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Articolo 72 Codice dei beni culturali e del paesaggio

(D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)

[Aggiornato al 10/10/2023]

Ingresso nel territorio nazionale

Dispositivo dell'art. 72 Codice dei beni culturali e del paesaggio

1. La spedizione in Italia da uno Stato membro dell'Unione europea o l'importazione da un Paese terzo delle cose o dei beni indicati nell'articolo 65, comma 3, sono certificati, a domanda, dall'ufficio di esportazione.

2. I certificati di avvenuta spedizione e di avvenuta importazione sono rilasciati sulla base di documentazione idonea ad identificare la cosa o il bene e a comprovarne la provenienza dal territorio dello Stato membro o del Paese terzo dai quali la cosa o il bene medesimi sono stati, rispettivamente, spediti o importati. Ai fini del rilascio dei detti certificati non è ammessa la produzione, da parte degli interessati, di atti di notorietà o di dichiarazioni sostitutive dei medesimi, rese ai sensi delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

3. I certificati di avvenuta spedizione e di avvenuta importazione hanno validità quinquennale e possono essere prorogati su richiesta dell'interessato.

4. Con decreto ministeriale possono essere stabilite condizioni, modalità e procedure per il rilascio e la proroga dei certificati, con particolare riguardo all'accertamento della provenienza della cosa o del bene spediti o importati.

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Consulenze legali
relative all'articolo 72 Codice dei beni culturali e del paesaggio

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Agostino R. chiede
sabato 24/09/2016 - Veneto
“Ho importato degli oggetti di antiquariato Asiatico, con origine Thailandia e provenienza Hongkong. Lo sdoganamento è avvenuto ad Antwerpen/Belgio, con successiva immediata rispedizione al mio indirizzo italiano.Tutti i documenti di spedizione, in cui io risulto come destinatario della merce (fattura del fornitore di Hongkong, lettera di vettura marittima e bolla di importazione belga) parlano di: Antichità più vecchia di 100 anni.
Vorrei sapere se posso legalmente vendere gli oggetti a cittadini con residenza in Italia, e cosa devo fare per eventualmente vendere occasionalmente a non residenti (CEE o Extra CEE).
Grazie”
Consulenza legale i 30/09/2016
Per cercare di dare una risposta più corretta possibile al problema prospettato, occorrerebbe preliminarmente capire se la vendita degli oggetti verrebbe svolta quale vendita di beni personali oppure nell’esercizio di una attività economica.

In ogni caso si vuole sinteticamente precisare che la cessione di un bene personale usato (ma anche di un bene nuovo, ad esempio acquistato erroneamente) è un'attività per definizione priva di utilità economica poichè incapace di generare un plusvalore e quindi un reddito tassabile (il riferimento è a quei beni personali che, indipendentemente dal valore, è verosimile che siano stati acquistati per un utilizzo personale o familiare e che, in quanto tali, è possibile vendere con qualsiasi mezzo, senza alcuna formalità dal punto di vista fiscale).

Qualora invece i beni venduti non abbiano la caratteristica di “beni personali” si entra in un concetto di attività economica che potrà essere esercitata in via occasionale oppure continuativa.

Se l’attività viene svolta in via occasionale si è soggetti ad adempimenti formali estremamente ridotti (si deve solamente emettere una ricevuta) e si può fare senza avere partita IVA (bisognerà indicare i guadagni nella dichiarazione dei redditi come reddito diverso).

Nell’ipotesi in cui l’attività commerciale si configurasse come abituale, i redditi assumerebbero la natura di redditi d’impresa, alla stregua di quanto previsto dall’articolo 55 del TUIR (sarà quindi necessaria la partita Iva).

Sembra opportuno evidenziare che l’occasionalità o meno di un’attività commerciale esula dall’attività di interpretazione normativa essendo riservata, in maniera esclusiva, a quella di accertamento.

Fatta questa premessa, può adesso passarsi ad esaminare il problema fondamentale che è stato posto, ossia quella della liceità o meno della vendita di oggetti qualificati come antichi perché più vecchi di cento anni, sia a cittadini italiani che stranieri.

In linea generale intanto può dirsi che, trattandosi pur sempre di beni mobili, trova applicazione il principio generale della libertà di forma, non rientrando tale fattispecie in alcuno dei casi previsti dall’articolo 1350 c.c., per i quali è richiesto l’atto pubblico o la scrittura privata sotto pena di nullità.

La normativa specifica di riferimento della vendita di oggetti antichi si rinviene invece prevalentemente nelle seguenti fonti:
Art. 126 e 128 del Tulps (rd. 773/1831)
Art. 242 e 247 del reg. di esecuz del Tulps (rd. 635/1940)
Dlgs 231 del 21.11.2007 e art 2 del dlgs 374/1999 (requisiti di onorabilità)
Dgls 42/2004 codice beni culturali
DM Ministero per i Beni e le attività culturali n. 95 del 15.5.2009

Dall’esame di tale normativa può ritenersi legittimo il commercio dei beni di cui si discute, sia in favore di residenti che di non residenti (CEE o Extra CEE), ciò che trova conferma in particolare negli articoli 53 e 54 del codice dei beni culturali Dlgs 42/2004 (non potendosi tali beni far rientrare nei casi di inalienabilità previsti dalle suddette norme), e non trovando per essi neppure applicazione il particolare regime autorizzatorio previsto sempre da tale codice, ma con esclusivo riferimento ai beni cd. "culturali"
.

