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Articolo 649 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti

Dispositivo dell'art. 649 Codice Penale

Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno(1):

  1. 1) del coniuge non legalmente separato [150-151](2);
  2. 1-bis) della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso(3);
  3. 2) di un ascendente o discendente [540; 75] o di un affine in linea retta [78], ovvero dell'adottante o dell'adottato [291];
  4. 3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.

I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato o della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll'autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado con lui conviventi [78](4).

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone(5).

Note

(1) La natura di tale fattispecie non è pacifica in dottrina, da alcuni considerata quale causa di giustificazione ex art. 59, mentre da altri come causa di esclusione della punibilità.
(2) Non viene considerato il convivente more uxorio, aspetto controverso in dottrina e rispetto al quale più volte la Corte Costituzionale ha escluso l'illegittimità di tale omissione.
(3) Numero inserito dall'art. 1, D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 6 con decorrenza dall'11 febbraio 2017.
(4) Comma modificato dall'art. 1, D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 6 con decorrenza dall'11 febbraio 2017.
(5) La violenza deve essere presente in concreto, ovvero l'agente ne deve aver fatto uso, strumentalmente o contestualmente alla commissione del reato e non dunque solo in occasione di esso.

Ratio Legis

La norma trova la sua ratio nella tutela della famiglia contro eventuali turbamenti creati da intromissioni della giurisdizione penale all'interno della stessa.

Spiegazione dell'art. 649 Codice Penale

La norma in oggetto prevede la non punibilità per alcune categorie di soggetti in merito alla commissione di determinati delitti contro il patrimonio.

Essa risponde a obiettivi di politica criminale, in ordine all'opportunità di punire condotte messe in atto all'interno di contesti familiari o parafamiliari.

La disposizione si pone infatti o scopo di bilanciare l'interesse alla soppressione di determinati reati con l'esigenza di non intaccare l'unità familiare.

Mentre per alcuni soggetti la punibilità è esclusa, per altri (nello specifico per i non conviventi) è subordinata alla presentazione di apposita querela, a prescindere dalla eventuale procedibilità d'ufficio del delitto di volta in volta considerato.

Tuttavia, ai sensi del terzo comma, la causa di esclusione della punibilità non si estende ai delitti di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione, nonché a tutti i delitti contro il patrimonio, qualora commessi con violenza sulle persone.

La giurisprudenza ha chiarito che la norma è inapplicabile al delitto di circonvenzione di incapace (art. 643), non rilevando solamente la violenza fisica, ma anche quella morale, come forma di coazione psichica.

In seguito all'inserimento, tra i beneficiari della causa di esclusione della punibilità, delle parti di unione civile dello stesso sesso, la giurisprudenza si è sempre più orientata a riconoscere tra i beneficiari anche il convivente more uxorio, nonostante la paventata necessità di apposita modifica legislativa.

Massime relative all'art. 649 Codice Penale

Cass. pen. n. 22930/2023

La minaccia o la mera violenza psichica non escludono la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola derogatoria prevista dall'art. 649, comma terzo, cod. pen., opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica.

Cass. pen. n. 23060/2021

In tema di reati contro il patrimonio, il rapporto di affinità tra autore e vittima del reato che fonda la causa di non punibilità ovvero la procedibilità a querela di cui all'art. 649 cod. pen. non opera allorché sia morto il coniuge da cui l'affinità stessa deriva e non vi sia prole.

Cass. pen. n. 33614/2020

In tema di tentata estorsione in danno di congiunti commessa con minaccia, la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 cod. pen. trova applicazione anche quando le condotte minacciose siano attuate mediante violenza sulle cose.

Cass. pen. n. 26619/2018

I reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione sono esclusi dall'area di applicabilità della previsione dell'art. 649 cod. pen., pur se posti in essere senza violenza alle persone, bensì con la sola minaccia. (In motivazione, la Corte ha precisato che la causa di non punibilità per "ogni altro diritto contro il patrimonio" commesso con minaccia alle persone si applica solo alle ipotesi diverse da quelle nominativamente previste, rispetto alle quali non è richiamata la distinzione tra minaccia e violenza).

Cass. pen. n. 26020/2018

La causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 649, comma primo, n. 1, cod. pen. è operativa anche nei confronti di coniugi "riconciliati" pur se al momento della commissione del fatto non sia ancora intervenuta la sentenza di riconciliazione, poiché essa determina la cessazione degli effetti della precedente separazione omologata, non già con effetto "ex nunc" ma a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale della vita coniugale, considerato che, ai sensi dell'art.157 cod. civ., i coniugi possono far cessare gli effetti della sentenza di separazione anche con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato di appropriazione indebita, applicando il principio e ritenendo configurabile l'esimente a fatti commessi quando la riconciliazione tra i coniugi era già intervenuta di fatto).

