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Articolo 21 Codice del processo tributario

(D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Termine per la proposizione del ricorso

Dispositivo dell'art. 21 Codice del processo tributario

1. Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo.

2. Il ricorso avverso il rifiuto tacito di cui all'articolo 19, comma 1, lettere g) e g-bis), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione o di autotutela presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione(1).

Note

(1) Il comma 2 stato modificato dall'art. 1, comma 1, lettera l) del D. Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220.
Il D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220 ha disposto (con l'art. 4, comma 2) che "Le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto".

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relative all'articolo 21 Codice del processo tributario

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Angela D. chiede
sabato 18/04/2020 - Puglia
“CASO: il soggetto "A" subisce l'occupazione d'urgenza (1980) e l'ablazione di un terreno edificabile per un PEEP ad opera del Comune (decr. esproprio 1983). Il Comune deposita Cassa DDPP acconto indennità (calcolato su valore agricolo del terreno) che viene rifiutato da "A" che instaura giudizio di opposizione alla stima, definito prima da sent. C.d'Appello/2006 con criteri art. 5bis L.359/92 e poi da Cass./2009 con valore ven. pieno ex L. 244/2007, art.2, co. 89-90.
Il soggeto "A" dopo altri giudizi per ottenere lo svincolo delle somme depositate dalla P.A. presso la Cassa DDPP, incassa l'indennità in data 16 maggio 2014 (previa decurtazione della ritenuta del 20%).
In data 14 febbraio 2015 "A", ritenendo non dovuta la ritenuta del 20% invia nota di diffida al MEF/Agenzia delle Entrate
richiedendo la restituzione dell'importo del 20%.
l'istanza é rimasta senza risposta e medio tempore "A" è deceduto.
DOMANDA: gli eredi di "A" sono nei termini legali per agire nei confronti dell'Ag.Entr. per il recupero (se dovuto) del 20% ? se si, devono prima diffidare o possono agire direttamente presso la Commissione Tributaria Prov. ?”
Consulenza legale i 26/04/2020
Tradizionalmente, nell’ambito del diritto tributario, suole distinguersi tra “rimborsi da dichiarazione” e “rimborsi da istanza”.
In entrambi i casi l’attuazione del rimborso richiede un impulso da parte del contribuente che, nel caso dei rimborsi da dichiarazione, si sostanzia nella presentazione del modello di dichiarazione approvato dall’amministrazione finanziaria e nella richiesta, formulata all’interno dello stesso modello, di utilizzare il credito maturato in compensazione (verticale o orizzontale), di rinviarlo al successivo periodo di imposta oppure, di chiederlo a rimborso.

Rientrano, invece, nella seconda categoria tutti quei rimborsi relativi a crediti che non trovano esposizione all’interno dei modelli di dichiarazione e, pertanto, richiedono la presentazione di una specifica istanza all’Ufficio tributario competente.
In genere, la presentazione dell’istanza deve essere effettuata entro precisi termini stabiliti dalla stessa legge di imposta o, in mancanza di disposizioni al riguardo, nel termine di due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui è sorto il diritto al rimborso, così come espressamente disposto dall’art. 21, comma 2, secondo periodo del D. Lgs. n. 546/92.

Nell’ambito delle imposte sui redditi, gli artt. 37 e 38 del d.P.R.. n. 602/73 prevedono per la richiesta di rimborso rispettivamente di ritenute dirette (come nel caso di specie) e di versamenti diretti un termine di quarantotto mesi.
La giurisprudenza (Cass. n. 15438/2001; Cass. n. 8362/2002; Cass. n. 8792/2002; Cass. n. 15063/2002; Cass. n. 17394/2002 e da ultimo Cass. n. 2202/2014) ha conferito a questa norma portata generale, per cui è da intendersi che, nel comparto delle imposte sui redditi, detto termine trovi applicazione in riferimento a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto.
Nel comparto dell’IVA e delle agevolazioni, invece, il termine è di due anni così come espressamente disposto dagli artt. 30 e 38-bis del d.P.R. n. 633/72 e come chiarito con Circolare n. 1 del 3 gennaio 2015.

