Cassazione penale Sez. V sentenza n. 11441 del 7 ottobre 1999

(3 massime)

(massima n. 1)

Gli avvocati dello Stato, per compiere gli atti del loro ministero, non hanno bisogno di una procura dell'amministrazione che essi rappresentano, essendo sufficiente che «consti della loro qualità». Invero, il mandato che è loro conferito dalla legge è sufficiente ad attribuire il potere di costituirsi in giudizio per le amministrazioni pubbliche e di compiere tutti gli atti per i quali la legge richiede un mandato speciale; e ciò, tanto nel giudizio civile, quanto in quello penale, allorché le pretese civili della pubblica amministrazione siano esercitate in tale sede.

(massima n. 2)

Il termine di durata massima delle indagini preliminari decorre dalla data dalla quale il P.M. iscrive nell'apposito registro la notizia di reato e non dalla data nella quale avrebbe dovuto iscriverla. Invero, da un lato, l'art. 335 c.p.p., pur imponendo all'organo dell'accusa di iscrivere immediatamente la notitia criminis ed il nome dell'indagato, non precisa alcun termine per l'iscrizione, né prevede sanzione processuale (ferma restando la possibilità di irrogazione di eventuali sanzioni disciplinari) per il ritardo; dall'altro, manca qualsiasi norma che consenta al giudice di esercitare sia il controllo sulla immediatezza dell'iscrizione, sia la facoltà di fissare autonomamente la data nella quale detta iscrizione avrebbe dovuto essere effettuata. (Fattispecie nella quale il ricorrente ha eccepito la inutilizzabilità della perizia assunta in incidente probatorio perché compiuta, a suo dire, oltre il termine di legge, in conseguenza della iscrizione, da lui ritenuta intempestiva perché ritardata, della notizia di reato nell'apposito registro).

(massima n. 3)

In tema di truffa, poiché il delitto si consuma anche a mezzo di un negozio giuridico apparentemente valido, ma, nella sua essenza, viziato dalla mancanza di un corretto processo volitivo del soggetto passivo (determinatosi alla stipulazione del negozio per l'errore in lui ingenerato dai raggiri e dagli artifici del soggetto attivo), nel valutare la sussistenza di truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico, l'analisi non può limitarsi all'accertamento della mera conformità a diritto dell'atto amministrativo che dispone patrimonialmente a favore del privato. È viceversa necessario accertare che alla emanazione dell'atto la pubblica amministrazione non si sia determinata in quanto indotta in errore dagli artifici o raggiri posti in essere dal privato medesimo. In tal caso, infatti, l'ingiusto profitto ed il danno vanno individuati — indipendentemente dalla legittimità formale del deliberato amministrativo — nel vantaggio e nel pregiudizio, rispettivamente derivanti alle parti, dalla emanazione di un atto dispositivo che, in assenza dei predetti artifizi o raggiri, non sarebbe stato emanato.

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