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Articolo 643 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Circonvenzione di persone incapaci

Dispositivo dell'art. 643 Codice Penale

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore [2], ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica(1) di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto(2) che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso(3)(4), è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065.

Note

(1) Per quanto riguarda le persone totalmente incapaci d'intendere e di volere, la dottrina appare divisa tra coloro che non ritengono che questi possano dirsi soggetti passivi del delitto, riconoscendo come necessario almeno un minimo di capacità psichica, e coloro che invece ritengono questi come possibili offesi.
(2) Tale reato è a forma libera, quindi può essere realizzato con qualunque mezzo idoneo ad indurre la vittima a compiere l'atto dannoso, senza la necessità di ricorrere ad artifici o raggiri. Tuttavia si ritiene che debba essere in ogni caso un'attività positiva, orientata a incidere sul processo volitivo del soggetto, determinandolo.
(3) Riguardo agli effetti dell'atto alcuni autori ritengono possa trattarsi anche di un danno di natura extra patrimoniale, mentre altri optano per una visione restrittiva della norma che fa sì che venga ad integrarsi solo ove il soggetto passivo sia offeso nella sua sfera patrimoniale.
(4) Il terzo che eventualmente subisce il danno non è considerato persona offesa, bensì può assumere la qualifica di danneggiato dal reato agli effetti civili.

Ratio Legis

Secondo la dottrina prevalente, il fondamento di tale norma sarebbe rinvenibile nell'esigenza di tutelare il patrimonio dell'offeso, tuttavia alcuni autori propendono per considerare oggetto di tale esigenza la libertà di autodeterminazione di questi.

Spiegazione dell'art. 643 Codice Penale

Il bene giuridico tutelato consiste sia nella libertà di autodeterminazione del soggetto debole, sia nella sua integrità patrimoniale.

Con riguardo ai soggetti passivi del reato, si prescinde dai concetti civilistici di interdizione ed inabilitazione, non richiedendosi altresì che lo stato d'infermità sia catalogabile tra le varie affezioni morbose di natura psichiatrica.

Autorevole dottrina sostiene che il soggetto passivo non possa essere colui che soffra di infermità mentale assoluta, non potendo quest'ultimo essere ridotto a mero strumento materiale altrui, al fine di configurare il reato. L'utilizzo del verbo “indurre” presupporrebbe infatti un soggetto cosciente anche se immaturo o deficiente, sul quale si possa agire sfruttandone la menomata capacità.

La condotta oggetto di incriminazione è un'attività d'induzione mediante abuso della condizione di minoranza psichica. Ove si tratti di minore, tale abuso deve concretizzarsi in un approfittamento dei loro bisogni, delle loro passioni o inesperienza.

L'evento del reato è duplice, dato che la condotta deve essere causa dell'adozione di un atto da parte della vittima il quale, a sua volta, determini un danno per l'incapace o per altri. Qualora tali eventi non coincidano, il reato si consuma al momento dell'apprensione, che produce il materiale conseguimento del profitto ingiusto.

Per quanto concerne invece l'elemento soggettivo, la norma richiede il dolo specifico, ovvero il fine di procurare a sé o ad altri un profitto.

La giurisprudenza ha chiarito che la norma di cui all'art. 649 è inapplicabile al presente delitto, non rilevando solamente la violenza fisica, ma anche quella morale come forma di coazione psichica.

///SPIEGAZIONE ESTESA

Il delitto di circonvenzione d’incapaci punisce chi, al fine di procurare, a sé o ad altri, un profitto, abusa delle passioni o dell’inesperienza di una persona minore, oppure dello stato di infermità o di deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, inducendola a compiere un atto che comporti un qualsiasi effetto giuridico dannoso.

Si tratta di un reato plurioffensivo, in quanto provoca, al contempo, una lesione sia della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo, sia di un suo interesse patrimoniale.

È un reato comune, per cui il soggetto attivo può essere chiunque.

Presupposto necessario per la configurazione di tale delitto è, però, che il soggetto passivo si trovi in una delle condizioni di debolezza psichica tassativamente indicate dal legislatore.
Si può, innanzitutto, trattare di una persona minore, dei cui bisogni o delle cui passioni o inesperienza l’agente abusi. L’inesperienza tipica di un minorenne comporta, infatti, una diminuzione della sua sfera conoscitiva, tale da farsi indurre più facilmente da pressioni, suggestioni o altri mezzi di persuasione.
Si può, però, trattare anche di una persona che si trovi in uno stato di infermità o di deficienza psichica, pur non essendo interdetta o inabilitata. Si trova in uno stato di “infermità psichica” il soggetto affetto da una malattia mentale, idonea a diminuire grandemente, anche se non totalmente, la sua capacità di intendere e di volere. La “deficienza psichica” comprende, invece, tutte le ipotesi di minorata capacità intellettiva o volitiva, idonee a rendere un soggetto una facile preda dell’altrui opera di suggestione, le quali non siano, peraltro, riconducibili ad un’infermità mentale, in quanto non dovute ad un’autentica patologia, potendo, infatti, dipendere anche da alcune anomalie psichiche, quali delle fragilità caratteriali, oppure da particolari situazioni fisiche, culturali o ambientali.

La dottrina preponderante ritiene che il delitto in esame non sia configurabile nei confronti di soggetti totalmente incapaci, considerato che, da un lato, l’opera di circonvenzione dell’agente è incompatibile con uno stato di totale incapacità della vittima, e, dall’altro, l’espressione “indurre”, usata dal legislatore, presuppone che la condotta criminosa si rivolga ad un soggetto cosciente, anche se immaturo o non totalmente capace, su cui si possa agire in modo persuasivo, sfruttandone la menomata capacità.

La condotta tipica consiste nell’indurre una persona a compiere un atto che abbia effetti dannosi, abusando della sua condizione di immaturità, dovuta alla minore età, oppure di menomazione psichica.
“Indurre” significa influire sul processo di formazione dell’altrui volontà, determinandolo o rafforzandolo attraverso un’apprezzabile attività di persuasione, di suggestione o di pressione morale. Non si ha, quindi, un’induzione nel caso di una semplice richiesta priva di insistenza.
“Abusare” significa, invece, sfruttare l’altrui posizione di debolezza.

L’evento è duplice in quanto, perché si possa parlare di circonvenzione di incapace, dalla condotta criminosa deve derivare sia il compimento di un atto da parte della vittima, sia la produzione, in seguito a detto atto, di un qualsiasi effetto giuridico patrimonialmente dannoso per la vittima o per altri.

Peraltro, il compimento, da parte del soggetto passivo, di un atto capace di produrre un effetto patrimonialmente dannoso, coincide anche con il momento consumativo del delitto in esame.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, ai fini dell'integrazione del delitto di circonvenzione d'incapaci, è necessario che sussista, in capo all’agente, il dolo specifico, quale coscienza e volontà di indurre un minore, un infermo o un deficiente psichico, abusando delle loro condizioni, a compiere un atto comportante un qualsiasi effetto giuridico dannoso, per lui o per altri, al fine di procurare, a sé o ad altri, un profitto ingiusto.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 643 Codice Penale

Cass. pen. n. 23283/2023

Il delitto di circonvenzione di incapace non postula che la vittima versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente che sia affetta da infermità psichica o da deficienza psichica, ovvero da un'alterazione dello stato psichico che, sebbene meno grave dell'incapacità, risulti idoneo a porlo in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva od affettiva, che ne affievolisca le capacità critiche.

Cass. pen. n. 20677/2022

Ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di persona incapace, di cui all'art. 643 cod. pen., è necessario il dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, di carattere non necessariamente patrimoniale, ed è sufficiente che si ingeneri un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo, trattandosi di reato di pericolo.

Cass. pen. n. 34912/2021

Il delitto di circonvenzione d'incapace si consuma all'atto dell'apprensione, eventualmente successivo all'induzione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che il reato si fosse consumato al momento della stipula di un atto pubblico per il trasferimento di un terreno oggetto di una compravendita di cui a precedente scrittura privata, rilevando come l'atto pubblico fosse necessario per conseguire, attraverso la trascrizione, gli effetti giuridici delle vendita, in modo da rendere il trasferimento di proprietà opponibile a chiunque).

Cass. pen. n. 18997/2021

In tema di circonvenzione di incapace, la condotta di induzione, che costituisce elemento essenziale della fattispecie criminosa, può concretizzarsi anche attraverso comportamenti che implicano il ricorso a forme di violenza morale, estrinsecantisi in atti di intimidazione del soggetto passivo idonei a ridurne od eliminarne la capacità di autodeterminarsi, che, pur senza trascendere nella violenza fisica o nella minaccia che caratterizzano il diverso delitto di estorsione, rendono tuttavia la suggestione e la conseguente induzione meno facilmente resistibile da parte della vittima.

