Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 888 del 22 aprile 1994

(4 massime)

(massima n. 1)

È legittimo l'arresto in flagranza del delitto di maltrattamenti in famiglia, tutte le volte in cui il fatto risulti alla polizia giudiziaria non isolato, ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti. (Nel caso di specie, la corte ha annullato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che aveva ritenuto di non convalidare l'arresto nonostante - secondo quanto risultava dallo stesso provvedimento di diniego di convalida - la polizia giudiziaria fosse intervenuta immediatamente dopo che l'inquisito aveva percosso i figli e la moglie, ricevendo contestualmente dichiarazioni circa la ripetizione di atti di violenza).

(massima n. 2)

I termini stabiliti nell'art. 477 c.p.p. hanno carattere meramente ordinatorio, onde la loro inosservanza non determina alcuna nullità o decadenza, né spiega influenza sulla sospensione ex art. 304, primo comma, stesso codice. Ed invero, se è indubbio che il giudice è tenuto ad osservare detti termini e che tale dovere assume caratteri più marcati quando la durata del processo si riflette su quella di misure cautelari restrittive della libertà personale, è non di meno certo che il rispetto dei termini in esame non può essere disgiunto dalla valutazione dell'attività che globalmente grava sull'ufficio giudiziario, la cui entità non sempre consente lo svolgimento del procedimento con le cadenze temporali prefigurate dal citato art. 477.

(massima n. 3)

In tema di arresto facoltativo in flagranza, alla polizia giudiziaria non incombe un dovere di esplicita motivazione, occorrendo soltanto che attraverso il verbale di arresto vengano forniti al giudice gli elementi sufficienti per controllare la ragionevolezza della misura adottata.

(massima n. 4)

La sospensione dei termini di custodia cautelare presuppone una sospensione o rinvio del dibattimento disposti per legittimo impedimento dell'imputato ovvero per altri motivi espressamente previsti, sicché, in pendenza di più procedimenti a suo carico, l'imputato ben può chiedere e ottenere il rinvio di uno dei procedimenti, sopportandone però le conseguenze sul computo dei termini massimi di custodia cautelare, posto che queste sono per sempre riferibili a una sua richiesta, ancorché implicita, la cui valutazione non può essere sostituita da quella del giudice.

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