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Articolo 695 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Fabbricazione o commercio non autorizzati di armi

Dispositivo dell'art. 695 Codice Penale

Chiunque, senza la licenza dell'Autorità(1), fabbrica o introduce nello Stato [4], o esporta, o pone comunque in vendita armi(2) [704], ovvero ne fa raccolta per ragioni di commercio o d'industria(3), è punito con l'arresto da tre mesi a tre anni e con l'ammenda fino a euro 1.239.

Non si applica la pena dell'arresto, qualora si tratti di collezioni di armi artistiche, rare o antiche.

Note

(1) Il riferimento è alla licenza prevista ex art. 31 de T.u.l.p.s., operante anche per le armi bianche, nonché per quelle antiche, artistiche e rare.
(2) Tale condotta implica una certa abitualità e continuità nel commercio delle armi, non rientrandovi dunque la vendita occasionale, perseguibile invece ex art. 35 T.u.l.ps.
(3) Si escludono dunque le raccolte poste in essere per un mero fine collezionistico.

Ratio Legis

La disposizione in esame è diretta a tutelare la sicurezza pubblica.

Spiegazione dell'art. 695 Codice Penale

La norma in oggetto è posta a tutela dell'interesse dello Stato a controllare e disciplinare la produzione ed il commercio di armi.

Sono soggette a licenza le armi proprie e gli strumenti da taglio, la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona.

La condotta punita consiste nella fabbricazione, introduzione nello Stato, esportazione o la messa in vendita di armi, senza averne licenza.

Nel caso in cui le armi in oggetto siano di natura artistica, siano rare o antiche, non si applica la pena dell'arresto. Il minor rimprovero penale deriva dal fatto che tali armi risultano assai meno pericolose di quelle vere e proprie.

Massime relative all'art. 695 Codice Penale

Cass. pen. n. 15431/2010

Rientrano nel novero delle armi bianche proprie, la cui importazione senza licenza integra il reato di cui all'art. 695 cod. pen., le "katane" giapponesi, le spade, i pugnali, le scimitarre e le tesserine rettangolari taglienti e appuntite destinate all'offesa.

Cass. pen. n. 9318/1998

Poiché la licenza per la vendita di armi ha carattere specifico, nel senso che abilita alla vendita di armi che — per rendere possibile un efficace controllo — vanno predeterminate quanto alla categoria e al numero (indicazioni che vanno riportate nella licenza stessa), la vendita di coltelli a scatto da parte di soggetto abilitato a vendere armi da sparo integra il reato di cui all'art. 695 c.p., non potendosi i primi far rientrare tra le seconde.

Cass. pen. n. 4657/1993

È configurabile la contravvenzione di cui all'art. 695 c.p. (fabbricazione o commercio non autorizzato di armi), in caso di detenzione, per la vendita, di un numero di armi superiore a quello consentito in base alla licenza, limitatamente alle armi in eccedenza.

Cass. pen. n. 5278/1988

La detenzione illegale di munizioni per armi comuni da sparo e la detenzione non denunciata di miccia e detonatore non integrano i reati previsti dagli artt. 1 e 2 L. 2 ottobre 1967, n. 895, ma, rispettivamente, le contravvenzioni di cui agli artt. 697 e 679 c.p.

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S. B. chiede
mercoledì 23/03/2022 - Friuli-Venezia
“Buonasera,
scrivo dopo un Processo verbale della dogana di XXX che mi contesta la vendita di coltelli a scatto (li produciamo con Licenza di produzione e vendita armi bianche della Questura di XXX), vendita effettuata negli Stati Uniti perchè senza autorizzazione della Questura.
Non abbiamo mai chiesto una autorizzazione alla Questura perchè a suo tempo la stessa ci aveva detto di non saper come agire per ottenere un nullaosta per l'esportazione di tali coltelli. Alla luce delle ultime sentenze della Cassazione (n. 8032 del 22/02/2019) ha ancora senso questo accanimento? Se si in che reati possiamo incorrere?
Grazie per la risposta”
Consulenza legale i 24/03/2022
Dal tenore del parere sembra evincersi che l’esportazione di coltelli a scatto è stata bloccata alla Dogana in quanto l’azienda produttrice non sarebbe provvista della licenza prevista per la produzione.
Sembra infatti che la licenza di cui l’azienda è in possesso (quella per la produzione e vendita di armi bianche) non sia quella corretta per la produzione e vendita del coltello menzionato in precedenza per il quale non sarebbe ammessa affatto licenza.

Ques’ultimo dato è abbastanza determinante.
Invero, la Cassazione menzionata nel parere afferma, con un revirement abbastanza sostanziale, che il coltello a scatto sia da considerare non già un’arma rispetto alla quale è impossibile ottenere la licenza (come in precedenza era) ma, a determinate condizioni, assoggettata alla licenza per quelle bianche.
Si badi bene, tuttavia, che la Cassazione non ha emesso una sentenza generalizzata ma ha specificato che il coltello a scatto, per essere definito “licenziabile”, non deve possedere le caratteristiche tipiche di un pugnale o di uno stiletto e, segnatamente, la presenza di una punta acuta e di una lama a due tagli.

Ciò detto, se così stanno le cose (e se, dunque, il coltello è stato bloccato in ragione del fatto che sarebbe un’arma non assoggettabile a licenza), poco cambia il precedente della Cassazione.
La Dogana, di certo, non si prenderà il rischio di non denunciare per il sol fatto che la giurisprudenza sembra essersi attestata su un’opinione che non deporrebbe per la rilevanza penale del fatto considerato nello specifico.
Non si tratta di un accanimento ma, semplicemente, dell’adempimento di un obbligo di legge (quello di denuncia) per i pubblici ufficiali.

Starà poi all’ azienda produttrice, nell’ipotetico processo che deriverà dalla denuncia, chiarire i fatti e, magari, insistere proprio sul mutamento di indirizzo giurisprudenziale, previa dimostrazione che il coltello prodotto non è tra quelli emarginati dalla Suprema Corte per cui non è possibile ottenere licenza.

Per quanto riguarda le contestazioni in concreto, è difficile fare supposizioni specifiche senza informazioni più accurate sul fatto, anche in considerazione dell’estrema stratificazione normativa in tema di armi e contrabbando.
Di sicuro, però, potrebbe venire in rilievo la fattispecie di cui all’art. 695 c.p.