Cass. pen. n. 22481/2021

Ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di persone incapaci, che è reato contro il patrimonio, è necessario, da un lato, che il depauperamento delle consistenze patrimoniali della vittima sia effettivo e, dall'altro, che il profitto realizzato dall'agente sia caratterizzato da ingiustizia, in quanto, diversamente, non vi può essere frode patrimoniale.

Cass. pen. n. 10165/2021

In tema di circonvenzione di incapaci, quando il soggetto passivo sia stato indotto alla redazione di un testamento olografo, il reato si consuma con la pubblicazione dello stesso, verificandosi in tale momento la situazione di pericolo determinata dall'induzione, mentre rimane estraneo al perfezionamento dell'illecito il conseguimento del profitto, che si ricollega all'accettazione dell'eredità ed attiene esclusivamente al piano del dolo specifico.

Cass. pen. n. 31425/2020

In tema di circonvenzione di persone incapaci, nell'ipotesi in cui ad un unico atto di induzione conseguano plurime condotte appropriative, il momento di consumazione del delitto va individuato nell'ultima apprensione in ordine cronologico, diversamente, nell'ipotesi in cui la pluralità di condotte appropriative derivi da plurimi atti di induzione, ciascuno dei quali con un obiettivo di approfittamento, ancorchè originati dalla stessa circonvenibilità della vittima, il reato deve ritenersi reiterato e consumato al momento del conseguimento di ciascun singolo profitto.

Cass. pen. n. 29641/2020

In tema di circonvenzione di persone incapaci, ai fini della sussistenza dell'elemento dell'induzione, non è necessario che la proposta al compimento dell'atto provenga dall'agente ma è sufficiente che questi abbia rafforzato, profittando delle minorate capacità psichiche del soggetto passivo, una decisione pregiudizievole dal medesimo già adottata.

Cass. pen. n. 21464/2019

In tema di circonvenzione di incapaci, costituisce "deficienza psichica" la minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica e indebolimento di quello volitivo, di intensità tale da agevolare la suggestionabilità della vittima e ridurne i poteri di difesa contro le altrui insidie. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto la sussistenza di tale condizione in un caso nel quale risultava accertato un decadimento cognitivo della persona offesa che ne indeboliva la capacità di determinazione in ordine alla cura degli interessi patrimoniali).

Cass. pen. n. 19834/2019

Ai fini della configurabilità del reato di circonvenzione di persone incapaci sono necessarie le seguenti condizioni: a) l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima ed agente, in cui quest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni concrete, sia incapace di opporre alcuna resistenza per l'assenza o la diminuzione della capacità critica; b) l'induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso; c) l'abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l'agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine, ossia quello di procurare a sé o ad altri un profitto; d) l'oggettiva riconoscibilità della minorata capacità, in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti.

Cass. pen. n. 8454/2019

Ai fini della sussistenza del delitto di circonvenzione di persone incapaci, il concetto di induzione postula una attività positiva diretta a determinare, convincere ovvero influire sulla volontà altrui, in modo da condurre la vittima a compiere un determinato atto giuridico, e rappresenta un elemento ben distinto dal mezzo usato per il raggiungimento del fine. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna dell'imputata che aveva approfittato della condizione di debolezza psicologica della vittima, dovuta alla recente perdita del figlio, per indurla ad una disposizione testamentaria per atto notarile in suo favore).

Cass. pen. n. 38705/2018

In tema di circonvenzione di incapaci, al fine di accertare lo stato di deficienza psichica della vittima, può assumere rilievo anche la passione morbosa che essa nutre per l'agente, poiché la tenace presenza di un'idea dominante, carica di contenuto emotivo, e la forte tensione affettiva possono, specie in persone anziane o in soggetti dalla personalità debole, avere un effetto deviante del pensiero critico ed un'azione nettamente inibitrice sulla volontà.

Cass. pen. n. 21977/2017

Tra i delitti di cui all'artt. 643 e 629 cod. pen., pur potendo essere soggetto passivo di quest'ultimo reato anche la persona che versi nello stato di deficienza psichica, non è ammissibile alcun concorso, anche se tra di essi è comune il perseguimento di un profitto, in quanto si differenziano per il mezzo adoperato dall'agente che nella circonvenzione di incapace è costituito dall'opera di suggestione o di induzione e nell'estorsione, invece, dall'uso della violenza o minaccia; ne consegue che la necessaria esistenza di un nesso causale tra l'evento e uno degli indicati comportamenti dell'agente determina la configurabilità dell'uno o dell'altro titolo di reato.

Cass. pen. n. 20669/2017

Nella circonvenzione di incapace, reato a condotta plurima, qualora i momenti della <> e della <> non coincidano, il reato si consuma all'atto della <>, che produce il materiale conseguimento del profitto ingiusto nel quale si sostanzia il pericolo insito nella <>. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha annullato la sentenza che aveva dichiarato estinto per prescrizione il reato di circonvenzione di incapace consistito nella induzione alla redazione di un testamento olografo, in quanto il momento consumativo non si era realizzato con la condotta di induzione ma con la successiva pubblicazione dell'atto e l'accettazione dell'eredità, fatti produttivi di un effetto dannoso per il soggetto passivo e da cui deriva il materiale conseguimento del profitto ingiusto).

Cass. pen. n. 18295/2017

Integra l'elemento oggettivo del reato di circonvenzione di persone incapaci l'induzione del soggetto passivo alla costituzione di un "trust", in quanto detto negozio giuridico, determinando la costituzione di una proprietà temporale in capo al "trustee" svincolata dal potere di disporre dei beni conferiti in modo pieno ed esclusivo, provoca un effetto pregiudizievole per il disponente e per gli altri aventi diritto al trasferimento dei beni per eventi successori.

Cass. pen. n. 9734/2017

Il delitto di circonvenzione di incapace è configurabile qualora la persona offesa sia da anni affetta da morbo di Alzheimer, trattandosi di una patologia ingravescente che determina la sussistenza di uno stato di infermità e deficienza psichica tale da rendere non indispensabile verificare la condizione della vittima al momento dell'atto dispositivo.

Cass. pen. n. 5791/2017

In tema di circonvenzione di persone incapaci, lo stato di infermità o di deficienza psichica della persona, pur non dovendo necessariamente consistere in una vera e propria malattia mentale, deve comunque provocare una incisiva menomazione delle facoltà intellettive e volitive, tale da rendere possibile la suggestione del minorato da parte di altri, in quanto l'incapacità del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato della cui sussistenza, pertanto, vi deve essere l'assoluta certezza.

Cass. pen. n. 28080/2015

In tema di circonvenzione di persona incapace, per la sussistenza dell'elemento dell' "induzione", non è richiesto l'uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri, ma è pur sempre necessaria un'attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, cioè di spinta psicologica che non può ravvisarsi nella pura e semplice richiesta rivolta al soggetto passivo di compiere un atto giuridico.

Cass. pen. n. 9358/2015

Ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di persone incapaci (art. 643 cod. pen.) deve sussistere correlazione tra l'azione subdola dell'agente e la ridotta capacità di autodeterminarsi della vittima a causa della mancata o diminuita capacità critica. (Fattispecie relativa alla condotta di induzione ad atti dispositivi commessa nei confronti di persona cui era stato diagnosticato "disturbo delirante in soggetto con involuzione senile").

Cass. pen. n. 3209/2014

Il delitto di circonvenzione di incapace non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione e pressione.

Cass. pen. n. 1419/2014

In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci, la condotta di induzione implica il compimento di attività di sollecitazione e suggestione capaci di far sì che il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell'atto dannoso, con la conseguenza che, ai fini dell'integrazione del reato, non è sufficiente che l'agente si limiti a trarre giovamento dalle menomate condizioni psichiche del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 39144/2013

Ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del delitto di circonvenzione di incapace, devono concorrere: (a) la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo (minore, infermo psichico e deficiente psichico) in ordine ai suoi interessi patrimoniali: (b) l'induzione a compiere un atto che comporti, per il soggetto passivo e/o per terzi, effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura, che deve consistere in un'apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga, in relazione all'atto dispositivo compiuto, in rapporto di causa ad effetto; (c) l'abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, che si verifica quando l'agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il fine di procurare a sé o ad altri un profitto.

Cass. pen. n. 19180/2013

Il soggetto passivo del delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.), titolare del diritto di querela nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 649 c.p. è soltanto l'incapace - ossia il soggetto che abbia subito la circonvenzione - quale portatore dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice e non anche il terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispositivi posti in essere dall'incapace medesimo, rivestendo detto terzo solo la qualità di persona danneggiata dal reato, come tale legittimata ad esercitare l'azione civile.

