Cassazione civile Sez. III sentenza n. 564 del 13 gennaio 2005

(3 massime)

(massima n. 1)

... nell'ipotesi di illecito determinante l'invalidità permanente di soggetto privo di reddito, in quanto non svolga attività lavorativa e frequenti un corso di studi, il danno da risarcire consiste nel minor guadagno che l'interessato realizzerà in futuro a causa della menomazione rispetto a quello che avrebbe percepito se la sua capacità lavorativa non fosse stata menomata; la relativa liquidazione può essere compiuta per mezzo di presunzioni, considerando il tipo di attività che il soggetto svolgerà in futuro secondo un criterio probabilistico, tenuto conto delle possibili scelte ed occasioni che, secondo l'id quod plerumque accidit, si offrono in relazione al livello di studi conseguito e all'ambiente familiare e sociale di riferimento.

(massima n. 2)

In tema di risarcimento del danno, l'art. 1227 c.c., nel disciplinare il concorso di colpa del creditore nella responsabilità contrattuale, applicabile per l'espresso richiamo di cui all'art. 2056 c.c. anche alla responsabilità extracontrattuale, distingue l'ipotesi in cui il fatto colposo del creditore o del danneggiato abbia concorso al verificarsi del danno (comma primo), da quella in cui il comportamento dei medesimi ne abbia prodotto soltanto un aggravamento senza contribuire alla sua causazione (secondo comma); Solo la situazione contemplata nel secondo comma costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto, nel primo caso, invece, il giudice di merito deve d'ufficio verificare, sulla base delle prove acquisite, se il danneggiato abbia o meno concorso a determinare il danno; al riguardo — una volta che il danneggiato abbia offerto la prova del danno e della sua derivazione causale dall'illecito — costituisce onere probatorio del danneggiante dimostrare che il danno sia stato prodotto, pur se in parte, anche dal comportamento del danneggiato (art. 1227 c.c., primo comma) ovvero che il danno sia stato ulteriormente aggravato da quest'ultimo (art. 1227 c.c., secondo comma).

(massima n. 3)

In tema di risarcimento del danno alla persona, la mancanza di un reddito al momento dell'infortunio per non avere il soggetto leso ancora raggiunta l'età lavorativa, ovvero per essere disoccupato, può escludere il danno da invalidità temporanea, non anche il danno collegato alla invalidità permanente che, proiettandosi per il futuro, verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa inizierà una attività remunerata; infatti, nell'ipotesi di illecito determinante l'invalidità permanente di soggetto privo di reddito, in quanto non svolga attività lavorativa e frequenti un corso di studi, il danno da risarcire consiste nel minor guadagno che l'interessato realizzerà in futuro a causa della menomazione rispetto a quello che avrebbe percepito se la sua capacità lavorativa non fosse stata menomata; la relativa liquidazione può essere compiuta per mezzo di presunzioni, considerando il tipo di attività che il soggetto svolgerà in futuro secondo un criterio probabilistico, tenuto conto delle possibili scelte ed occasioni che, secondo l'"id quod plerumque accidit", si offrono in relazione al livello di studi conseguito e all'ambiente familiare e sociale di riferimento.

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