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Articolo 803 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Revocazione per sopravvenienza di figli

Dispositivo dell'art. 803 Codice Civile

(1)Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono [805 c.c.] essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante [800 c.c.]. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio [250, ss., 687 c.c.], salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio(2).

La revocazione può essere domandata anche se il figlio del donante era già concepito [462 c.c.] al tempo della donazione [804, 806, 809 c.c.].

Note

(1) L'articolo è stato modificato dall'art. 88, comma 1, del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, con decorrenza dal 7 febbraio 2014.
(2) La Corte Costituzionale, con sent. del 3 luglio 2000, n. 250, ha dichiarato incostituzionale questo comma nella parte in cui prevede che, in caso di sopravvenienza del figlio "naturale" (oggi "nato fuori del matrimonio"), la donazione possa essere revocata solo se il riconoscimento del figlio sia intervenuto entro due anni dalla donazione, riconoscendo in tale previsione il profilo di incostituzionalità della disparità di trattamento e della palese irragionevolezza.

Ratio Legis

La norma in commento costituisce un'eccezione rispetto al principio generale, che vale in materia di contratti, secondo cui solo con il consenso di entrambe le parti è possibile sciogliere il contratto. L'eccezione si spiega, nel caso della revoca per sopravvenienza dei figli, in considerazione della volontà del legislatore di tutelare interessi di ordine familiare, che si considerano superiori.

Spiegazione dell'art. 803 Codice Civile

Questa revoca era sconosciuta al diritto romano; la introdusse una costituzione di Costanzo dell’anno 335, però solo per la donazione fatta da un patrono che non aveva figli (ma al quale poi ne fossero sopraggiunti) ad un liberto a causa dei particolari rapporti intercedenti tra donante (patrono) e donatario (liberto). Fu, invece, estesa come principio dal diritto consuetudinario francese ed accolta poi dal codice napoleonico, da dove passò nel nostro vecchio codice del 1865.

Assai discutibili e dubbi si rivelano il fondamento e l’opportunità di tale norma, in diverso ma non sempre attendibile modo spiegata dagli autori. La presunzione che se il padre avesse conosciuto, in precedenza, la possibilità di avere figli non si sarebbe determinato alla donazione non spiega la revoca, perché il capoverso dell’art. 803, come già l’art. #1083# del codice precedente, accorda il diritto di revoca persino quando la moglie del donante è in stato di avanzata gravidanza; l'articolo in esame non spiega neppure la teoria che vuole vedere in esso un mezzo di più energica tutela dell’interesse e dei diritti dei figli, quando si consideri che a favore di costoro esiste l’azione di riduzione e che, oltre il risultato che questa tende a raggiungere, vien meno l'interesse ad agire per i figli del donante. Ed è tenendo presenti siffatte considerazioni che il Progetto preliminare, pur mantenendola, l’aveva disciplinata con maggior rigore e precisione, dichiarando la donazione revocata solo per la parte che costituisce la quota di riserva dovuta ai figli legittimi computata come se la successione dovesse verificarsi al momento della revoca. Ma il codice ha riprodotto la formula dell’art. #1083#, pur se corretta e innovata.
Passando ora all’esegesi dell’articolo, consideriamo, innanzitutto, quali sono le condizioni richieste per farsi luogo alla revoca. Esse sono due: l’una negativa, l’altra positiva. La prima è data dal fatto che al tempo della donazione il donante non avesse o ignorasse di avere figli o discendenti viventi; naturalmente basta l’esistenza di un solo figlio o d’un solo discendente perché non sussista più la condizione. La legge, all’ipotesi di inesistenza di figli, ha aggiunto quella dell’ignoranza dei figli, già concordemente ammessa dalla dottrina sotto il vecchio codice del 1865, così comprendendo l’ipotesi del ritorno del figlio o discendente presunto morto, considerata particolarmente dal progetto preliminare, nonché quella più generale dell’assenza. Sono esclusi i figli adottivi, sebbene costoro, in materia successoria, abbiano generalmente una posizione eguale a quella dei figli legittimi.