Cass. pen. n. 45786/2012

Nella circonvenzione di incapace, reato a condotta plurima, qualora i momenti della "induzione" e della "apprensione" non coincidono, il reato si consuma all'atto della "apprensione", che produce il materiale conseguimento del profitto ingiusto nel quale si sostanzia il pericolo insito nella "induzione". (La S.C. ha precisato che la condotta di induzione perde di rilievo autonomo ove il reato si protragga sino alla commissione di successivi atti appropriativi, ripetuti nel tempo, i quali non costituiscono mero "post factum" non punibile, ma integrano la complessiva fattispecie delineata dalla norma incriminatrice).

Cass. pen. n. 45327/2011

Per la sussistenza del reato di circonvenzione di persone incapaci è necessario che la situazione di deficienza psichica della vittima sia oggettiva e riconoscibile da parte di tutti, in modo che chiunque possa abusarne per i propri fini illeciti.

Cass. pen. n. 6971/2011

L'integrazione della fattispecie criminosa della circonvenzione di persone incapaci non richiede che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente che esso sia affetto da infermità psichica o deficienza psichica, ovvero da un'alterazione dello stato psichico, che sebbene meno grave dell'incapacità, risulti tuttavia idonea a porlo in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva od affettiva che ne affievolisca le capacità critiche.

Cass. pen. n. 41378/2010

Integra il requisito dello stato di deficienza psichica della persona offesa del delitto di circonvenzione di incapace anche la compromissione della capacità di giudizio dipendente da disturbi di tipo paranoide.

Cass. pen. n. 24192/2010

Rientra nella nozione di "deficienza psichica" ex art. 643 c.p. la minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione, perché è "deficienza psichica" qualsiasi minorazione della sfera volitiva ed intellettiva che agevoli la suggestionabilità della vittima e ne riduca i poteri di difesa contro le altrui insidie.

Cass. pen. n. 4816/2010

In tema di circonvenzione di incapaci, quando la persona offesa si trovi nella situazione di poter essere inabilitata a causa di condizioni psichiche così precarie da privarla gravemente della capacità di discernimento e di autodeterminazione, la prova dell'induzione può essere desunta in via presuntiva, potendo consistere in un qualsiasi comportamento dell'agente cui la vittima non sia in grado di opporsi e che la porti a compiere in favore dell'autore del reato atti per sé pregiudizievoli e privi di causale alcuna, che in condizioni normali non avrebbe compiuto.

Cass. pen. n. 48908/2009

Integra l'elemento costitutivo dell'atto con effetti pregiudizievoli per la persona offesa nella fattispecie criminosa di circonvenzione di incapaci l'ordine impartito dalla stessa persona offesa alla propria banca di trasferire ad un terzo beneficiario una somma di danaro, a prescindere dalla effettiva esecuzione dell'ordine stesso.

Cass. pen. n. 12406/2009

Costituisce un atto con effetti pregiudizievoli e, quindi, idoneo ad integrare la fattispecie di circonvenzione di persone incapaci l'apertura di un libretto cointestato ad autore e vittima, essendo sufficiente che l'atto sia idoneo a ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che l'ha posto in essere o per altri.

Cass. pen. n. 10587/2009

In tema di circonvenzione di persone incapaci, l'atto di procura alla riscossione di denaro in nome e per conto dell'incapace può rientrare nella nozione di atto produttivo di effetto dannoso se nel concreto si atteggia a strumento con cui il soggetto attivo si appropria del denaro, depauperando la vittima.

Cass. pen. n. 6078/2009

In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci, la prova della condotta induttiva può essere tratta anche da elementi indiziari e prove logiche, avendo riguardo alla natura dell'atto, all'oggettivo pregiudizio da esso derivante e ad ogni altro accadimento connesso al suo compimento. (Fattispecie in cui è stato probatoriamente valorizzato il carattere pregiudizievole degli atti compiuti ed il fatto che il corrispettivo della vendita di alcuni beni non pervenisse mai alla vittima).

L'accertamento delle condizioni di deficienza psichica nel soggetto vittima del delitto di circonvenzione di persone incapaci non impedisce che lo stesso sia sentito come testimone e che siano utilizzate probatoriamente le sue dichiarazioni, attesa la differenza tra la capacità per gestire il patrimonio e quella richiesta per riferire in modo veritiero determinati fatti storici.

Cass. pen. n. 31320/2008

In tema di delitto di circonvenzione di persone incapaci, le condotte di abuso e di induzione consistono rispettivamente in qualsiasi pressione morale idonea al risultato avuto di mira dall'agente e in tutte le attività di sollecitazione e suggestione capaci di far sì che il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell'atto dannoso.

Cass. pen. n. 19665/2008

All'accertamento del delitto di circonvenzione di incapace consegue la nullità (e non l'annullabilità) del contratto stipulato dall'incapace per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'art. 1418 c.c.

Cass. pen. n. 1404/2008

Ai fini della sussistenza del reato di circonvenzione di incapaci, in presenza di situazioni di infermità o deficienza psichica di minor portata e/o transitorie occorre provare che il soggetto passivo, nel momento del singolo atto dispositivo che si assume pregiudizievole, era circonvenibile, e che, di fatto, è stato indotto abusivamente all'atto pregiudizievole.

Cass. pen. n. 16575/2005

In tema di circonvenzione di persone incapaci, ai fini della sussistenza dell'elemento dell'induzione debbono essere presi in considerazione non solo le condotte tenute dall'imputato al momento della commissione degli atti pregiudizievoli, ma anche tutto ciò che è accaduto successivamente in quanto indice rivelatore di una antecedente minorata capacità psichica della persona offesa, ed inoltre la valutazione della condotta non deve essere limitata all'attività positiva posta in essere dall'imputato ma deve essere rivolta anche alla valutazione dei risultati degli atti di disposizione patrimoniale compiuti che possono dimostrare indizi sul perpetramento di una induzione in termini di rafforzamento di una decisione in itinere.

Cass. pen. n. 13488/2005

Tra i delitti di cui agli artt. 643 e 629 c.p., pur potendo essere soggetto passivo di quest'ultimo reato anche la persona che versi nello stato di deficienza psichica, non è ammissibile alcun concorso, anche se tra di essi è comune il perseguimento di un profitto, in quanto si differenziano per il mezzo adoperato dall'agente che, nella circonvenzione di incapaci è costituito dall'opera di suggestione o di induzione e nell'estorsione, invece, dall'uso della violenza o minaccia. Ne consegue che la necessaria esistenza di un nesso causale tra l'evento e uno degli indicati comportamenti dell'agente determina la configurabilità dell'uno o dell'altro titolo di reato.

Cass. pen. n. 48537/2004

Ai fini della configurabilità del delitto di circonvenzione di persona incapace, di cui all'art. 643 c.p., è necessario il dolo specifico di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto di carattere non necessariamente patrimoniale, ed è sufficiente che si ingeneri un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo, atteso che trattasi di reato di pericolo.

Cass. pen. n. 48302/2004

In tema di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.), la prova dell'induzione non deve necessariamente essere raggiunta attraverso episodi specifici, ben potendo essere anche indiretta, indiziaria e presunta, cioè risultare da elementi gravi, precisi e concordanti come la natura degli atti compiuti e l'incontestabile pregiudizio da essi derivato.

Cass. pen. n. 2063/2000

Poiché per la configurabilità del delitto di circonvenzione di persone incapaci non occorre che l'effetto dannoso consegua all'atto indotto come sua conseguenza giuridica immediata e che, quindi, l'attitudine a determinare un danno o un pericolo di danno costituisca una manifestazione tipica dell'atto stesso, ma è sufficiente che questo, determinato dal dolo o dalla frode dell'agente, sia idoneo ad ingenerare un pregiudizio o un pericolo di pregiudizio per il soggetto passivo che l'ha posto in essere o per altri, legittimamente viene sussunta in tale figura criminosa, ai fini del sequestro probatorio, l'ipotesi in cui una persona in stato di deficienza psichica venga nominata amministratore di una società commerciale ed indotta a sottoscrivere in tale qualità numerosi assegni di rilevante importo e documenti vari.

