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Articolo 535 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 04/04/2024]

Condanna alle spese

Dispositivo dell'art. 535 Codice di procedura penale

1. La sentenza di condanna pone a carico del condannato il pagamento delle spese processuali [691] [relative ai reati cui la condanna si riferisce](1).

[2. I condannati per lo stesso reato o per reati connessi sono obbligati in solido al pagamento delle spese. I condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi sono obbligati in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna.](2)

3. Sono poste a carico del condannato le spese di mantenimento durante la custodia cautelare [285, 286], a norma dell'articolo 692.

4. Qualora il giudice non abbia provveduto circa le spese, la sentenza è rettificata a norma dell'articolo 130(3).

Note

(1) Le parole “relative ai reati cui la condanna si riferisce” sono state eliminate dall’art. 67, comma 2, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69.
(2) Il comma secondo è stato abrogato dall’art. 67, comma 2, lett. b), della l. 18 giugno 2009, n. 69.
(3) La procedura di liquidazione e di incasso è disciplinata dagli artt. 691 e seguenti, mentre le spese relative alla custodia cautelare sono indicate nell'art. 692.

Ratio Legis

Il soggetto viene condannato alle spese quale logica conseguenza della sentenza di condanna.

Spiegazione dell'art. 535 Codice di procedura penale

Similmente a quanto accade all'interno del processo civile, anche il processo penale segue il criterio della soccombenza (sebbene, si capisce, in un contesto completamente differente).

Con la sentenza di condanna, invero, il condannato è tenuto al pagamento delle spese processuali. L'obbligazione cui si riferisce la norma in commento è di natura strettamente personale, come comprovato dall'abrogazione del comma 2, che sanciva invece la natura solidale della condanna alle spese per i condannati per lo stesso reato o per reati connessi.

Il condannato è altresì tenuto a pagare le spese di mantenimento per la custodia cautelare.

Dal comma 4 si evince chiaramente come in caso di omissione da parte del giudice, il quale non provveda alla condanna alle spese, rappresenta un'ipotesi di mero errore materiale, agilmente rettificabile ai sensi dell'articolo 130.

Massime relative all'art. 535 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 11604/2016

In tema di recupero delle spese processuali, le questioni attinenti l'esistenza del titolo esecutivo sono di competenza del giudice penale, mentre rientrano nella competenza del giudice civile le questioni, che, senza coinvolgere la statuizione di condanna e la sua portata, si riferiscono al "quantum" da esigere nei confronti del condannato, ponendo in discussione aspetti contabili o la pertinenza di determinati importi alla condanna inflitta. (Fattispecie, nella quale la Corte ha ritenuto la competenza del giudice civile a pronunciarsi sulle doglianze dedotte dal ricorrente, che contestava la condanna in solido subita con riguardo alle spese per intercettazioni telefoniche, attinenti a reati diversi da quelli per cui era stato condannato).

Cass. pen. n. 8326/2015

Qualora dall'eventuale accoglimento dell'impugnazione proposta dall'imputato non possa derivare alcun pregiudizio alla parte civile, quest'ultima, non avendo interesse a formulare proprie conclusioni nel conseguente giudizio, pur se esercita il suo diritto di partecipare allo stesso, non ha titolo alla rifusione delle spese processuali. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio, nella parte relativa alla liquidazione delle spese in favore della parte civile, la sentenza emessa all'esito di giudizio di rinvio concernente esclusivamente questioni inerenti l'entità della pena).

Cass. pen. n. 491/2012

L'esclusione del vincolo di solidarietà conseguente all'abrogazione dell'art. 535, comma secondo, c.p.p., non ha effetto sulle statuizioni di condanna alle spese emesse anteriormente in tal senso e passate in giudicato, e ciò non per la natura processuale della suddetta disposizione abrogatrice, cui va invece riconosciuta natura di norma sostanziale, bensì in forza della preclusione di cui all'ultimo inciso del comma quarto dell'art. 2 c.p..

La domanda del condannato che, senza contestazione della condanna al pagamento delle spese del procedimento penale, deduca (sia quanto al calcolo del concreto ammontare delle voci di spesa, sia quanto alla loro pertinenza ai reati cui si riferisce la condanna) l'errata quantificazione, va proposta al giudice civile nelle forme dell'opposizione "ex" art. 615 c.p.c.; non rilevando a tal fine l'attribuibilità alla statuizione di detta condanna della natura di sanzione economica accessoria alla pena. (La Corte ha precisato che il giudice penale erroneamente investito, nelle forme dell'incidente di esecuzione, della domanda del condannato di accertamento dell'inesistenza dell'obbligazione di pagamento di determinate partite delle spese processuali, deve dichiarare il non luogo a provvedere sull'istanza e non il difetto di giurisdizione; tale declaratoria non preclude, di per sè, la riproposizione della stessa istanza al giudice civile competente in materia di opposizioni all'esecuzione forzata).