La seconda condizione, positiva, consiste nella sopravvenienza di un figlio o discendente del donante. La revoca è consentita anche se dopo la donazione ed entro due anni da questa il genitore donante abbia riconosciuto un figlio naturale, a meno che non si provi che egli all’epoca della donazione avesse avuto notizia dell’esistenza del figlio. Non impedisce la proponibilità dell’azione di revoca il fatto che il figlio, che poi nasca, sia stato già concepito all’epoca della donazione; così dispone l’ultimo capoverso che è stato riprodotto testualmente dall’art. #1085# del codice precedente, mentre il Progetto preliminare l’aveva, molto opportunamente, soppresso per la grave incongruenza di consentire la revoca quando il donante fosse a conoscenza dell'avvenuto concepimento del figlio. La considerazione con cui si giustifica il ripristino di quella norma - che cioè la nascita del figlio può determinare mutamenti d'animo del donante, anche per donazioni fatte durante il concepimento - non sembra decisiva per spiegare una disposizione che si rivela in aperto contrasto con il motivo che, secondo la dottrina prevalente, dà ragione della revoca per sopravvenienza di figli.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 803 Codice Civile

Cass. civ. n. 2106/2018

La disposizione di cui all'art. 803 c.c., nella parte in cui ammette la possibilità di revocare, per sopravvenienza di figli legittimi, le donazioni fatte a favore di estranei, ma non quelle fatte a favore di figli naturali riconosciuti, mira espressamente a favorire discendenti del donante, a condizione che non siano ancora nati o che la loro esistenza sia ignota al genitore e riguarda, dunque, tutti i soggetti qualificabili come estranei, termine da intendere come riferito a coloro che non rientrano nella discendenza.

Cass. civ. n. 169/2018

In tema di revocazione del testamento per sopravvenienza di figli, il disposto dell'art. 687, comma 1, c.c. ha un fondamento oggettivo, riconducibile alla modificazione della situazione familiare rispetto a quella esistente al momento in cui il "de cuius" ha disposto dei suoi beni, sicché, dovendo ritenersi che tale modificazione sussista non solo quando il testatore riconosca un figlio ma anche quando venga esperita nei suoi confronti vittoriosamente l'azione di accertamento della filiazione, ne consegue che il testamento è revocato anche nel caso in cui si verifichi il secondo di tali eventi in virtù del combinato disposto dell'art. 277, primo comma e 687 c.c., senza che abbia alcun rilievo che la dichiarazione giudiziale di paternità o la proposizione della relativa azione intervengano dopo la morte del "de cuius", né che quest'ultimo, quando era in vita, non abbia voluto riconoscere il figlio, pur essendo a conoscenza della sua esistenza.

Cass. civ. n. 5345/2017

La revocazione della donazione per sopravvenienza di figli o discendenti, rispondendo all'esigenza di consentire al donante di riconsiderare l'opportunità dell'attribuzione liberale a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio, ovvero della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza, in funzione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione che derivano da tale evento, è preclusa ove il donante avesse consapevolezza, alla data dell'atto di liberalità, dell'esistenza di un figlio ovvero di un discendente legittimo. Né tale previsione contrasta con gli artt. 3, 30 e 31 Cost., non determinando alcuna ingiustificata disparità di trattamento o lesione del diritto dei figli sopravvenuti, i quali sono tutelati solo in via mediata ed indiretta, in quanto l'interesse tutelato dalla norma è quello di consentire al genitore di soddisfare le esigenze fondamentali dei figli, sicché è proprio l'assenza in assoluto di discendenti al momento della donazione che legittima la revocazione, al fine di assicurare rilevanza giuridica ad un intimo e profondo sentire dell'essere umano, che può non essere stato valutato adeguatamente dal donante che non abbia ancora avuto figli, diversamente da quello che, avendo già provato il sentimento di amore filiale, si è comunque determinato a beneficiare il donatario, benché conscio degli oneri scaturenti dalla condizione genitoriale.