Cass. pen. n. 13308/1999

In tema di circonvenzione di incapace, la condotta di induzione, che costituisce elemento essenziale della fattispecie criminosa, si deve concretare in un'apprezzabile attività di suggestione, pressione morale e persuasione finalizzata a determinare la volontà minorata del soggetto passivo, non essendo sufficienti, ad integrare il requisito predetto, la semplice richiesta di compiere l'atto per lui pregiudizievole e tanto meno il mancato attivarsi, da parte di colui che dall'atto riceve vantaggio, per impedirne il compimento. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso del pubblico ministero con il quale si sosteneva che per configurare l'induzione non è necessaria un'iniziativa specifica dell'agente, essendo sufficiente che egli si sia giovato ed abbia approfittato della menomazione psichica del soggetto passivo, traendo vantaggio dall'atto dell'incapace senza attivarsi per impedirne il compimento ed il conseguente pregiudizio).

Cass. pen. n. 2532/1998

In tema di circonvenzione di persone incapaci, lo stato di infermità o deficienza psichica della persona, pur non dovendo necessariamente consistere in una vera e propria malattia mentale, deve pur sempre provocare una incisiva menomazione delle facoltà di discernimento o di determinazione volitiva, tale da rendere possibile l'intervento suggestivo dell'agente; deve, cioè, essere esclusa la capacità del circonvenuto di avere cura dei propri interessi. Questa condizione di incapacità del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato, e pertanto il giudizio di colpevolezza può fondarsi solo sull'assoluta certezza della sua sussistenza.

Cass. pen. n. 8034/1997

Il soggetto passivo del delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.), titolare del diritto di querela nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 649 c.p. (fatti commessi a danno di congiunti), è soltanto l'incapace — ossia il soggetto che abbia subito la circonvenzione — quale portatore dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice, e non anche il terzo che abbia subito danni in conseguenza degli atti dispositivi posti in essere dall'incapace medesimo; il terzo, infatti, riveste solo la qualità di persona danneggiata dal reato ed è pertanto, come tale, legittimato solamente ad esercitare l'azione civile ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Cass. pen. n. 266/1997

Ad integrare la condotta costitutiva del delitto di circonvenzione di incapace è sufficiente che il colpevole si giovi, con qualsiasi mezzo idoneo, delle condizioni del soggetto passivo per ottenere un consenso che questi non avrebbe dato se le sue condizioni fossero state normali. Perciò non occorre che la proposta al compimento dell'atto provenga dal colpevole, ricorrendo il reato anche quando quest'ultimo abbia rafforzato, approfittando delle suddette condizioni, nell'incapace una decisione pregiudizievole dal medesimo già adottata ed impedendo l'insorgere di una volontà contraria.

Cass. civ. n. 7482/1993

La sentenza penale pronunciata in seguito a giudizio nel procedimento per il delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.) ha efficacia vincolante, rispetto alle stesse persone che abbiano partecipato al procedimento stesso, nel successivo giudizio civile in tema di nullità della trascrizione di matrimonio contratto dall'incapace stesso, siccome contenente l'accertamento sullo stato di capacità della parte lesa, che rileva in termini di fatto materiale, trattandosi di dato suscettibile di rilievo e verifica con gli appositi strumenti, mediante un'operazione mentale non dissimile, salva la complessità e difficoltà, da ogni altra diretta ad acquisire nozione concreta della realtà esterna.

Cass. pen. n. 9661/1992

Per la consumazione del reato di circonvenzione di persone incapaci, ex art. 643 c.p., è necessaria l'esistenza di uno stato di infermità o deficienza psichica di una persona: per l'esistenza di tale stato, non occorre una vera e propria malattia mentale, ma occorre pur sempre un'effettiva e notevole menomazione delle facoltà intellettive o volitive, tale da rendere possibile la suggestione del minorato da parte di altri. L'incapacità del soggetto passivo costituisce il presupposto del reato e, pertanto, vi deve essere l'assoluta certezza della sua sussistenza. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste, la perizia psichiatrica aveva dimostrato che il soggetto passivo, al momento dei fatti, era capace di avere cura dei propri interessi economici, escludendo il decadimento delle sue facoltà intellettive e volitive, né la corte d'appello aveva individuato altri elementi per ritenerlo affetto da indebolimento mentale e comunque facilmente suggestionabile).

Cass. pen. n. 7820/1992

La capacità richiesta per gestire il patrimonio e valutare le conseguenze degli atti di disposizione è diversa e maggiore da quella richiesta per rendersi conto di atti lesivi della propria integrità fisica. Pertanto non è contraddittoria la decisione di considerare una persona in condizioni di deficienza psichica, agli effetti del delitto di circonvenzione di persone incapaci di cui all'art. 643 c.p., e di ritenerla, però, in condizioni di percepire le violenze alla propria persona e di riferirle in modo veritiero. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto legittima la condanna per i reati di maltrattamenti e di lesioni pronunciata in base alle dichiarazioni della parte lesa, ritenuta lucida e conscia di quanto accaduto, mentre era stata considerata nella stessa sentenza incapace di intendere e di volere al fine di affermare la sussistenza del reato di cui all'art. 643 c.p.).

Cass. pen. n. 7968/1991

Ai fini della configurabilità del reato di circonvenzione di persone incapaci ex art. 643 c.p., lo stato di deficienza psichica o l'infermità del soggetto passivo costituisce un presupposto per il quale vi deve essere assoluta certezza della sua sussistenza. Ne consegue che in mancanza di tale certezza il reato va escluso del tutto e l'imputato assolto con formula ampia.

Cass. pen. n. 6509/1991

Le forme depressive e le manifestazioni di tipo emozionale strettamente collegati con l'età fisiologica avanzata non assumono rilevanza ai fini dell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 643 c.p. che richiede una menomazione psichica tale da incidere concretamente sulle condizioni del soggetto e da menomarne sensibilmente le capacità volitive e intellettive.

Cass. pen. n. 2231/1991

Non vi è contraddizione tra il ritenere sussistente l'aggravante della minorata difesa (art. 61 n. 5 c.p.) nel delitto di rapina e l'escludere il delitto di circonvenzione di persone incapaci (art. 643 c.p.), perché ai fini dell'applicazione della attenuante è sufficiente che la difesa sia semplicemente ostacolata per condizioni di tempo o di luogo ovvero perché si tratta di persona debole o incapace di difendersi per deficienze psichiche o fisiche, laddove, per aversi il reato di circonvenzione di persona incapace, è richiesta la sussistenza di una effettiva minorazione delle facoltà intellettive o volitive che, indebolendo il potere di critica, facilita la suggestionabilità del minorato

Cass. pen. n. 1064/1990

In tema di circonvenzione di persone incapaci, di cui all'art. 643 c.p., l'induzione non può dirsi sussistente senza la dimostrazione di un comportamento attivo di persuasione da parte dell'interessato; la prova di una tale attività non deve essere necessariamente diretta, ben potendo essa desumersi da concordanti elementi indiziari.

Cass. pen. n. 4973/1988

Nell'art. 643 c.p. per concretarsi «l'induzione» è sufficiente l'impiego, da parte dell'agente, di qualsiasi mezzo per persuadere od anche per rafforzare nel soggetto passivo una decisione pregiudizievole dallo stesso già adottata, impedendo, così, l'insorgere di una volontà contraria a tale decisione; e mancando nella norma ogni tipizzazione della condotta, la prova della «induzione» può essere anche indiretta, indiziaria o presuntiva, e cioè risultare da elementi gravi, precisi e concordanti come l'isolamento dell'incapace, i continui e stretti rapporti dell'agente con lui, la natura degli atti compiuti senza plausibili motivi e con incontestabile pregiudizio, atteso il potere-dovere del giudice penale di ricercare ovunque prove od elementi di prova al fine ultimo dell'accertamento della verità cui è preordinato il processo penale.

Cass. pen. n. 2827/1988

Il delitto di circonvenzione di incapace di cui all'art. 643 c.p. è reato di pericolo che si realizza nel momento in cui è compiuto l'atto capace di produrre un qualsiasi effetto dannoso per il soggetto passivo o per altri. (Nella fattispecie l'atto dannoso è consistito nel fatto stesso di essersi il soggetto passivo inconsapevolmente privato della disponibilità dei suoi risparmi, sottrattigli con estrema facilità dagli imputati, stanti le sue condizioni mentali: demenza degenerativa e/o arteriosclerotica).

Cass. pen. n. 472/1988

Ai fini della sussistenza del reato di circonvenzione di incapaci, non è necessario che il soggetto passivo sia privo in modo totale della capacità di intendere e di volere, ma è sufficiente che lo stesso versi in uno stato di minorazione della sfera intellettiva e volitiva, tale da privarlo del normale discernimento e potere critico e volitivo così da essere indotto a compiere atti che una persona di media capacità critica non si sarebbe determinata a fare. (Fattispecie relativa a ritenuta sussistenza del reato in relazione alle condizioni di grave decadimento senile e di perdita delle qualità mnemoniche del soggetto passivo, incapace, perciò, di una cosciente volontà di autodeterminazione).

