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Proprietario di ristorante condivide su Facebook immagini di clienti che si sono comportati male: ma è legale?

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Proprietario di ristorante condivide su Facebook immagini di clienti che si sono comportati male: ma è legale?
È lecito pubblicare immagini di persone su Facebook, senza il loro consenso, anche se hanno commesso qualcosa di sbagliato?
Avere un sistema di videosorveglianza non legittima il titolare ad utilizzare a suo piacimento le relative registrazioni video.

Nello specifico, è possibile estrarre immagini o video tratti dalle telecamere di sicurezza e pubblicarli sui social (o, comunque, diffonderli pubblicamente)?

La domanda è d’obbligo se si pensa ad un recente episodio accaduto in Inghilterra. In un ristorante indiano, due uomini prima hanno consumato la cena e poi, con la scusa di fumare una sigaretta, sono scappati dal locale senza pagare il conto di 63 sterline (72 euro circa).
I proprietari del ristorante hanno poi pubblicato su Facebook le riprese dell’accaduto, in cui si vedono i volti dei clienti che non hanno saldato il conto.

Però, il comportamento del ristoratore è legale? La risposta è no. Si rischia di commettere due illeciti con tale condotta.

Innanzitutto, la condivisione su un social network (come, ad esempio, Facebook) di video o immagini o audio con volti e voci di soggetti riconoscibili, senza il consenso di questi ultimi, comporta il rischio di commettere una violazione del diritto alla privacy (a meno che non riguardi una persona famosa in eventi di interesse pubblico o svoltosi in pubblico).

Infatti, le immagini e i video ricavati da un sistema di videosorveglianza rientrano nella categoria dei dati personali e, quindi, l’uso dei sistemi di videosorveglianza per la sicurezza è disciplinato dal Codice in materia di protezione dei dati personali.

In modo particolare, i frame dei video degli impianti di sorveglianza non sono destinati alla diffusione o pubblicazione. Anzi, i dati raccolti con la videosorveglianza possono essere conservati solo per il tempo necessario per raggiungere lo scopo della registrazione, che è quello della sicurezza (generalmente, il tempo di due giorni).
L’utilizzo della videosorveglianza deve essere strettamente necessario per raggiungere l’obiettivo di sicurezza: la finalità è quella di denunciare il fatto alle Forze dell’Ordine e non quella di accusare con la pubblicazione e condivisione di un post su un social.

Infatti, il Codice stabilisce il divieto di pubblicare o diffondere video o audio senza il consenso della persona protagonista della registrazione. Come già anticipato, se ciò viene fatto in assenza di consenso del soggetto, c’è violazione alla privacy e il Codice prevede le sanzioni a carico del trasgressore.

La violazione della privacy viene esclusa solo se, prima della condivisione, si provvede a pixellare i volti dei soggetti in questione: ciò poiché, in questo modo, le persone coinvolte non sarebbero riconoscibili.

Peraltro, proprio a causa della diffusione non consentita del materiale, la persona lesa potrebbe anche proporre una richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Ancora, questo comportamento determina anche il rischio della realizzazione del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni: il codice penale (art. 392 e art. 393 c.p.) punisce il soggetto che, per esercitare un diritto di cui ritiene essere titolare, non ricorre al giudice, ma si fa arbitrariamente giustizia da sé con violenza sulle cose o sulle persone.

Come visto, ci sono dei rischi derivanti da un tale comportamento.

Di conseguenza, se il ristoratore ha tra le mani la registrazione in cui si vede il cliente scappare dal locale senza aver pagato il conto, egli dovrà presentare una querela contro ignoti (visto che, quasi certamente, non conoscerà il nome del cliente), consegnando alle Forze dell’Ordine il video e ogni altro elemento che serva ad identificare la persona e a provare il fatto.


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