Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 11526 del 24 luglio 2003

(4 massime)

(massima n. 1)

Nella ipotesi di difetto di elezione di domicilio in Roma, la comunicazione dell'avviso di udienza al difensore, ai sensi dell'art. 377 c.p.c., va effettuata e si perfeziona con il deposito dell'avviso stesso presso la cancelleria della Corte di cassazione, così realizzandosi compiutamente il diritto di difesa della parte, mentre l'invio di copia dell'avviso stesso al difensore, ai sensi dell'art. 135 disp. att. c.p.c., come sostituito dall'art. 4 della legge 7 febbraio 1979, n. 59, svolge una funzione meramente informativa.

(massima n. 2)

Il soggetto convenuto dinanzi al giudice italiano e rimasto contumace è legittimato a proporre regolamento preventivo per sentir negare la giurisdizione di detto giudice, prescindendo la legittimazione al regolamento dalla costituzione dell'istanza nel giudizio di merito e profilandosi, al riguardo, del tutto irrilevante l'eventuale nullità della notificazione dell'atto di citazione, nei cui confronti il ricorso per regolamento spiega, peraltro, effetti sananti.

(massima n. 3)

L'art. 5, n. 2, seconda parte, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 — ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804 —, come sostituito dall'art. 5 della Convenzione di Lussemburgo del 9 ottobre 1978 — ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 29 novembre 1980, n. 967 —, il quale, qualora si tratti di una «domanda accessoria ad un'azione di stato delle persone», fissa, in deroga al criterio generale del domicilio del convenuto, la competenza complementare e suppletiva del «giudice competente a conoscerne, secondo la legge nazionale», non è applicabile nel caso di domanda di revisione delle disposizioni contenute nella sentenza di divorzio (ex art. 9 della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 13 della legge n. 74 del 1987), atteso che l'autonomia riconosciuta dal nostro ordinamento a tale domanda di revisione rispetto al precedente giudizio di separazione o di divorzio non consente la sua qualificazione come domanda accessoria ad un'azione di stato delle persone.

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(massima n. 4)

L'art. 6, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 — ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804 —, secondo il quale, in caso di pluralità di convenuti, il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato davanti al giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi, ha riguardo all'ipotesi del cumulo soggettivo di cui all'art. 33 c.p.c. e soccorre (come ha chiarito la Corte di giustizia nella sentenza 27 settembre 1988, in causa C-189/87) se le varie domande promosse da uno stesso attore nei confronti di più convenuti hanno tra loro un vincolo di connessione tale da rendere opportuna un'unica trattazione e decisione, onde evitare soluzioni che potrebbero essere tra loro incompatibili se le cause fossero decise separatamente. Pertanto, sussiste la giurisdizione del giudice italiano nel caso di domanda di revisione delle disposizioni contenute nella sentenza di divorzio — ex art. 9 della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 13 della legge n. 74 del 1987 —, con riferimento all'obbligo di mantenimento per il figlio maggiorenne, proposta nei confronti sia dell'ex coniuge che del figlio, soltanto uno dei quali domiciliato in Italia.

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