Cass. civ. n. 6761/2012

La revocazione della donazione per sopravvenienza di figli risponde all'esigenza di consentire al donante di riconsiderare l'opportunità dell'attribuzione liberale a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio, o della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza, in funzione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, che derivano da tale evento, come anche dall'adozione del minore d'età ex art. 27 della legge n. 184 del 1983; pertanto, la revocazione della donazione non è consentita per sopravvenuta adozione del maggiore d'età, la quale è finalizzata non a proteggere la prole, ma ad assicurare all'adottante la trasmissione del nome e del patrimonio ("adoptio in hereditatem"), essendo, quindi, manifestamente infondata la questione di illegittimità dell'art. 803 c.c., in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede la revocazione degli atti di liberalità per sopravvenienza di figli adottivi maggiorenni.

Cass. civ. n. 2031/1994

L'art. 803 c.c., nel regolare la revocabilità della donazione per sopravvenienza di figli o discendenti legittimi del donante ovvero della conoscenza dell'esistenza degli uni o degli altri, istituisce fra le due categorie una relazione disgiuntiva, dimostrativa dell'intento del legislatore di considerarle in via alternativa e di esclusione, tale cioè che — atteso il vincolo meno stretto dei discendenti col donante — la sopravvenienza o conoscenza dell'esistenza di figli, se non fatte valere ai fini della revoca, precludono la possibilità della revoca stessa in relazione a sopravvenienza o conoscenza di discendenti legittimi.

La revocazione della donazione, regolata dall'art. 803 c.c., ha il suo fondamento nell'esigenza di consentire al donante una rivalutazione dell'opportunità della donazione di fronte al fatto sopravvenuto della nascita o conoscenza dell'esistenza di figli o discendenti legittimi e cioè di eventi che essendo successivi alla perfezione ed efficacia del negozio di donazione non possono sullo stesso influire se non nel momento in cui si siano verificati; con la conseguenza che, stante il divieto di retroattività della legge posto nell'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile come principio generale del nostro ordinamento giuridico, a regolare il rapporto sono le norme in quel tempo vigenti, mancando nella materia disposizioni transitorie come quella dell'art. 141 disp. att. c.c. per la revocazione per ingratitudine.

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Consulenze legali
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Anonimo chiede
martedì 31/10/2023
“Buonasera, nell’anno 2017 ho donato ad una mia sorella 1/2 della proprietà di un mio appartamento. Nell'atto di donazione la donataria ha richiesto e ottenuto che mio marito rinunciasse all'opposizione alla donazione. All'epoca mia figlia aveva 17 anni e mio figlio 15 anni. Nell'anno 2022 mia figlia ha avuto un bambino. Sono venuta alla determinazione di revocare la donazione per sopravvenienza del discendente e se non sbaglio, nel mio caso ho 5 anni di tempo dalla nascita di mio nipote. A tal fine, desidero sapere come procedere correttamente, ovvero se è sufficiente che io mi rechi da un qualsiasi notaio e manifesti la mia volontà senza che sia necessario il consenso e quindi la presenza della donataria. Oppure devo esperire una preliminare mediazione che, nel caso di esito probabilmente negativo, mi consenta di rivolgermi ad un giudice. In tale ultima ipotesi la donataria può opporsi oppure il giudice non ha margini di discrezionalità nella decisione, non deve entrare nel merito della mia mutata volontà e deve semplicemente prendere atto e autorizzare la trascrizione della revoca? Resto in attesa di cortese riscontro e di ulteriori chiarimenti che riterrete opportuni nel termine da voi indicato sul vostro sito. Grazie. Distinti saluti.”
Consulenza legale i 07/11/2023
Purtroppo, nel caso in esame, non sussistono i presupposti per potersi avvalere dell’istituto giuridico della revocazione per sopravvenienza di figli.
E’ pur vero che l’art. 803 c.c. prevede la revocabilità della donazione per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o discendente del donante (lasciando in effetti intendere che ci si possa giovare della revocazione anche in casi come questo, ovvero di esistenza di figli ma di sopravvenienza di un nipote, filio ex filio), ma occorre in realtà guardare a quella che è la ratio di tale norma per comprendere che così non è.