Cass. pen. n. 26533/2017

L'esimente di cui all'art. 649, comma primo, n. 1, cod. pen., viene meno soltanto per effetto della pronuncia della sentenza che conclude il procedimento instaurato con l'azione di separazione legale tra i coniugi, essendo irrilevante l'eventuale separazione di fatto (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il decreto di archiviazione emesso dal gip per il reato di cui all'art. 646 cod. pen. avvenuto tra coniugi non separati).

Cass. pen. n. 1674/2017

Nell'ipotesi di estorsione commessa in danno del proprio coniuge, non opera la causa di non punibilità di cui all'art. 649, primo comma, c.p. sia che il reato sia stato commesso con violenza o con minaccia. (Nella fattispecie si trattava di una serie di minacce eseguite dall'imputata, sia personalmente che tramite sms, nei confronti del marito, dal quale si stava separando legalmente, con la prospettiva che se non le avesse concesso quanto da lei richiesto avrebbe continuato a molestarlo durante il servizio, in modo tale da indurre il datore di lavoro a licenziarlo, facendosi, in tal modo, consegnare somme di denaro in misura maggiore rispetto a quelle stabilite nel provvedimento di separazione legale).

Cass. pen. n. 53631/2016

La disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 649 cod. pen., che esclude l'operatività della causa di non punibilità prevista per i reati contro il patrimonio commessi fra determinate categorie di familiari quando vi sia stato impiego di violenza alla persona, si applica anche ai delitti tentati e non solo a quelli consumati. (Fattispecie in tema di tentativo di estorsione ai danni della madre dell'imputato).

Cass. pen. n. 1381/2015

I presupposti per la declaratoria della causa di non punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649, comma primo, n. 1, c.p., devono sussistere al momento della commissione del fatto e, pertanto, non assume rilevanza il matrimonio contratto tra l'imputato e la persona offesa dopo la consumazione del reato.

Cass. pen. n. 32354/2013

La minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno dei prossimi congiunti, in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, terzo comma, c.p., opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica. (Fattispecie in tema di tentata estorsione commessa con minacce ai danni del coniuge convivente).

Cass. pen. n. 34866/2011

L'operatività dell'esimente di cui all'art. 649, comma primo, n. 1, c.p. per i delitti contro il patrimonio viene meno non con l'ordinanza presidenziale che autorizza in via provvisoria i coniugi a vivere separatamente, ma soltanto per effetto della pronuncia della sentenza che conclude il procedimento instaurato con l'azione di separazione legale tra i coniugi.

Cass. pen. n. 18273/2011

Il tentativo di estorsione commesso con minaccia in danno del genitore non è punibile ex art. 649 c.p..

Cass. pen. n. 28686/2010

La causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p. non si applica all'estorsione commessa con violenza verso i congiunti indicati in tale disposizione neanche se il delitto sia stato solo tentato.

Cass. pen. n. 19668/2010

In tema di reati contro il patrimonio, il rapporto di affinità tra autore e vittima del reato che fonda la causa di non punibilità ovvero la procedibilità a querela di cui all'art. 649 c.p. non opera allorché sia morto il coniuge da cui l'affinità stessa deriva e non vi sia prole.

Cass. pen. n. 17261/2010

La causa di non punibilità di cui all'art. 649 c.p. non è applicabile nell'ipotesi in cui la cosa sottratta appartenga a persona diversa dal congiunto, il quale ne abbia soltanto la custodia, anche temporanea ed a qualsiasi titolo.

Cass. pen. n. 44047/2009

La causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il coniuge dall'art. 649 c.p. non si estende al convivente "more uxorio". (Fattispecie di ricettazione di assegno bancario il cui smarrimento era stato denunciato dal convivente "more uxorio" della persona offesa all'epoca del fatto)

Cass. pen. n. 39008/2009

I reati consumati di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione restano esclusi dall'operatività della previsione dell'art. 649 c.p., pur se posti in essere senza violenza alle persone.

Cass. pen. n. 32190/2009

Non è punibile il furto commesso in danno del convivente "more uxorio", ma è punibile, a querela dell'offeso, il furto commesso in danno di persona già convivente "more uxorio". (In motivazione, la Corte ha precisato che la prevalenza dell'interesse alla riconciliazione rispetto a quello alla punizione del colpevole, posto a fondamento della causa soggettiva di esclusione della punibilità di cui all'art. 649 c.p., ricorre anche con riguardo ai soggetti che siano, o siano stati, legati da un vincolo non matrimoniale, ma ugualmente caratterizzato da una convivenza tendenzialmente duratura, fondata sulla reciproca assistenza e su comuni ideali e stili di vita).

