pubblica  non  danno luogo,  anche  quando  vi  sia  stata  dichiarazione  di pubblica  utilità,  all'acquisto  dell'area  da  parte dell'Amministrazione, sicché  il  privato  ha  diritto  a chiederne  la  restituzione,  salvo  che  non  decida  di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno per equivalente. (Cassa con rinvio, App. Reggio Calabria, 21 febbraio 2007). L'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della P.A., allorché il decreto  di  esproprio  non  sia  stato  emesso  o  sia  stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo  ad  una  pretesa  risarcitoria  avente  sempre  ad oggetto i danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per  equivalente  che  egli  può  esperire,  in alternativa, abdicando  alla  proprietà  del  bene  stesso.  Ne  consegue che  la  prescrizione  quinquennale  del  diritto  al risarcimento  dei  danni  decorre  dalle  singole  annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente. (Cassa con rinvio, App. Reggio Calabria, 21 febbraio 2007).