Ai fini dell'imposta di registro, dell'imposta sulle successioni e donazioni e delle imposte ipotecaria e catastale l'istanza di rimborso deve essere presentata, a pena di decadenza, entro 36 mesi dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione.
A seguito della presentazione dell’istanza, l’Amministrazione finanziaria potrà: o pronunciarsi sulla stessa, rigettandola e, in questo caso, il contribuente, per far valere la propria pretesa creditoria, dovrà impugnare il provvedimento di rigetto entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dello stesso, in conformità al sopra citato art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546/92.
Se, invece, l’amministrazione finanziaria non adotta alcun provvedimento espresso di rigetto, decorsi novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza, si forma il silenzio-rifiuto e, anche in questo caso il contribuente potrà adire la Commissione tributaria per chiedere il riconoscimento in sede giudiziaria del proprio diritto al rimborso.
In questo caso il termine di prescrizione del diritto al rimborso è quello ordinario di dieci anni ex art. 2496 del c.c..

Con Ordinanza n. 1543 del 22 gennaio 2018, la Cassazione ha precisato che il decorso della prescrizione comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 del c.c.) ed è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio-rifiuto (art. 21 D. Lgs. n. 546/92).
Pertanto, tenuto conto che la ritenuta è stata subita in data 16 maggio 2014, in sede di corresponsione dell’indennità, e che in data 14 febbraio 2015 il de cuius sembra aver presentato una istanza/diffida di rimborso all’Agenzia delle Entrate, il diritto al rimborso della ritenuta può considerarsi ancora non prescritto e potrà essere legittimante esercitato dai legittimi eredi entro il termine di dieci anni che, per prudenza e non essendo in questa sede nelle condizione di stabilire l’esatto contenuto della istanza/diffida del 14 febbraio 2015, sarebbe opportuno considerare decorrente dalla data del 16 maggio 2014.

Così stando le cose e tornando alla descrizione delle situazioni possibili sopra delineata, ci troviamo nella fase in cui si è ormai formato il silenzio-rifiuto e, pertanto, il creditore o, come nel caso di specie, gli aventi diritto al rimborso per effetto della successione, dovranno adire la Commissione tributaria onde ottenere giudizialmente l’accertamento della esistenza e consistenza del credito, nonché la condanna dell’amministrazione al pagamento.
È da ritenere non necessaria una nuova istanza/diffida che, per altro, potrebbe far insorgere il convincimento della necessità che si formi nuovamente il silenzio-rifiuto.

Alcuni autori in dottrina ritengono che il diritto al rimborso potrebbe essere bloccato per effetto della mancata indicazione del credito tributario nella dichiarazione di successione.
Al riguardo, va però rilevato che la Cassazione (sentenza n. 25008 depositata l’11 dicembre 2015) ritiene che l’omessa indicazione del credito nella dichiarazione di successione non può comportare la perdita del diritto e, in ogni caso, la denuncia originariamente presentata è sempre emendabile.
Per altro, la fattispecie è ora normativamente disciplinata dall’art. 28 del Testo Unico sulle Successioni (di cui al D. Lgs. n. 346/90), così come modificato dall’art. 11 del D. Lgs. n. 175/2014, il quale, al comma 6, stabilisce che “Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all'art. 13, comma 4, e dall'erogazione di rimborsi fiscali che da' luogo a mutamento della devoluzione dell'eredita' o del legato ovvero ad applicazione dell'imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa”, con ciò disponendo implicitamente che, in caso di rimborsi fiscali spettanti al de cuius, ma di fatto destinati agli eredi, gli eredi stessi saranno sollevati dall’obbligo di presentare una dichiarazione di successione integrativa.
Per converso, così come previsto dalla Circolare n. 31/E del 2014, “l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, nel liquidare l’imposta di successione dovuta, terrà conto degli eventuali rimborsi fiscali erogati”, essendo appunto l’Agenzia l’organo deputato tanto alla liquidazione dell’imposta quanto all’erogazione dei rimborsi.