Innanzitutto va precisato che l’art. 803 c.c. costituisce un’eccezione rispetto al principio generale valevole in materia di contratti, ovvero quello secondo cui solo con il consenso di entrambe le parti è possibile sciogliere un contratto.
In caso di sopravvenienza di figli, invece, l’eccezione si giustifica in considerazione della volontà del legislatore di tutelare interessi di ordine familiare che sono stati considerati superiori, intendendosi in particolare riconoscere al donante la possibilità di riconsiderare l’opportunità dell’atto di liberalità a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio o della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza e, dunque, a fronte dell’instaurazione di un nuovo rapporto di filiazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di doveri di mantenimento, istruzione ed educazione (per il cui adempimento egli deve poter disporre di mezzi adeguati).

Passando ad esaminare nel dettaglio il testo della norma, si può notare come siano due le condizioni che la medesima richiede per farsi luogo alla revoca, e precisamente:
a) una condizione negativa, consistente nella circostanza che al tempo della donazione il donante non avesse o ignorasse di avere figli o discendenti viventi (come può notarsi, la legge all’ipotesi di inesistenza di figli ha aggiunto quella dell’ignoranza dei figli, il che può ricorrere, ad esempio, nell’ipotesi di ritorno del figlio o discendente presunto morto).

b) una condizione positiva, la quale consiste nella sopravvenienza di un figlio o discendente del donante.

Ebbene, ciò posto, ci si è chiesti come ci si debba comportare nel caso in cui la donazione avvenga con la preesistenza di altri figli, ovvero, il che è lo stesso, con la preesistenza di figli e la sopravvenienza di un diverso discendente, quale può essere un nipote del donante.
Tale questione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione, Sezione II civile, con sentenza n. 5345 del 02.03.2017, nella quale si legge, per ciò che qui interessa, che la revocazione della donazione per sopravvenienza di figli o discendenti, rispondendo all’esigenza di consentire al donante di riconsiderare l’opportunità dell’attribuzione liberale a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio, ovvero della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza (in funzione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione che derivano da tale evento), è preclusa ove il donante avesse consapevolezza, alla data dell'atto di liberalità, dell'esistenza di un figlio ovvero di un discendente legittimo.

Viene anche precisato che “…tale previsione non contrasta con gli artt. 3, 30 e 31 Cost., non determinando alcuna ingiustificata disparità di trattamento o lesione del diritto dei figli sopravvenuti, i quali sono tutelati solo in via mediata ed indiretta, in quanto l'interesse tutelato dalla norma è quello di consentire al genitore di soddisfare le esigenze fondamentali dei figli, sicché è proprio l'assenza in assoluto di discendenti al momento della donazione che legittima la revocazione, onde assicurare rilevanza giuridica ad un intimo e profondo sentire dell'essere umano, che può non essere stato valutato adeguatamente dal donante che non abbia ancora avuto figli, diversamente da quello che, avendo già provato il sentimento di amore filiale, si è comunque determinato a beneficiare il donatario, benchè conscio degli oneri scaturenti dalla condizione genitoriale…”.

Sembra più che evidente, dunque, che se l’istituto in esame non è utilizzabile per chi, al momento della donazione, avesse già dei figli e gliene sopraggiungessero altri, lo stesso principio non può che valere nel caso di sopravvenienza di un diverso discendente, quale può essere un nipote.
Probabilmente, quando il legislatore ha utilizzato l’espressione “figlio o discendente” ha inteso riferirsi a casi come quelli a cui sopra si è accennato, ovvero di ritorno del figlio o discendente presunto morto.