Cass. pen. n. 4760/1987

Nel reato di circonvenzione di incapace, costituisce induzione a compiere atti che importino effetti giuridici dannosi qualsiasi attività di eccitamento, di stimolo, di suggestione, e, quindi, l'uso di qualsiasi mezzo idoneo a determinare nel soggetto passivo il consenso al compimento di un atto giuridico, di guisa che venga a stabilirsi un nesso di causalità fra l'abuso dello stato di infermità o di deficienza psichica dello stesso oggetto passivo e l'evento, il quale si concreta nel compimento dell'atto.

Cass. pen. n. 4747/1987

Lo stato di deficienza psichica, quale elemento costitutivo del reato di cui all'art. 643 c.p., è una condizione del soggetto passivo, la quale deve sussistere nei confronti di tutti, in maniera che chiunque (senza dover ricorrere ad artifizi o raggiri) possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti. Se la deficienza psichica viene affermata non per le oggettive condizioni del soggetto passivo, ma per il raffronto con persone dotate di maggiore capacità psichica e di notevole potere di persuasione e di suggestione, viene necessariamente a mancare il presupposto del fatto costituente reato.

Cass. pen. n. 8069/1986

Ricorre il delitto di circonvenzione di incapace e non già quello di estorsione nell'ipotesi in cui l'imputato, dietro promessa di una bustina di droga, induca un soggetto che versi in stato di agitazione per crisi di astinenza, a sottoscrivere una reintegrazione di debito e a firmare cambiali. (Fattispecie in tema di dedotta violazione dell'art. 477 c.p.p.).

Cass. pen. n. 9731/1985

Ai fini della sussistenza del delitto di circonvenzione di persone incapaci, di cui all'art. 643 c.p. il concetto di induzione, la quale è un elemento del tutto distinto e non va confusa col mezzo usato (atto giuridico), postula una attività positiva diretta a determinare o, quantomeno, a rafforzare (ostacolando ripensamenti) nel soggetto passivo il proposito di compiere un determinato atto giuridico. Invero, indurre vuol dire convincere, influire sulla volontà altrui e quindi esige da parte dell'agente uno stimolo che poi determina il soggetto passivo al compimento dell'atto dannoso. Pertanto, non basta che l'agente si giovi delle menomate condizioni psichiche del soggetto passivo come non possono ritenersi sufficienti semplici richieste rivolte alla vittima, essendo invece necessaria un'attività apprezzabile di suggestione, di pressione morale, di persuasione per determinare la volontà minorata del soggetto passivo. (Fattispecie relativa ad annullamento, per difetto di motivazione, di sentenza di condanna di notaio che aveva redatto testamento pubblico di persona affetta da infermità mentale).

Cass. pen. n. 4387/1984

Per integrare la condotta costitutiva del reato di circonvenzione di incapace, consistente nell'induzione a compiere un atto che implichi un qualsiasi effetto giuridico potenzialmente dannoso, è sufficiente che il colpevole si giovi, con qualsiasi mezzo idoneo, delle condizioni del soggetto passivo per ottenere un consenso che questi non avrebbe dato se le sue condizioni fossero state normali. Non occorre perciò che la proposta diretta al compimento dell'atto parta dal colpevole, ma è sufficiente che questi si sia giovato ed abbia profittato delle condizioni psichiche del soggetto passivo rafforzando in questi una decisione pregiudizievole dallo stesso già adottata ed impedendo l'insorgere di una volontà contraria a tale decisione. Ai fini dell'affermazione di responsabilità per il delitto di cui all'art. 643 c.p., per la prova dell'induzione non è necessario che la dimostrazione dell'induzione del soggetto passivo al compimento dell'atto per lui pregiudizievole sia data attraverso episodi specifici, ben potendo detta prova essere anche indiretta, o indiziaria e presuntiva, cioè risultare da elementi gravi precisi e concordanti, come la natura degli atti compiuti e l'incontestabile pregiudizio da questi derivato.

Cass. pen. n. 10207/1983

Perché sussista il reato previsto dall'art. 643 c.p. occorre che tra l'abuso consistente nel profittare delle condizioni psichiche della vittima per scopi illeciti e il compimento dell'atto dannoso intercorra un rapporto di causalità che si manifesta attraverso l'induzione a compiere l'atto.

Cass. pen. n. 9991/1983

Il profitto a cui fa riferimento l'art. 643 c.p., anche se tale norma non lo dice espressamente, dev'essere ingiusto, in quanto, diversamente, non vi può essere frode patrimoniale; sicché il delitto dev'essere escluso quando nulla è stato frodato o si volle frodare.

Cass. pen. n. 7157/1983

Sussiste il reato di circonvenzione di incapaci allorquando l'agente, attraverso un'attività di coazione e persuasione, abusi delle particolari condizioni di incapacità del soggetto passivo, che è indotto a compiere l'atto dannoso in conseguenza di quella attività.

Cass. pen. n. 6904/1983

Il reato di circonvenzione di persona incapace non esige, nel soggetto passivo, un'infermità mentale catalogabile fra le varie forme morbose indicate dalla scienza psichiatrica, ma è sufficiente che la vittima versi in una semplice deficienza psichica che, senza sconfinare nel caso patologico, importi uno stato di menomazione del potere di critica e di indebolimento di quello volitivo, che sia tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione.

Cass. pen. n. 2295/1981

Sussiste l'elemento materiale del reato di circonvenzione di incapace allorché il soggetto attivo approfitta dello stato di deficienza psichica del soggetto passivo per ottenere dallo stesso il consenso a un atto giuridico che in condizioni di normalità non avrebbe dato. Pertanto l'attività dell'agente deve essere accertata e valutata per tutto l'arco di tempo in cui si è esercitata, sino al momento in cui il circonvenuto presta il suo consenso a compiere l'atto giuridico pregiudizievole.

Cass. pen. n. 333/1981

Nel delitto di circonvenzione di persone incapaci, l'induzione comprende qualsiasi attività di suggestione e quindi l'uso di qualsiasi mezzo idoneo a determinare o, quanto meno, a rafforzare nel soggetto passivo il consenso al compimento di un atto giuridico, così che venga a stabilirsi un nesso di causalità fra l'abuso dello stato di infermità o deficienza psichica della vittima e l'evento, il quale si concreta nel compimento dell'atto.

Cass. pen. n. 9293/1979

L'art. 643 c.p. non richiede che l'incapace sia privo della capacità d'intendere in maniera totale ovvero permanente, essendo sufficiente che lo stato di infermità psichica sia limitato ad alcune manifestazioni, anche solo ricorrenti, delle quali l'agente abbia abusato mediante induzione a compiere un atto che un individuo di media normalità psichica non avrebbe acconsentito a compiere.

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relative all'articolo 643 Codice Penale

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Anonimo chiede
giovedì 19/10/2017 - Lazio
“Buongiorno,
nel 2012 mio nonno paterno, dopo aver venduto una casa al mare, ha donato ai suoi tre figli la somma di 90.000,00€ ciascuno a titolo di anticipata successione.
Quest'anno -2017- mio nonno è deceduto.
Egli era in comunione dei beni con sua moglie. A noi risulta che possedessero solo un'altra casa, situata nel centro di R. del valore attuale - a seguito della crisi immobiliare - di circa 600.000€.
Contemporaneamente alle suddette donazioni egli aveva donato alla moglie anche l'altra metà della casa di R., facendo firmare a mio padre, invalido e indigente, un documento di cui ignoriamo il contenuto. E' molto probabile che fosse la rinuncia alla collazione, o il consenso a quest'ultima donazione.
L'attuale vedova non è la madre di mio padre bensì di una sola dei tre fratelli, già donataria dei 90.000,00€ , la quale alla morte di mia nonna sarà erede dell'intera casa.

Qualche giorno fa è "spuntato" un testamento olografo di mio nonno, al quale non si era mai fatto riferimento prima.
Il notaio si è recato improvvisamente presso la RSA dove risiede mio padre per fargli firmare una procura a favore della sorella, finalizzata all'accettazione del testamento.
Perfettamente conscio della sua infermità mentale, non lo ha informato di cosa stesse firmando, né, ovviamente, ha minimamente accennato al contenuto del testamento, che pertanto rimane ignoto.
In questo contesto ribadisco che mi padre è totalmente incapace di intendere e volere e non è stato in grado di capire nulla,ma ha firmato.
Mia madre, divorziata, era presente, ma in quel contesto non si è opposta.

