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Sezione VI - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 03/08/2024]

Delle copie degli atti

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
1112 Modificazioni e aggiunte ho introdotte anche in tema di copie degli atti pubblici e delle scritture private. Completando la norma dell'art. 1336 del codice del 1865 - il quale, per il caso di mancanza dell'originale o di una copia depositata in pubblico archivio attribuiva piena fede alle copie autentiche estratte da pubblici ufficiali a ciò autorizzati, purché non fossero abrase ne dessero luogo in alcun modo a sospetti - ho rimesso al giudice di apprezzare l'efficacia probatoria di tali copie quando presentino cancellature, abrasioni, intercalazioni o altri difetti esteriori, e siffatto potere discrezionale ho esteso al caso in cui, mancando sempre l'originale, esista tuttavia copia dell'atto presso un pubblico depositario, ma questa presenti gli accennati difetti: entrambi i casi, infatti, non possono essere disciplinati che da identica regola, data l'impossibilità, nell'uno e nell'altro, di accertare, mediante collazione, se le cancellature, le abrasioni e le intercalazioni importino difformità tra le copie e l'originale. Naturalmente, come chiarisce il secondo comma dell'art. 2716 del c.c., anche nel caso in cui le copie non presentino alcun difetto esteriore rimane salva la questione sull'autenticità dell'originale mancante. Quanto alle copie autentiche delle scritture private, ho conservato sostanzialmente nell'art. 2715 del c.c., pur rettificandone la formula, la disposizione dell'art. 1333, secondo comma, del codice del 1865, il cui significato però va ora determinato in relazione alla nuova formula dell'art. 2702 del c.c., anche per quanto riguarda la necessità legale del riconoscimento o degli equipollenti legali del riconoscimento, come risulta dal coordinamento con l'art. 215 del c.p.c.. Ho soppresso, come non giustificata, la distinzione che l'art. 1338 del codice del 1865 poneva in ordine alle copie estratte da pubblici ufficiali a ciò non autorizzati, qualora mancasse l'originale o una copia depositata in pubblico archivio: ad esse attribuiva il valore di un principio di prova se fatte da più di trent'anni e il valore di semplice indizio se di data più recente alle copie anzidette, indipendentemente dalla loro data, l'art. 2717 del c.c. attribuisce l'efficacia di un principio di prova per iscritto. Di nuova formulazione è l'art. 2718 del c.c., che regola l'efficacia probatoria delle copie parziali e delle riproduzioni per estratto rilasciate nella forma prescritta da pubblici ufficiali che ne sono depositari e sono debitamente autorizzati: l'efficacia può essere piena solo per quella parte dell'originale che esse riproducono letteralmente. Non occorre rilevare come le copie fotografiche, con maggiore fedeltà delle copie manoscritte, dattiloscritte o a stampa, nelle quali sono frequenti gli errori di trascrizione, riproducano l'originale: la stessa efficacia probatoria delle copie autentiche è pertanto ad esse conferita dall'art. 2719 del c.c., se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta. Ho eliminato la disposizione dell'art. 1335 del codice del 1865, sostituita dalle norme del codice di procedura civile che disciplinano l'esibizione dei documenti in giudizio e la collazione delle copie degli atti pubblici.