Cassazione civile Sez. II sentenza n. 12242 del 6 giugno 2011

(4 massime)

(massima n. 1)

L'erede, continuando la personalità del "de cuius", diviene parte del contratto concluso dallo stesso, per cui egli resta vincolato al contenuto del contratto medesimo, ancorché questo non sia stato trascritto. Pertanto, l'opponibilità dell'acquisto di un immobile nei confronti dell'erede del venditore si sottrae, oltre che alle regole dell'art. 2704 c.c. in tema di certezza della data della scrittura privata, anche alle disposizioni dell'art. 2644 c.c., circa gli effetti della trascrizione nel rapporto con l'altro acquirente del bene, per cui la trascrizione dell'acquisto "mortis causa" operato dall'erede, ai sensi dell'art. 2648 c.c., prima della trascrizione dell'atto di disposizione compiuto in vita dal "de cuius", vale soltanto agli effetti della continuità delle trascrizioni. Conseguentemente, l'erede non può eccepire l'anteriorità della trascrizione del suo acquisto, al fine di rendere a lui inopponibile l'atto di disposizione a favore dei terzi compiuto, in vita, dal "de cuius".

(massima n. 2)

La norma dettata dall'art. 2663 c.c. - per la quale la trascrizione deve essere fatta presso ciascun ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione sono situati i beni - ha natura imperativa, con la conseguenza che la competenza territoriale da essa fissata deve essere qualificata come assoluta ed inderogabile; pertanto, l'atto compiuto in violazione della stessa deve essere considerato radicalmente nullo e privo di qualsiasi effetto.

(massima n. 3)

Nel giudizio di divisione di una comunione ereditaria, ove una quota abbia costituito oggetto di cessione, la qualità di litisconsorte necessario spetta ai cessionari della quota e non agli eredi cedenti.

(massima n. 4)

Le norme mediante le quali la legge 20 dicembre 1995, n. 534 (di conversione del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432) ha regolato la sequenza delle udienze di cui agli artt. 180 e 183 cod. proc. civ. sono poste a tutela del diritto di difesa delle parti ed hanno natura tendenzialmente inderogabile. Peraltro, il vizio del procedimento consistente nella mancata assegnazione al convenuto del termine di venti giorni di cui al secondo comma dell'art. 180 cod. proc. civ. risulta sanato qualora tra l'udienza di prima comparizione e quella di trattazione siano intercorsi almeno i venti giorni richiesti dalla legge, così da restare escluso che le eccezioni ivi previste possano essere sollevate nella prima udienza di trattazione o, addirittura, in una udienza a questa successiva, dovendo esse invece essere proposte, al più tardi, nell'intervallo tra l'udienza di prima comparizione prevista dall'art. 180 cod. proc. civ. e quella di trattazione di cui all'art. 183 del medesimo codice. (Rigetta, App. Napoli, 05/09/2005).

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