Credo di dover specificare che il notaio in questione, che si è occupato anche delle donazioni di cui al precedente quesito, è in pensione da diversi anni, ed era molto amico di mio nonno. Tutti i suoi atti sono firmati da un altro notaio "in attività".

A seguito di questo episodio il notaio ha aperto il testamento davanti alle eredi e con la procura di mio padre, il quale pertanto ha accettato puramente e semplicemente e non con beneficio d’inventario.

Tutto quello che sappiamo è che mio nonno nel testamento nomina quale unica erede universale la sorella unilaterale di mio padre.

Credo ci sia un ultimo elemento da precisare: ho letto che la successione si apre nel luogo di ultimo domicilio del defunto. Tutto quanto riportato, e quindi l’apertura del testamento, è avvenuto, invece, nella città dove vive ed esercita(va) il notaio.

Quesiti:
si può superare quest’accettazione e successivamente agire in riduzione?
Quanto tempo ho per poter esercitare questa azione in termini di prescrizione e decadenze?
Può ravvisarsi una responsabilità penale dell’ex notaio?”
Consulenza legale i 19/10/2017
Quanto al primo quesito, in realtà Suo padre, non essendo stato istituito erede nel testamento, giuridicamente non ha potuto accettare l'eredità né puramente e semplicemente né avrebbe potuto accettare con beneficio d'inventario, in quanto necessario presupposto dell'accettazione dell'eredità è essere chiamato all'eredità quale erede, ossia venire istituito erede, o da un testamento, o dalla legge (nel caso in cui non vi sia testamento).

Alla luce del fatto che unica erede chiamata per testamento è la sorella del defunto, a Suo padre non si applica la norma di cui all'articolo 564 del Codice Civile che prescrive la necessità di accettare con beneficio d'inventario al fine di agire in riduzione, per le ragioni sopra esposte. Quindi con riferimento alla procura fatta firmare dal notaio a Suo padre due sono le ipotesi: o si tratta di una procura finalizzata ad accettare l'eredità, nulla in quanto il rappresentato non è stato istituito erede, o si tratta di una procura finalizzata a sottoscrivere un atto di acquiescenza al testamento o una rinuncia all'azione di riduzione.

In quest'ultimo caso, quindi anche se fosse stato sottoscritto un atto di acquiescenza al testamento, comunque ciò non importerebbe in primo luogo l'accettazione dell'eredità, sempre per i motivi esposti sopra, né tantomeno, per i medesimi motivi, può comportare rinuncia all'eredità, come è stato anche stabilito dal Tribunale di Roma con la sentenza del 22 gennaio 2014 n. 1564. L'unico effetto che potrebbe aver avuto un atto di acquiescenza al testamento è proprio la rinuncia alla proposizione dell'azione di riduzione, e quindi rinuncia alla quota di legittima, la quale esprime una volontà che può essere espressa anche tramite comportamenti concludenti, non essendo per quest'ultima prescritta alcuna speciale forma.

Comunque, anche se fosse stato sottoscritto un atto del genere, vista l'invalidità anche mentale di Suo padre, ben si potrebbe richiedere giudizialmente un accertamento della carenza della capacità di intendere e di volere di quest'ultimo al momento della sottoscrizione, anche perché, essendo ricoverato presso una RSA, non dovrebbe essere difficile reperire documentazione medica comprovante l'incapacità di capire cosa stava firmando, richiedendo così l'annullamento della procura e di conseguenza l'annullamento dell'atto sottoscritto con la procura.
Tanto più che il notaio che ha fatto firmare la procura, non esercitando già più in quella data, non ha sicuramente potuto redigere la procura per atto pubblico, che sarebbe più difficile far annullare perché munito della certezza del sigillo notarile che comporta pubblica fede; e neanche il fatto che il notaio in pensione fa firmare gli atti a un suo collega in attività può giustificare una procura per atto pubblico, in quanto altrimenti si sarebbe dovuto recare da Suo padre - il notaio in attività - e non l'altro.
Quanto alla sorella che avrebbe agito con una procura falsa, questa sarebbe una rappresentante senza poteri, il cosiddetto falsus procurator, il quale incorre in responsabilità civile che importa l'obbligo di risarcimento dei danni; comunque l'agire in rappresentanza senza avere del necessario potere non configura di per sé un reato.

Invece, a carico del notaio che ha fatto sottoscrivere un atto a Suo padre senza spiegargli nulla ed approfittando della sua incapacità di intendere e di volere, potrebbe configurarsi il reato di circonvenzione d'incapace di cui all'art. 643 del Codice Penale, punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 206 a 2.065 euro. E vi è di più: gli atti stipulati dall’incapace, quale frutto del detto reato, sono nulli ex art. 1418 c.c. e non semplicemente annullabili, perché l’inosservanza del disposto penalistico perpetra la violazione di una norma imperativa posta a tutela di un interesse pubblico (Cass. civ. n. 19665/2008; Cass. civ. n. 1427/2004; Cass. civ. n. 3272/2001).
Infatti, secondo la Cassazione Civile, sentenza 20 marzo 2017 n. 7081, ai fini dell'applicazione dell'art. 643 c.p., è sufficiente che l'autore dell'atto versi in una situazione soggettiva di fragilità psichica derivante dall'età, dall'insorgenza o dall'aggravamento di una patologia neurologica o psichiatrica anche connessa a tali fattori o dovuta ad anomale dinamiche relazionali che consenta all'altrui opera di suggestione ed induzione di deprivare il personale potere di autodeterminazione, di critica e di giudizio (così, tra l'altro, Sentenza n. 10329 del 19/05/2016). Sempre con la stessa recente sentenza la Cassazione ha affermato che, ai fini della declaratoria di nullità dell'atto sottoscritto dall'incapace, comunque, il Giudice civile è abilitato, oltre ad essere tenuto, ad accertare l'effettiva sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato, incluso l’elemento soggettivo. Pertanto, l'atto potrà essere dichiarato nullo anche senza iniziare il procedimento penale (contro l'ex notaio).

Quanto alla prescrizione delle azioni, si segnala che per far riconoscere giudizialmente la nullità dell'atto sottoscritto da Suo padre non ci sono termini, essendo la nullità una condizione con cui l'atto nasce e non essendo sanabile; una volta riconosciuta la nullità della procura sottoscritta da Suo padre, sarà coinvolta anche la validità dell'atto, probabilmente di acquiescenza al testamento, che è stato sottoscritto per mezzo di quella procura.

Quanto, invece, all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie, questa si prescrive in dieci anni che decorrono dall'apertura della successione, ossia dalla data del decesso di Suo nonno.

Infine, con riguardo al fatto che la successione si apre nel luogo di ultimo domicilio del defunto, tale criterio è prescritto non tanto per l'apertura del testamento e altri atti connessi e conseguenti (anche perché, se il defunto aveva fatto testamento in vita con un notaio di altro luogo, sarà quel notaio ad aprire il testamento nel proprio luogo), bensì si tratta del criterio per individuare i pubblici uffici presso cui espletare le incombenze relative alla successione, tra cui il Tribunale presso ove presentare il ricorso per la riduzione delle disposizioni testamentarie.

Anonimo chiede
mercoledì 12/10/2016 - Puglia
“Egregi Avvocati,
sono a chiederVi consulenza per un problema che riguarda me e la mia famiglia. Attualmente vivo a casa con i miei genitori anziani ultrasessantacinquenni, invalidi, disabili con molti problemi di salute e molti tormenti psicologici per le recenti perdite di due nipotini (uno di 5 anni e l'altro di pochi minuti di vita) per la loro condizione finanziaria che non permette a me di slegarmi da loro per l'assistenza e le cure dovute, per i miei continui insuccessi e la mia condizione precaria e per tanti altri tormenti velati ma pungenti di altrettante persone senza scrupoli ma furbe che sanno sempre dove e come pungere per far sentire male me e loro. L'ultima di queste è il Signor G. che non fa altro che promettere paradisi a me ed i miei genitori per poi vendermi fumo negli occhi. Niente da dire sul servizio di trasporto che compie 3 volte a settimana(mar-gio-sab alle 12:00 ed alle 17:00) ma le continue promesse fatte soprattutto ai miei genitori sfociano poi in liti perché lui è capace di conquistare la fiducia dei miei con le sole promesse mentre io che mi do da fare per la famiglia non sono tenuto molto in considerazione per questa mia posizione di precarietà. Premetto che ho già avuto un'esperienza di volontariato con la sua Onlus ma per strani atteggiamenti nei miei confronti ho deciso di non farne più parte e adesso ho chiuso la questione e non mi va di ritornarci su ma evidentemente o per divertimento o qualcos'altro continua con il suo tormento un po su mia madre un po su mio padre e noto sempre più che il signore sta invadendo sempre più gli spazi tanto da farmi sentire un estraneo alla mia famiglia. Pensi che è arrivato a dirmi che devo chiedere il permesso ai miei genitori se un giorno voglio portare fuori di casa mio padre per una passeggiata e per accompagnarlo in clinica dialisi. Tutto questo mi da da pensare e voglio vedere se è possibile far qualcosa per sistemare la questione dato che non sono un capo carceriere, un criminale, un totale incapace, o chissà cosa. Grazie. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 18/10/2016
Parrebbe che i comportamenti descritti nel quesito non possano assumere specifica rilevanza civile, salvo che tra le parti coinvolte non siano intervenuti accordi specifici (contratti, come nel caso del trasporto) con assunzione di obblighi poi non rispettati oppure ancora dazioni di denaro in cambio di servizi di qualche tipo, che potrebbero presentare dei profili di illegittimità/responsabilità, ma che evidentemente non è possibile esaminare in questa sede dal momento che il quesito non offre circostanze più precise in merito.