Si ritiene opportuno precisare che i beni culturali si distinguono dai beni antichi o di antiquariato, potendosi qualificare come beni culturali quei beni espressamente indicati nell’art. 1 della legge n. 1089 del 1° giugno 1939.

Accertata la liceità di una loro alienabilità, in quanto trattasi di antiquariato, peraltro non italiano ma asiatico, andiamo adesso a vedere nel dettaglio come può tecnicamente procedersi alla loro alienazione.

In linea generale va detto che il settore del commercio antiquario al minuto è molto variegato e può essere classificato in funzione di alcune variabili, quali ad esempio la natura dei beni, i quali possono distinguersi nei seguenti tipi:
° cose antiche;
° cose usate;
° beni autentici;
° beni originali.

Particolari regole valgono per la vendita di determinati beni quali:
° metalli preziosi;
° armi antiche;
° rottami;
° beni culturali.

E’ anche opportuno precisare che mentre in Italia sono da ricomprendere negli oggetti antichi i beni con più di 50 anni (come è riscontrabile dal combinato disposto dell’art. 1 della L. 36 del 20/6/1929 e dell’art. 1 della L. 1062 del 20/11/1971), nel resto dell’Unione europea la soglia è più alta: 100 anni.

Inoltre i beni, per essere considerati antichi secondo la normativa italiana, devono essere:
  • di interesse artistico (opere di pittura, opere di scultura, opere di grafica, cfr.: art. 1 L. 1062/1971 e art. 2575 del codice civile)
  • di interesse storico (opere legate alla storia o all’archeologia).
Oltre alla distinzione fra usato e antico, è pure importante la distinzione fra autentico e originale, in quanto un bene è autentico quando è di un autore accertato, mentre è originale quando corrisponde ad uno stile ed appartiene ad un’epoca e, benché sia sconosciuto l’autore, sia possibile escludere che si tratti di copia o imitazione successivamente realizzate rispetto ad un modello precedente.
Nel caso specifico poi di oggetti costituiti da metalli preziosi, per il loro commercio è necessaria la licenza rilasciata dal questore ai sensi dell’art. 127 del TULPS.

In ordine alle modalità di svolgimento del commercio di antiquariato, va qualificato come “commerciante per conto proprio” (si ritiene sia tale il caso prospettato) chiunque svolge, ai sensi dell’art. 1 della Legge 1062 del 20/11/1971, “l’esercizio di attività di vendita al pubblico o di esportazione a fine di commercio di opere di pittura, scultura, grafica e di oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico”.

I commercianti sono soggetti alla legge sul commercio (L. 426/1971) e sono tenuti ai seguenti obblighi:
  • iscrizione al R.E.C. (registro esercenti il commercio), prevista sia per il commercio fisso che per quello ambulante, istituito presso le C.C.I.A.A.;
  • autorizzazione comunale (solo per il commercio fisso), prevista dall’art. 126 del Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza;
  • autorizzazione regionale (solo per il commercio ambulante), prevista dall’art. 2, lett. a) e b) della L. 112/1991;
  • tenuta del Registro delle Operazioni Giornaliere (art. 128 del TULPS e art. 247 del Regolamento);
  • autorizzazione amministrativa prevista dall’art. 127 del TULPS, in caso di commercio di mobili od oggetti decorati da metalli preziosi.
  • licenza per la vendita di “mobili ed oggetti antichi” di cui all’art. 126 del TULPS, (in caso di commercio di beni aventi più di 50 anni); la licenza per i beni usati, invece, legittima alla vendita dei soli beni aventi un massimo di 50 anni.
Il commerciante in proprio è autorizzato a vendere solo la merce di sua proprietà, requisito in questo caso sussistente poiché ampiamente documentabile da fattura del fornitore di Hongkong, lettera di vettura marittima e bolla di importazione belga.

Al fine poi di far attestare che non si tratta di beni culturali ma di antichità asiatica, liberamente commerciabile e non soggetta ad alcuna restrizione autorizzativa (in particolare alla disciplina di cui al Regolamento CEE 3911/1992), si ritiene possa farsi ricorso a quanto previsto dall’art. 72 codice dei beni culturali, norma che consente, a chiunque abbia importato temporaneamente da uno Stato membro dell’Unione europea o da un Paese terzo delle cose o dei beni indicati nell’art. 65 comma 3 stesso codice, di ottenere il certificato di avvenuta spedizione (C.A.S.) e di avvenuta importazione; tali certificati vengono rilasciati sulla base di documentazione idonea ad identificare la cosa o il bene e a comprovarne la provenienza dal territorio dello Stato membro o del Paese terzo dai quali la cosa o il bene medesimi sono stati, rispettivamente, spediti o importati. Hanno validità quinquennale e possono essere prorogati su richiesta dell'interessato.