C. V. chiede
mercoledì 23/02/2022 - Lombardia
“Una donazione da moglie a marito (del 50% di un terreno avuto a sua volta in donazione dal padre della donna) e sul quale poi assieme hanno costruita una casa, donazione datata 2000 quindi ante legge 80/2005, è possibile ora revocarla da parte della donna che ora ha anche un figlio minorenne (nato dopo la donazione)?”
Consulenza legale i 01/03/2022
Il codice civile ammette la possibilità di revocare una donazione soltanto in due casi, e precisamente per ingratitudine del donatario (art. 801 del c.c.) e per sopravvenienza di figli (art. 803 c.c.).
Nel caso di specie quella che può invocarsi è senza alcun dubbio la revocazione per sopravvenienza di figli, la quale è subordinata alla sussistenza di due presupposti, e precisamente:
a) un presupposto negativo, il quale consiste nella mancanza di figli o discendenti del donante nel momento in cui ha posto in essere la donazione (ovvero nell’ignoranza di averne);
b) un presupposto positivo, consistente nella successiva nascita di figli o discendenti, cui devono equipararsi le ipotesi di ritorno del figlio assente, presunto morto o semplicemente ignorato.

Per mezzo di tale strumento giuridico, dunque, il legislatore ha voluto in qualche modo tutelare, anche a posteriori, la piena libertà di scelta del donante, presumendo che se il disponente, al tempo della donazione, avesse saputo che sarebbero sopravvenuti dei figli, non avrebbe deciso di compiere l’atto donativo (si tratta di una presunzione che non può qualificarsi come assoluta, dato che, in mancanza di apposita domanda giudiziale, la stessa non ha luogo).

Lo stesso legislatore, tuttavia, oltre a lasciare al donante la scelta se avvalersi o meno di tale istituto giuridico, ha imposto allo stesso donante un preciso limite temporale entro cui effettuare tale scelta e, dunque, esercitare l’azione di revocazione.
Dispone, infatti, il successivo art. 804 del c.c. che tale azione deve essere proposta entro il termine di cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente.
Si tratta di un termine di decadenza, il quale decorrerà nuovamente ogni qual volta nasca un nuovo figlio o discendente del donante, oppure questi apprenda dell'esistenza di un figlio o discendente o riconosca un figlio nato fuori del matrimonio (la donazione raggiungerà l'irrevocabilità solo con la morte del donante).

Quanto alla natura della sentenza di revocazione, essa deve considerarsi costitutiva e produttiva di effetti obbligatori: il donatario sarà tenuto alla restituzione di quanto ricevuto, in natura o per equivalente (tenuto conto che il valore dei beni deve essere calcolato in riferimento al momento della domanda), mentre il donante stesso dovrà restituire i frutti, sempre dal giorno della domanda.

Pertanto, ritornando al caso in esame, può dirsi che non assume alcun rilievo la circostanza che il figlio sia ancora minorenne, in quanto ciò che conta è che lo stesso non abbia compiuto cinque anni (periodo di tempo trascorso il quale si decade dall’esercizio della relativa azione).
Qualora la donante dovesse essere ancora in termine per revocare la donazione ex art. 803 c.c., occorre prendere in considerazione un altro aspetto peculiare della fattispecie, ovvero l’intervenuta trasformazione del bene donato.
In un caso come questo, infatti, il donatario non potrà che essere tenuto alla restituzione di quanto ricevuto per equivalente, ovvero a versare alla donante una somma di denaro pari al valore che il terreno aveva al momento della domanda di revocazione ed in ragione di un mezzo indiviso (è di tale valore che il suo patrimonio si è arricchito).
Da parte sua la donante, come si è prima accennato, sarà tenuta a restituire i frutti sempre dal giorno della domanda, mentre per quanto concerne i miglioramenti e le addizioni (ci si riferisce all’immobile che su quel terreno nel frattempo è stato realizzato), in assenza di una norma espressa dettata per il caso di revocazione, si ritiene che possa farsi applicazione analogica di quanto dettato dall’art. 748 del c.c. in tema di collazione, nella parte in cui dispone che “si deve dedurre a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo….”, sempre nei limiti del loro valore al tempo in cui è stata proposta la domanda.

