Consiglio di Stato Sez. Ad. Plen. sentenza n. 3 del 2 dicembre 2010

(9 massime)

(massima n. 1)

L'art. 37 c.p.a., nella parte in cui stabilisce che la rimessione in termini per errore scusabile può essere disposta solo in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, è norma di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone, lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti richiamato dall'art. 2, comma 1, dello stesso Codice, sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale.

(massima n. 2)

La condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata, in aggiunta al pagamento delle spese del giudizio, prevista dagli artt. 26 c.p.a e 96 c.p.c. per l'ipotesi che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, postula la totale soccombenza della parte nei cui confronti sia stata proposta l'istanza risarcitoria, con la conseguenza che il suo accoglimento deve intendersi precluso qualora vi sia stata una soccombenza reciproca delle parti, trattandosi di circostanza di per sé idonea ad escludere la mala fede o la colpa grave nell'aver agito o resistito in giudizio.

(massima n. 3)

In base all'art. 73 c.p.a. il giudice amministrativo, prima di decidere una questione rilevata d'ufficio, deve indicarla alle parti.

(massima n. 4)

In base all'art. 43 R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ora abrogato dall'art. 4, comma 1, n. 2, D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, all. 4, ma applicabile alla fattispecie, nel caso sia stata proposta querela di falso, la parte che ha dedotto la falsità deve depositare nella segreteria del giudice copia della sentenza che definisce il relativo giudizio entro trenta giorni (termine che per i giudizi elettorali è dimezzato dall'art. 83/12 D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ora abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. b, D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, all. 4, ma applicabile alla fattispecie) dalla sua pubblicazione, a pena, se si tratta della parte ricorrente, di decadenza del ricorso.

(massima n. 5)

In tema di prosecuzione del giudizio sospeso per la proposizione della querela di falso, la natura indubbiamente innovativa dell'art. 78 del c.p.a., secondo cui, definito il giudizio di falso, se nessuna parte deposita copia della sentenza nel termine di 90 giorni dal suo passaggio in giudicato il ricorso è dichiarato estinto, indirettamente conferma come, in assenza di dato positivo espresso, non vi fossero in pregresso spazi per una interpretazione dell'art. 43 del R.D. n. 642/1907 diversa da quella resa evidente dalla lettera della norma, la quale stabilisce che la parte che ha dedotto la falsità deve, entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza, depositarne copia nella segreteria sotto pena, se è ricorrente, di decadenza del ricorso.

(massima n. 6)

In materia di giudizio elettorale, alla giurisdizione ordinaria spetta soltanto la cognizione delle liti concernenti le ineleggibilità, le decadenze e le incompatibilità dei candidati, ossia le questioni che investono diritti soggettivi perfetti; sono, invece, affidate alla giurisdizione amministrativa tutte le questioni inerenti il vaglio di legittimità delle operazioni elettorali, nell'ambito delle quali sono ricomprese anche le deliberazioni dei competenti uffici in ordine all'ammissione o alla ricusazione di liste e candidati.

(massima n. 7)

Il mutato quadro normativo del processo amministrativo non impone, in sede di appello su controversia elettorale, la lettura del dispositivo; tale onere nel processo di appello è prescritto soltanto in poche specifiche ipotesi, come nel caso dei riti speciali di cui agli artt. 119 e 120 ss. c.p.a., in cui è previsto che la redazione del dispositivo, da effettuare entro sette giorni dalla decisione della causa, possa essere richiesta dalla parte interessata, a norma del comma 5 dell'art. 119 c.p.a. (da intendersi richiamato in parte dal successivo comma 3 dell'art. 120).

(massima n. 8)

In base all'art. 131, 2° comma, cod. proc. amm. - D.Lgs. n. 104/2010, che rinvia alle norme che regolano il giudizio d'appello al Consiglio di Stato, nel giudizio d'appello relativo a ricorsi in materia di operazioni elettorali di comuni, province e regioni il giudice non è tenuto a dare lettura del dispositivo in aula.

(massima n. 9)

L'attuale art. 131 del Codice del processo amministrativo, che disciplina l'appello in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province e regioni, al comma 2, stabilisce che il secondo grado del rito elettorale è regolato dalle stesse norme sul processo di appello innanzi al Consiglio di Stato, con l'unica differenza del dimezzamento di tutti i relativi termini. Da ciò discende che il mutato quadro normativo non impone, in sede di appello su controversia elettorale, la lettura del dispositivo in aula.

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