Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3797 del 16 aprile 1999

(2 massime)

(massima n. 1)

La cessione del credito a scopo di garanzia comporta il medesimo effetto (tipico della cessione ordinaria) immediatamente traslativo del diritto al cessionario, e ciò tanto nella ipotesi di cessio pro solvendo che di cessio pro soluto. L'esclusione di tale effetto può legittimamente predicarsi nel solo caso in cui, dalle clausole del negozio di cessione a scopo di garanzia, sia desumibile una inequivoca volontà negoziale delle parti nel senso che il creditore cedente, non volendo privarsi della titolarità del credito, abbia inteso soltanto realizzare degli effetti minori, quale la mera legittimazione del cessionario alla riscossione del credito.

(massima n. 2)

Nella cessione di credito, il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all'originario creditore. Tuttavia, se, dopo la cessione, intervengono fatti incidenti sulla entità, esigibilità o estinzione del credito, la loro efficacia deve essere considerata in relazione alla nuova situazione soggettiva che stabilitasi in dipendenza del già perfezionato trasferimento del diritto, con la conseguenza che, perfezionatasi la cessione col semplice consenso, la risoluzione consensuale del contratto da cui traeva origine il credito ceduto, convenuta fra l'originario creditore cedente ed il debitore ceduto, non è opponibile al cessionario in quanto, una volta realizzato il trasferimento del diritto, il cedente perde la disponibilità di esso e non può validamente negoziarlo, recedendo dal contratto, mentre il debitore ceduto, a conoscenza della cessione, non può ignorare tale circostanza.

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