Nel caso in cui, invece, il termine di cinque anni dalla nascita del figlio dovesse essere decorso, non rimane altra soluzione per il figlio sopravvenuto che quella di esercitare l’azione di riduzione.
E’ a questo tipo di azione che si riferisce la Legge 80/2005 (citata nel quesito ed in vigore dal 15 maggio 2005), ma per il suo esercizio occorrerà attendere l’apertura della successione della donante, in quanto è soltanto a tale data che si potrà determinare il valore della massa ereditaria e stabilire se il figlio sopravvenuto della donante avrà subito o meno una lesione della sua quota di riserva.

Claudio M. chiede
martedì 09/09/2014 - Lombardia
“Il Tema della mia richiesta è Revocazione sopravvenienza figli. Salve vi scrivo per sapere a quali rischi andrei incontro comprando un immobile donato (nuda proprietà al 100%) nel 1998 da una zia ad una nipote (tutto documentato da atto notarile). La zia era nata nel 1916 (morta nel 2008) e non è mai stata sposata e non ha mai avuto figli legittimi, però, la mia paura è quella che un eventuale figlio illegittimo possa riavvalersi su di me (acquirente) prima dei 20 anni dalla donazione, qualora la nipote non possa risarcirlo, inoltre, volevo sapere se esistono altri rischi sull'acquisto. Voi mi consigliate o meno l'acquisto di questo immobile? .P.s. La banca non eroga mutui sulle donazioni quindi sarebbero i risparmi di una vita dei miei genitori. Avrei una certa urgenza per avere la vostra risposta, intanto Vi ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 13/09/2014
L'istituto della revocazione della donazione, regolato dall'art. 803 del c.c. trova il suo fondamento nell'esigenza di consentire al donante una rivalutazione dell'opportunità della donazione di fronte al fatto sopravvenuto della nascita o conoscenza dell'esistenza di figli o discendenti legittimi: il donante, cioè, viene posto nella posizione di "tornare sui suoi passi" alla luce di eventi successivi alla perfezione ed efficacia del negozio di donazione.
Quanto ai termini per la proposizione dell'azione, l'art. 804 del c.c. ci dice che la revocazione deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio nato nel matrimonio o discendente ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.
La norma non dice nulla riguardo la legittimazione attiva, cioè, chi può esperire l'azione: se fosse solo il donante a poterla esercitare, nel caso in esame l'azione non sarebbe più proponibile, in quanto la donante (la zia) è deceduta. Molti studiosi, però, ritengono che l'azione potrebbe essere proposta anche dagli eredi del donante, applicando analogicamente l'art. 802 del c.c. che disciplina la revocazione per ingratitudine.
Nel nostro caso, eventuali eredi che possano chiedere la revocazione non sono conosciuti. Inoltre, sembra ormai spirato ogni termine per proporre l'azione, in quanto:
- se anche vi fosse un figlio illegittimo, esso sarebbe nato ben prima di 5 anni fa;
- non vi è stato riconoscimento di alcun figlio nato fuori dal matrimonio;
- sarebbe assurdo provare il momento il cui la zia abbia avuto notizia del figlio o discendente, posto che la stessa avrebbe dovuto partorirlo (quindi, tale momento si deve far coincidere con la nascita dell'eventuale figlio illegittimo).
Altri rischi relativi all'acquisto potrebbero derivare dall'esercizio dell'azione di riduzione da parte di eventuali legittimari (nel nostro caso: figli della signora, ad oggi inesistenti o sconosciuti).
L'azione di riduzione viene esercitata da quei soggetti che per legge hanno diritto ad una quota dell'eredità (coniuge, figli e ascendenti): essi possono chiedere quanto spetta loro, sia agendo contro chi ha avuto beni dell'eredità, sia contro chi ha ricevuto beni in donazione dal defunto.
L'azione di restituzione del bene può essere intrapresa dal legittimario leso o pretermesso solo se non sono decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione: quindi, fino al 2018 l'acquisto dell'immobile donato da parte di un terzo è potenzialmente a rischio.
L'unica valutazione da fare nel caso di specie è capire qual è l'effettivo rischio che esistano figli illegittimi della zia. La situazione potrebbe essere più complessa se si trattasse di un uomo (mater semper certa, pater numquam, dicevano i latini), ma poiché la persona in questione è una donna, potrebbe essere più semplice indagare sull'esistenza di eventuali figli che questa abbia partorito e poi non riconosciuto. Si consideri, poi, che se questa avesse partorito e poi non riconosciuto il figlio, sarebbe stato prontamente aperto un procedimento di adottabilità, e il bambino sarebbe stato certamente dato in adozione.
Infine, si deve considerare che, se una persona improvvisamente dichiarasse di essere figlio della donna, dovrebbe ottenere una pronuncia giudiziale ai sensi dell'art. 269 del c.c., intraprendendo un procedimento non semplice e neppure molto breve.