Al contrario, le condotte riferite parrebbero assumere rilevanza penale, ed in tal caso una denuncia potrebbe costituire una soluzione per far desistere il personaggio di cui si parla dal suo atteggiamento.

Una prima ipotesi da considerare è la circonvenzione di incapaci, di cui all’art. 643 c.p., il cui testo recita: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 206 euro a 2.065 euro”.

Ovviamente, come bene chiarisce la norma, affinché si configuri il reato occorre che la persona di cui il reo approfitta sia indotta a compiere un “atto” e che questo atto sia per la stessa dannoso.

Nel quesito si accenna a continue “promesse” ed “illusioni” all’indirizzo sia delle due persone anziane che del figlio: anche tale tipo di condotta integra il reato di cui all’art. 643 c.p.: “Con riferimento alla fattispecie criminosa della circonvenzione di persone incapaci, sussiste l'elemento dell'induzione quando l'agente abbia posto in essere un'attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, non essendo necessario l'uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri. Inoltre, la prova dell'induzione può essere desunta in via presuntiva, potendo consistere in un qualsiasi comportamento dell'agente cui la vittima non sia in grado di opporsi e che la porti a compiere in favore dell'autore del reato atti per sé pregiudizievoli e privi di causale alcuna, che in normali condizioni non avrebbe compiuto. (…) Sussiste il reato di circonvenzione di persone incapaci ogniqualvolta la persona offesa sia affetta da uno stato di deficienza psichica, concetto che si riferisce alle persone appartenenti a quell'ampia zona grigia esistente tra il confine dell'infermità e della piena normalità mentale: persone non insufficienti davanti a tutte le esigenze dell'ambiente e, quindi, non inferme in senso clinico, ma la cui capacità fallisce soltanto in speciali circostanze della vita” (Tribunale Napoli Nord, 11/03/2016, n. 242).

Va poi tenuto presente che il reato è punibile anche a titolo di semplice tentativo, quando cioè l’atto pregiudizievole non sia ancora stato compiuto: “Il delitto di circonvenzione di persone incapaci è fattispecie punibile anche a titolo di tentativo quando all'opera di induzione del soggetto agente non consegua il compimento dell'atto pregiudizievole per il sopravvenuto verificarsi di fattori esterni indipendenti dalla volontà del soggetto passivo” (Cassazione penale, sez. II, 12/02/2016, n. 8837).

Da ultimo si fa presente che il reato di circonvenzione di incapaci è perseguibile d’ufficio (ovvero da parte dell’Autorità che ne venga a conoscenza), il che significa che non si ha il vincolo del breve termine dei tre mesi per la presentazione della denuncia querela.

Altra fattispecie che potrebbe ravvisarsi nel caso di specie è quella della truffa di cui all’art. 640 c.p., per il quale: “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro”.

Anche in questo caso, però, è necessario – affinché si possa configurare il reato - che l'inganno del reo porti la persona a compiere un atto, positivo o negativo, che importi una diminuzione del patrimonio di quest’ultima con profitto ingiusto dell'agente o di altri. Tale condotta deve, poi, causare anche l'errore il quale, a sua volta, deve dare origine a una disposizione patrimoniale. Anche se normalmente il reato di truffa è procedibile a querela – che va quindi presentata all’Autorità entro tre mesi -, nel caso concreto sarebbe sicuramente integrata almeno una delle circostanze aggravanti generiche previste dall’art. 61 del c.p., il che renderebbe il reato procedibile d’ufficio.

In conclusione, come già detto, le condotte della persona cui si accenna nel quesito sono ipoteticamente rilevanti ai sensi della legge penale, ma sulla base delle generiche informazioni fornite non è possibile essere più precisi ed offrire certezza in merito alla sicura punibilità delle medesime.

A. V. chiede
martedì 12/07/2016 - Liguria

“Buona Giornata, Il mio caso è delicato. Sono il genero che vede in pericolo il patrimonio di mio suocero (84 anni). Alcuni anni orsono (circa otto/dieci) si è fatto convincere a trasferire i suoi risparmi all'estero (Svizzera). Ora su nostra insistenza (io e mia moglie sua figlia unica) lo abbiamo spronato per il rientro. Ma consigliato dal suo consulente finanziario il patrimonio non rientra per il ricatto della guardia di finanza. Ha ottenuto solo tremila euro. Quale azione bisognerebbe compiere per tutelarsi in futuro visto che tra l'altro mio suocero si è ammalato di cancro all'intestino e la sua depressione è totale. Inoltre il consulente ha aperto una ditta di telefonia in lettonia.”
Consulenza legale i 26/07/2016
Dal quesito scaturiscono due problematiche distinte.

La prima riguarda le responsabilità del consulente finanziario. Al suo "ricatto" sarebbe facilmente opponibile la minaccia di presentare formale denuncia all’Autorità per i reati di cui egli, con il suo comportamento, si è sicuramente reso responsabile, quantomeno a titolo di concorso (si fa riferimento a reati di natura finanziaria legati all’evasione fiscale ma altresì a diversi reati, di cui il consulente risponderebbe in proprio, quali la circonvenzione di incapaci o la truffa contrattuale). Tale strada, tuttavia, come intuibile, costituirebbe un rischio per il suocero evasore, dal momento che le indagini relative al consulente porterebbero gli inquirenti a ricostruire quanto accaduto e di conseguenza ad incriminare con ogni probabilità anche il diretto responsabile della mancata denuncia al fisco (il titolare del patrimonio occultato).

Sotto il profilo civilistico, si potrebbe senz’altro, poi, agire con un’azione di negligenza e responsabilità professionale nei confronti del professionista, avanzando richiesta risarcitoria per i danni subiti e subendi.

Per quanto concerne, invece, la seconda questione, ovvero quale possa essere la tutela per la figlia dell’evasore, va detto che – finché è in vita il padre – quest’ultima non rischia nulla, dal momento che la responsabilità penale è personale ed ugualmente, per quanto riguarda eventuali responsabilità civili (esborsi nei confronti del Fisco), il patrimonio della figlia non potrà essere minimamente intaccato, non essendo la parentela una valida ragione di “aggredibilità” da parte dei creditori dell’obbligato.

Qualora, al contrario, il padre dovesse venir meno, purtroppo la legge prevede che i debiti del defunto si trasferiscano in capo agli eredi.
Vi sarebbero allora due strade possibili da seguire:

a) rinunciare all’eredità, con atto formale che consentirebbe di proteggere il patrimonio della figlia (non si beneficia dell’eredità ma al contempo non se ne subiscono i pesi);

b) accettare l’eredità “con beneficio d’inventario”, cioè attuare una procedura (in Tribunale o con l’assistenza di un notaio), prevista e disciplinata dal codice civile, che prevede l’inventario del patrimonio del defunto affinché l’erede (in questo caso la figlia) risponda dei debiti ereditari solamente nei limiti di quanto ha ricevuto (in buona sostanza: sarà tenuta a pagare solamente nei limiti di valore e/o con i beni ricevuti in eredità, senza che venga intaccato il suo originario e personale patrimonio).

La soluzione preferibile per tutti rimane, in ogni caso, quella che chi ha posto il quesito probabilmente già conosce, ovvero l’autodenuncia, attraverso l’applicazione della cosiddetta “Voluntary Disclosure”, una legge con cui lo Stato italiano offre la possibilità al contribuente che abbia beni o capitali non dichiarati al Fisco italiano depositati all’estero, di poter regolarizzare la propria posizione appunto autodenunciandosi all’Agenzia delle Entrate, in cambio di uno sconto sulle sanzioni e soprattutto dell’esenzione dalle pene previste per i reati fiscali (ma pagando comunque per intero le tasse evase).

