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Articolo 739 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Divieto di estradizione e di nuovo procedimento

Dispositivo dell'art. 739 Codice di procedura penale

1. Nei casi di riconoscimento ai fini dell'esecuzione della sentenza straniera, salvo che si tratti dell'esecuzione di una confisca, il condannato non può essere estradato né sottoposto di nuovo a procedimento penale nello Stato per lo stesso fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze [649](1).

Note

(1) Si tratta di una logica conseguenza del riconoscimento, fermo restando che tale istituto continua a coesistere con la prospettiva del rinnovamento del giudizio, di cui all'art. 11 del codice penale, rispetto al quale si pone in alternativa.

Ratio Legis

La disposizione in esame trova il proprio fondamento nel c.d. divieto di ne bis in idem, previsto sia sotto il profilo del rinnovamento del giudizio, sia sotto quello estradizionale.

Spiegazione dell'art. 739 Codice di procedura penale

Il principio del ne bis in idem impedisce che contro la medesima persona possano essere inflitte più condanne in relazione allo stesso fatto di reato. Anzi, per la precisione, impedisce che contro la stessa persona si possano svolgere più processi penali per il medesimo fatto, posto che l'interesse tutelato in via principale è quello di non subire persecuzioni giudiziali oltre un certo limite di tollerabilità.

Così come, in funzione del divieto di ne bis in idem, non si può dar luogo a riconoscimento se per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è in corso un procedimento penale innanzi ad un tribunale italiano (art. 733), alla stessa stregua è fatto divieto di estradare il condannato o di sottoporlo a nuovo procedimento penale nello Stato italiano per il medesimo fatto (anche se diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze), a meno che non si tratti di misure necessarie ad attuare la confisca.

Massime relative all'art. 739 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 45524/2010

In tema di mandato di arresto europeo, quando la richiesta di consegna presentata dall'autoritą straniera riguardi fatti commessi in parte nel territorio dello Stato ed in parte in territorio estero, la verifica della sussistenza del motivo di rifiuto previsto dall'art. 18, comma primo, lett. p), della legge n. 69/2005, deve essere coordinata con la disposizione contenuta nell'art. 31 della Decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, che fa salvi eventuali accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento della sua adozione, "nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare oltre gli obiettivi di quest'ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato". (Nel caso di specie, relativo ad un m.a.e. processuale emesso dall'autoritą tedesca per reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina commessi sia in Germania che nel territorio italiano, la S.C. ha rigettato il ricorso, ritenendo applicabile l'art. II dell'Accordo bilaterale italo-tedesco del 24 ottobre 1979, ratificato con legge 11 dicembre 1984, n. 969, con il quale le parti hanno inteso facilitare l'applicazione della Convenzione europea di estradizione del 1957, nell'ipotesi in cui la domanda di consegna riguardi anche altri reati non soggetti alla giurisdizione dello Stato di rifugio e risulti opportuno far giudicare tutti i reati nello Stato richiedente). (Rigetta, App. Venezia, 11 ottobre 2010).

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