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Articolo 20 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Obbligo di assumere l'incarico e ricusazione

Dispositivo dell'art. 20 Codice del processo amministrativo

1. Il verificatore e il consulente, se scelto tra i dipendenti pubblici o tra gli iscritti negli albi di cui all'articolo 13 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, hanno l'obbligo di prestare il loro ufficio, tranne che il giudice riconosca l'esistenza di un giustificato motivo.

2. Il consulente, o il verificatore, può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51 del codice di procedura civile. Della ricusazione conosce il giudice che l'ha nominato.

Spiegazione dell'art. 20 Codice del processo amministrativo

Tale norma si occupa di specificare che laddove il Giudice Amministrativo scelga di avvalersi di un verificatore o di un consulente tecnico a norma dell’art.19, questi debbono svolgere l’attività richiesta e non vi si possono sottrarre.
L’unica eccezione normativamente prevista a tale obbligo riguarda il caso in cui sia lo stesso GA a riconoscere l’esistenza di un giustificato motivo. Quest’ultimo, in particolare, può essere riconosciuto per ragioni di opportunità, ragioni personali, cause che giustificherebbero l’astensione ai sensi dell’art. 51 c.p.c. ecc.
Va precisato che l’obbligo previsto dal legislatore riguarda però soltanto:
  • il verificatore (che è un dipendente pubblico);
  • il consulente che sia un dipendente pubblico;
  • il consulente iscritto nell’albo professionale del Tribunale.
Per il consulente privato o non iscritto all’albo, invece, l’obbligo di cui all’art. 20 c.p.a. non vale, sicchè tale soggetto potrebbe rinunciare all’incarico senza doversi in alcun modo giustificare.
L’ultimo comma della norma in esame, infine, estende ai predetti soggetti ausiliari la disciplina della ricusazione di cui all’art. 51 c.p.c., cui si rinvia per una più esaustiva trattazione.

Massime relative all'art. 20 Codice del processo amministrativo

Cass. civ. n. 12004/2009

La mancata proposizione dell'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio nel termine di cui all'art. 192 c.p.c., preclude definitivamente la possibilitā di far valere successivamente la situazione di incompatibilitā, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, non rilevando che il consulente tecnico d'ufficio non abbia osservato l'eventuale obbligo di astensione.

Cass. civ. n. 13667/2004

La terzietā-imparzialitā del consulente tecnico d'ufficio significa che il consulente non deve essere legato a nessuna delle parti del processo, analogamente a quanto č prescritto per il giudice. Tale imparzialitā č garantita dalla legge sotto un duplice profilo: innanzitutto, con il demandarne la nomina al giudice, organo per il quale l'imparzialitā č autonomamente e preliminarmente prescritta; e, in secondo luogo, con la previsione, anche per il consulente tecnico, degli istituti dell'astensione e della ricusazione. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza per l'avvenuta nomina, da parte della Corte d'appello nel giudizio di determinazione dell'indennitā di espropriazione, di un consulente singolo in luogo di tre periti, richiesti dalla parte).

Cass. civ. n. 3364/2001

Nel caso in cui il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice di secondo grado non abbia osservato l'obbligo di astensione a lui derivante, ai sensi del combinato disposto degli artt. 63 e 51 n. 4 c.p.c., dall'avvenuto svolgimento del medesimo ufficio nel giudizio di primo grado, la parte interessata deve proporre istanza di ricusazione nei modi e nei termini previsti dall'art. 192 c.p.c., restandole, in difetto, preclusa la possibilitā di far valere successivamente la detta situazione di incompatibilitā.

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