Cassazione civile Sez. II sentenza n. 2453 del 28 giugno 1976

(5 massime)

(massima n. 1)

I beni che i coeredi non donatari possono prelevare dalla massa ereditaria, a seguito della collazione per imputazione effettuata dai coeredi donatari, devono essere stimati per il valore che avevano al tempo dell'apertura della successione - e non già al momento della divisione - perché quei prelevamenti, pur costituendo una delle fasi in cui si attua la divisione, non si identificano con le operazioni divisionali vere e proprie, avendo - al pari della collazione - il prevalente scopo di assicurare la parità di trattamento fra coeredi donatari e coeredi non donatari.

(massima n. 2)

Il coerede che ha goduto di un immobile del de cuius prima ancora di riceverlo in donazione, ha diritto, nella collazione per imputazione delle rendite relative, alla detrazione — dal valore imputabile — di quanto corrispondentemente da lui sborsato per tributi e spese di manutenzione.

(massima n. 3)

Il coerede tenuto a restituire alla massa i frutti di immobili ereditari da esso goduti non deve anche corrispondere gli interessi sulle somme relative, in quanto i frutti percetti non sono normalmente idonei, salvo che in caso di tesaurizzazione, a fungere da beni capitali suscettibili, a loro volta, di produrre altri frutti naturali o civili.

(massima n. 4)

La collazione ereditaria, quale che ne sia il fondamento, rappresenta, in entrambe le forme in cui è prevista dalla legge (in natura o per imputazione), un mezzo giuridico preordinato alla formazione della massa ereditaria da dividere, in guisa che, nei reciproci rapporti tra determinati coeredi, siano assicurati, in senso relativo, l'equilibrio e la parità di trattamento, al fine che non venga alterato il rapporto di valore fra le varie quote e sia garantito a ciascuno degli eredi stessi la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla propria quota. La differenza tra i due modi di collazione consiste in ciò che, mentre quella in natura consta di un'unica operazione, che implica un effettivo incremento dei beni in comunione che devono essere divisi, la collazione per imputazione ne postula due, l'addebito del valore dei beni donati, a carico della quota dell'erede donatario, ed il contemporaneo prelevamento di una corrispondente quantità di
beni da parte degli eredi non donatari, cosicché soltanto nella collazione per imputazione, non in quella in natura, i beni rimangono sempre in proprietà del coerede donatario, che li trattiene in virtù della donazione ricevuta e deve versare alla massa solo l'equivalente pecuniario, il che di norma avviene soltanto idealmente.

(massima n. 5)

Nella collazione - per imputazione - di un bene immobile devono essere imputati, insieme col valore di stima del bene al momento dell'apertura della successione, gli interessi legali rapportati a tale valore e decorrenti dall'accennato momento (anziché le rendite dell'immobile nel corrispondente periodo).

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