Cass. pen. n. 26386/2009

In tema di furto, la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p.. ha natura personale, con la conseguenza che non si estende all'eventuale concorrente.

Cass. pen. n. 19651/2007

In tema di delitti contro il patrimonio, la causa di non punibilità per fatti in danno dei congiunti non trova applicazione nei casi in cui siano commessi con violenza fisica, consistente in qualsiasi atteggiamento di coartazione della libertà fisica del soggetto passivo, costretto pertanto a fare, tollerare o omettere qualche cosa, indipendentemente dall'esercizio su di lui di un vero e proprio costringimento fisico. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza di non convalida del fermo, motivata anche con la mancanza del requisito della violenza fisica, per il fatto commesso da un soggetto che, per procurarsi un ingiusto profitto, aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere i genitori a consegnargli la somma di denaro di euro 100, scagliando contro costoro vari oggetti dopo averli ripetutamente minacciati di morte).

Cass. pen. n. 41317/2006

Non è applicabile l'esimente di cui all'art. 649 c.p. (fatti commessi in danno di congiunti), al reato di illecito uso di una tessera bancomat (di cui all'art. 12 D.L 3 maggio 1991, convertito in L. 5 luglio 1991, n. 197), nel caso in cui tale uso sia stato effettuato con carta di credito appartenente al coniuge separato di fatto, considerato che il reato di cui al suddetto art. 12 L. n. 197 del 1991 ha natura plurioffensiva avendo di mira la tutela del patrimonio e insieme della sicurezza dei traffici finanziari e commerciali e, pertanto, una dimensione lesiva che trascende il mero patrimonio individuale per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili all'ambito dell'ordine pubblico, economico e della fede pubblica; ne consegue che esso confligge con la ratio della previsione di cui all'art. 649 c.p., la quale concerne esclusivamente i delitti contro il patrimonio e ha natura eccezionale che ne preclude l'applicazione in via analogica.

Cass. pen. n. 16023/2005

La minaccia o la mera violenza psichica non esclude la configurabilità della causa di non punibilità e della perseguibilità a querela per i reati contro il patrimonio commessi in danno di prossimi congiunti (art. 649, commi primo e secondo, c.p.), in quanto la clausola negativa prevista dall'art. 649, comma terzo, opera solo quando il fatto sia commesso con violenza fisica.

Cass. pen. n. 20110/2002

L'art. 649, comma 3, c.p., nella parte in cui esclude l'operatività delle disposizioni di favore contenute nei commi precedenti in materia di reati contro il patrimonio commessi in danno di prossimi congiunti quando trattasi di delitti caratterizzati da «violenza alle persone», intende riferirsi, con detta ultima espressione, alla sola violenza fisica e non anche a quella psichica, estrinsecantesi nella minaccia. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato escluso che fosse da qualificare come «violenza» quella costituita dalla minaccia portata con un coltello dall'autore del fatto, rubricato come tentativo di estorsione, nei confronti della madre, persona offesa).

Cass. pen. n. 22628/2001

In tema di reati contro il patrimonio commessi in danno di congiunti, la causa di non punibilità e la condizione di non procedibilità di cui ai commi primo e secondo dell'art. 649 c.p. si applicano anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p., che non siano commesse con violenza alle persone.

Cass. pen. n. 8034/1997

Il soggetto passivo del delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.), titolare del diritto di querela nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 649 c.p. (fatti commessi a danno di congiunti), è soltanto l'incapace — ossia il soggetto che abbia subito la circonvenzione — quale portatore dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice, e non anche il terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispositivi posti in essere dall'incapace medesimo; il terzo, infatti, riveste solo la qualità di persona danneggiata dal reato ed è pertanto, come tale, legittimato solamente ad esercitare l'azione civile ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Cass. pen. n. 8470/1995

Non è punibile il tentativo di estorsione (artt. 56, 629 c.p.) commesso con minaccia in danno del coniuge; nella specie deve trovare applicazione, infatti, la causa di non punibilità prevista dall'art. 649 c.p., in quanto le ipotesi criminose che rimangono escluse dalla sua operatività concernono solamente, da un lato, i delitti consumati — dai quali necessariamente si distinguono, per la loro autonomia, le rispettive forme tentate — di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p.; e, dall'altro, tutti i delitti contro il patrimonio anche tentati ma commessi con violenza, con l'esclusione quindi di ogni rilevanza, al fine che interessa, di quelli commessi con minaccia.