Nel caso in cui il suocero, anche per le mutate condizioni di salute, persista nel non voler determinarsi in tal senso o comunque rifiuti collaborare, con ciò correndo dei rischi per sè e per la figlia, è ipotizzabile un ricorso al Giudice affinché valuti un'eventuale diminuzione della capacità del malato di autodeterminarsi e quindi disponga misure consequenziali (amministrazione di sostegno, inabilitazione o interdizione a seconda dei presupposti di fatto e della gravità delle condizioni di salute fisica e mentale del soggetto in questione).

G. chiede
giovedì 14/10/2021 - Calabria
“14/10/2021

Buongiorno, il sottoscritto si rivolge per la seconda volta al Vostro pregevole studio – Brocardi - e dopo aver apprezzato la chiarezza del precedente quesito, si ha la piena consapevolezza che quello che si spedisce ora avrà la stessa chiarezza del precedente. Ecco il quesito : Il sottoscritto ha avuto in donazione, con atto notarile, dalla sorella (donna vedova senza figli) con la promessa di un continuo impegno dello scrivente: Provvedere alla sua assistenza ( atto di Mantenimento) . Tale donazione è avvenuta dopo aver trasmesso la richiesta per ottenere l’inabilità e l'assegno di accompagnamento, che in prima istanza è stata respinta dalla commissione medica dell'INPS di XXX. Successivamente, pero, tramite ricorso è stata riconosciuta l’invalidità al cento per cento con il relativo assegno di accompagnamento, concesso, con parere positivo di un medico nominato dal giudice del tribunale di XXX, il quale ha riscontrato una grave patologia mentale e perciò le è stata riconosciuta l’invalidità e il suddetto assegno. Tale riconoscimento è stato riconosciuto dal giorno in cui è stata presentata la domanda e la donazione è avvenuta dopo la richiesta della domanda di invalidità, in prima istanza negata. Si precisa che la donazione è avvenuta tramite atto notarile in presenza di due testimoni e del suo medico di famiglia, che dichiara la piena capacità d'intendere e di volere, con certificato medico allegato all'atto di donazione. La nipote sostiene che la sorella del sottoscritto sarebbe stata raggirata in quanto incapace, pertanto, ritiene che la donazione possa essere illegittima. Si precisa che, già prima della donazione, la sorella, è stata bene assistita dallo scrivente, per lungo tempo, (Assistenza morale e materiale, solo per problemi fisici), tale assistenza continua avviene maggiormente ora perché le condizioni di salute della sorella del sottoscritto sono notevolmente peggiorate, sia dal punto di vista fisico che mentale. Si precisa, inoltre che la suddetta nipote non ha mai prestato assistenza nei confronti della zia. Chiede, pertanto, quali potrebbero essere le possibili azioni giudiziarie, civili e penali, che la nipote potrebbe rivendicare e perseguire e quali responsabilità civili e soprattutto penali a cui potrebbe andare incontro il sottoscritto. In attesa di una Vostra risposta si porgono cordiali saluti.”
Consulenza legale i 27/10/2021
Dal punto di vista del diritto civile, la norma cui fare riferimento è costituita dall’art. 428 c.c., che riguarda la cosiddetta “incapacità naturale”.
Il nostro sistema giuridico, infatti, prevede una serie di strumenti per tutelare la persona che, per svariati motivi (patologie più o meno gravi, ad esempio), non sia pienamente in grado di provvedere a se stessa e curare i propri interessi: si tratta dell’interdizione, dell’inabilitazione, dell’amministrazione di sostegno. Con queste misure, in sostanza, il soggetto incapace di provvedere a se stesso viene privato, in tutto o in parte, della capacità di agire, proprio per evitare che possa compiere atti dannosi per il suo patrimonio.
L’art. 428 c.c. viene invece in soccorso ogniqualvolta l’incapacità del soggetto non sia stata accertata in precedenza e “regolamentata” mediante una delle misure previste dalla legge.
In particolare, se si prova che il soggetto, al momento del compimento di un atto, si trovava in stato di incapacità di intendere e di volere (“per qualsiasi causa, anche transitoria”), quell’atto potrà essere annullato, su istanza della persona stessa o dei suoi eredi o aventi causa. Un primo presupposto dell’azione di annullamento è che ne risulti un grave pregiudizio all'autore.
Inoltre, se si tratta di contratti, ulteriore presupposto per l'annullamento è che vi sia stata la malafede dell'altro contraente.
L'azione ex art. 428 c.c. si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto.
La Corte di Cassazione (Sez. III Civile, ordinanza 12/06/2020, n. 11272) ha precisato che “in tema di annullamento dei negozi giuridici, ai fini dell'accertamento di una situazione di incapacità di intendere e di volere al momento del compimento di un atto, non occorre una totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente una alterazione psichica, dovuta a causa anche transitoria, atta ad impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la capacità di valutare l'importanza dell'atto che si sta per compiere”.
Inoltre, la prova dello stato di incapacità naturale può essere data con ogni mezzo, anche in base a indizi e presunzioni, “che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità, e il giudice è libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le prove raccolte in un giudizio intercorso tra le stesse parti o tra altre” (così Cass. Civ., Sez. II, 28/03/2002, n. 4539).
Peraltro, la prova dell’incapacità non è impedita dalla circostanza che l’atto, come nel nostro caso, sia stato stipulato dinanzi a un notaio, al quale sia stato fornito un certificato medico attestante la capacità della donante: secondo Corte d'Appello Napoli, Sez. I, 17/01/2011, n. 71, “l'annullabilità di un atto negoziale per incapacità naturale del contraente ex art. 428 c.c. richiede unicamente la mera incapacità del medesimo di valutare adeguatamente le conseguenze degli atti posti in essere e non già la totale soppressione delle sue capacità volitive. Avuto particolare riguardo agli atti stipulati dinanzi ad un notaio [...] deve rilevarsi che tale circostanza in alcun caso rileva ai fini dell'accertamento in ordine alla sussistenza o meno in capo al soggetto di una volontà di intendere e di volere, in quanto l'atto pubblico in tal modo redatto fa fede fino a querela di falso relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni rese ed agli altri fatti compiuti, in alcun caso estendendosi ai giudizi valutativi che il pubblico ufficiale medesimo abbia svolto, ivi compreso quello concernente la capacità di intendere e di volere dei contraenti”.
Dal punto di vista penale, in casi del genere il reato che potrebbe rilevare è quello previsto e punito dall’art. 643 del codice penale, rubricato “circonvenzione di incapace”.
Si tratta di un reato contro il patrimonio, attuato mediante frode, che punisce qualsivoglia condotta posta in essere da chiunque, approfittandosi dell’incapacità della persona offesa dal reato, la induca a compiere un atto pregiudizievole per il suo patrimonio e a vantaggio del soggetto agente.
Si noti, peraltro, che, come puntualizzato dallo stesso dettato normativo, lo stato di infermità o deficienza psichica della persona ingannata prescinde da qualsivoglia dichiarazione “giudiziale” del medesimo e, dunque, la fattispecie in parola ha una portata applicativa alquanto ampia.
Nel caso di specie, dunque, la nipote ben potrebbe intentare una denuncia - querela contro lo zio, ritenendo che questi abbia indotto la zia alla donazione approfittandosi della scarsa salute mentale della donna.
Come si è detto, una tale ipotesi è prospettabile in astratto ma va valutata la sua fondatezza in concreto.
Su tale punto, due sono i dati a nostra conoscenza:
- la riconosciuta invalidità della donna, sussistente al momento della donazione, con riferimento ad una grave “patologia mentale”;
- l’affermazione del medico di famiglia, stando al quale la predetta donna sarebbe comunque assolutamente capace di intendere e di volere.
Ora, la valutazione di fondatezza dell’ipotetica azione penale, alla stregua del dettato normativo di cui all’art. 643 c.p., impone di accertare, in concreto, se la situazione clinica della donante fosse tale da determinare una facile circonvenzione della stessa o se la stessa non fosse idonea minimamente ad incidere sulle facoltà mentali connesse all’autodeterminazione volitiva.
Nel primo caso, la denuncia-querela potrebbe essere accolta dal Pubblico Ministero procedente e alla stessa potrebbe far seguito un procedimento penale alquanto complesso.
Nel secondo caso, invece, si potrebbe tentare, sin dalla fase delle indagini preliminari, di ottenere un’archiviazione, basando la difesa su una consulenza tecnica medico-legale di parte estremamente accurata e idonea a escludere ogni profilo di condizionamento psicologico della donante.

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