La questione relativa alla persistenza, a seguito dell'abrogazione dell'art. 535, comma secondo, c.p.p., del vincolo di solidarietà della condanna alle spese del procedimento penale, in tal senso già emessa, rientra nelle attribuzioni del giudice dell'esecuzione penale.

Cass. pen. n. 39682/2009

È legittima la sentenza che condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali in solido con i coimputati, emessa prima dell'entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, la quale ha modificato la regola di imputazione delle suddette spese, sostituendo al vincolo di solidarietà il criterio di accollo "pro quota" delle medesime, atteso che le disposizioni in materia di spese processuali hanno natura processuale e la loro applicazione è conseguentemente regolata dal principio del "tempus regit actum".

Cass. pen. n. 17650/2003

Nel caso di applicazione di pena patteggiata, le spese di mantenimento dell'imputato in carcere durante la custodia cautelare possono essere poste a carico della parte, trattandosi di costi sostenuti dall'amministrazione penitenziaria ontologicamente distinti dalle spese del procedimento, che si riferiscono all'attività dell'Autorità giudiziaria, per le quali vige il principio di irripetibilità stabilito dall'art. 445 c.p.p.

Cass. pen. n. 33215/2001

In tema di applicazione di pena su richiesta delle parti, allorché con la relativa sentenza si ometta di provvedere sulle spese processuali sostenute dalla parte civile, tale parte deve proporre ricorso per cassazione, in applicazione dell'art. 111 Cost., deducendo la violazione della legge processuale a suo danno e non può, invece, esperire il rimedio di correzione di errore materiale, previsto dall'art. 130 c.p.p., in quanto tale procedura è limitata dall'art. 535, comma 4, dello stesso codice all'omessa condanna al pagamento delle spese processuali, che sono sempre poste a carico del condannato a norma del comma 1 del medesimo art. 535, mentre la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile non è una conseguenza ex lege dell'accoglimento della domanda di restituzione o risarcimento del danno, potendo sempre il giudice disporre la loro compensazione, totale o parziale. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha annullato la sentenza di patteggiamento senza rinvio, limitatamente all'omessa pronuncia sulle spese processuali in favore della parte civile e ha trasmesso gli atti al tribunale competente per i conseguenti provvedimenti).

Cass. pen. n. 2444/1999

La disposizione di cui all'art. 29 D.L.vo 272/89, che prevede che non si faccia luogo al pagamento delle spese processuali in caso di «sentenza di condanna» dell'imputato minorenne al momento del fatto, ha carattere eccezionale rispetto alla norma generale contenuta nell'art. 535 c.p.p., che appunto prevede quell'effetto naturale della sentenza di condanna, e non a quella parimenti generale contenuta nell'art. 616 c.p.p. per i giudizi di cassazione, nei quali pertanto si fa luogo alla condanna.

Cass. pen. n. 11462/1997

Anche nel vigore dell'attuale codice di procedura penale, vale la regola secondo la quale la circostanza che più imputati siano giudicati nello stesso processo in tanto determina l'obbligo solidale del pagamento delle spese processuali, in quanto essi riportino condanna per concorso nel medesimo reato o per reati intimamente connessi. La solidarietà invece non si verifica se la riunione dei procedimenti e la celebrazione dell'unico giudizio sono derivate da semplice connessione soggettiva o probatoria ovvero di opportunità processuale.

Cass. pen. n. 3928/1996

In tema di condanna alle spese processuali, (art. 535 c.p.p.) con tale locuzione si intende indicare quelle spese particolari richieste per il compimento o il perfezionamento di singoli e specifici atti necessari per lo svolgersi del processo. Ne discende che le spese processuali sono spese che necessariamente devono essere affrontate se si vuole che il processo, come tale, abbia vita, e dalle quali vanno distinte quelle che sono spese giudiziarie, ma non spese indispensabili per il processo, non spese processualmente inderogabili. (Nella specie sono state ritenute spese giudiziarie, ma non processuali, quelle relative alla custodia di un bene sequestrato).

Cass. pen. n. 2911/1995

La condanna al pagamento delle spese del procedimento può essere inflitta dal giudice dell'imputato, in base al principio della soccombenza, soltanto con il provvedimento (sentenza e non ordinanza) con cui si definisce un grado del procedimento. Conseguentemente, in difetto di specifiche disposizioni di legge relative al giudizio cautelare, deve escludersi che il rigetto dell'appello o della istanza di riesame proposta dall'imputato, comporti condanna dello stesso alle spese dell'impugnazione.

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