Cass. pen. n. 3542/1995

La disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 649 c.p., che esclude l'operatività della causa di non punibilità prevista per i reati contro il patrimonio commessi fra determinate categorie di familiari quando vi sia stato impiego di violenza alla persona, si applica anche ai delitti tentati e non solo a quelli consumati. (Fattispecie in tema di tentativo di rapina ai danni del coniuge).

Cass. pen. n. 8384/1991

Allorquando la non punibilità o la punibilità «a querela» (art. 649 c.p.) del reato presupposto si riferisce alla particolare qualità (coniuge, ascendente, discendente, affine, fratello, sorella...) della persona offesa, sussiste ugualmente il delitto di ricettazione, poiché sono presenti tutti gli elementi costitutivi del «reato presupposto», alla cui realizzazione possono concorrere soggetti privi delle qualità personali, in presenza delle quali è prevista la «non punibilità» ovvero la «punibilità a querela». (Fattispecie relativa a rigetto di ricorso con il quale si deduceva che essendo il reato presupposto [furto commesso in danno di sorella] perseguibile a querela, non proposta, non avrebbe dovuto ritenersi sussistente il delitto di ricettazione).

Cass. pen. n. 8428/1988

Il fondamento della causa di non punibilità di cui all'art. 649 c.p. è costituito dalle ragioni di carattere morale e sociale che connotano i rapporti fra certe categorie di familiari riguardo ai beni materiali ed in vista delle quali si è esclusa o condizionata a querela la punibilità di alcuni reati. L'espressa esclusione della rapina, dell'estorsione e del sequestro di persona è poi giustificata dalla necessità di reprimere l'impiego della violenza fisica o psichica contro le persone; l'esclusione deve comprendere anche il tentativo di questi delitti perché anche in esso ricorre l'impiego della violenza.

Cass. pen. n. 13268/1986

La violenza alle persone, che rende procedibili di ufficio i reati previsti nel titolo XIII del libro secondo del codice penale, se commessi in danno delle persone indicate nel secondo comma dell'art. 649 c.p., deve essere contestuale alla consumazione del reato. In particolare, per quanto riguarda il delitto di danneggiamento, detta violenza deve essere effettuata all'inizio o durante il corso dell'azione diretta alla distinzione o al deterioramento delle cose rimanendo irrilevante la violenza successiva.

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A. B. chiede
mercoledì 19/10/2022 - Lombardia
“Un genitore crea un conto corrente e cointesta il figlio con il compito di gestire al meglio il denaro e gli investimenti posseduti. Il figlio vende gli investimenti e trasferisce tutti i soldi sul suo conto personale rendendosi irreperibile ; c’è un reato per questa azione ? quale ?”
Consulenza legale i 26/10/2022
Gentile cliente,
premessa la genericità del quesito, occorrerebbe integrare con più informazioni la fattispecie oggetto di consulenza.

Si può anzitutto osservare che sarebbe stato più opportuno conferire al figlio solo una delega sul conto corrente, situazione che non avrebbe generato problemi o dubbi sulla titolarità delle somme di denaro.

Dal punto di vista dei profili penalistici, viene in evidenza l’art. art. 649 del c.p. che prevede una causa di non punibilità per i fatti disciplinati dal Titolo XIII del Libro II del Codice penale (c.d. Delitti contro il patrimonio) qualora, tra le diverse ipotesi previste dalla norma, il soggetto agente commetta qualcuno dei delitti previsti dal Titolo citato in danno di un ascendente o discendente (comma primo, n. 2).

Si specifica che qualora uno dei coniugi abbia un figlio nato da precedente vincolo matrimoniale, ai fini dell’operatività della causa di non punibilità, il figlio del coniuge è considerato affine in linea retta dell’altro coniuge (sul punto v. Cass. pen., sez. II, sent. 24643/2012).

Tuttavia, occorre chiarire il significato concreto del verbo “trasferire” utilizzato nel testo del quesito.
Infatti, nel caso in cui il figlio abbia utilizzato indebitamente carte di credito o di pagamento per effettuare lo spostamento delle somme, carte di cui è titolare solo il padre, si potrebbe astrattamente configurare un’altra fattispecie di reato esclusa dall’ambito di applicabilità dell’art. 649 c.p.
Il riferimento, sussistendone tutti i presupposti di legge, è al delitto di cui all’art. art. 493 ter del c.p. rubricato “Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento” nel Titolo VII (Delitti contro la fede pubblica) del Libro II del codice penale.

Ad ogni buon conto, si sconsiglia di depositare un atto di denuncia-querela e percorrere un iter procedurale in sede penale.
Si raccomanda, invece, di rivolgersi ad un legale di propria fiducia, al fine di tutelare i propri diritti ed intraprendere le azioni più opportune ed efficaci sul piano civilistico.