Si può, quindi, affermare che il rischio di vedersi sottrarre il bene da un eventuale, e ad oggi sconosciuto, figlio della donante è piuttosto basso.
Tuttavia, non sarebbe sbagliato valutare economicamente tale - seppur non rilevante - pericolo, chiedendo una riduzione del prezzo dell'immobile oppure predisponendo altre forme di garanzia, come l'apposizione di una condizione risolutiva al contratto di compravendita per il caso in cui dovesse farsi vivo un erede sconosciuto della donante: in tal caso, la vendita verrebbe meno e l'acquirente avrebbe diritto ad ottenere l'integrale restituzione del prezzo versato, senza dovergli intentare una causa per vedere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno (egli dovrà naturalmente restituire il bene immobile al venditore).
Si stanno diffondendo, inoltre, alcune polizze assicurative contro il rischio di eredi sconosciuti al momento della compravendita di un bene proveniente da donazione.

F.c. chiede
sabato 01/02/2014 - Puglia
“Spett.le redazione di Brocardi vi pongo un quesito circa la revoca di una donazione indiretta (almeno tale dovrebbe essere) alquanto singolare che mi riguarda personalmente. Sposato nel 2002 con separazione dei beni, casa coniugale di mia proprietà costruita e finita prima del matrimonio. Nel 2004 nasce il mio primo figlio, nel 2006 il secondo. Purtroppo nel marzo 2009 dopo varie peripezie medico-sanitarie arriva la diagnosi ASL di malattia rara di tipo neuro-degenerativo (sindrome di Sanfilippo) della quale sono affetti entrambi i miei figli e per la quale ad oggi non c'è terapia, né cura: ipotesi di vita (scusate la crudezza) tra la prima e la seconda decade di vita. Di fatto "percepisco" già all'epoca della diagnosi di avere due figli disabili gravi che non potranno di fatto essere "eredi e/o discendenti" del mio patrimonio presente e futuro. Alla luce di quanto tristemente appreso e non avendo la possibilità presente, né futura (almeno così pensavo, distrutto anche dal dolore) di crescere e destinare i miei sacrifici e il mio patrimonio ai figli, dopo qualche mese (maggio 2009)acquisto con denaro mio, come risulta dagli estremi di pagamento dell'immobile nell'atto (non c'è però il mio nome) una casa al mare intestandola a mia moglie. Di fatto una donazione indiretta o una vendita simulata relativa? (la "controdichiarazione" sotto forma di scrittura privata con testimoni che l'hanno sottoscritta era custodita nella cassaforte di casa). A febbraio 2011 per varie ragioni mi separo e a settembre dello stesso anno nasce il mio terzo figlio avuto dalla mia attuale compagna convivente more uxorio (grazie a Dio "sano", nel senso che non è affetto da patologie rare o comunque invalidanti). Ad oggi data la mia difficoltà nel sostenere gli oneri della separazione, la difficile situazione pratica ed economica della malattia, nonché il mantenimento del mio terzo figlio e un mutuo in corso di una casa dove tuttora vivo (io faccio l'insegnante con uno stipendio di circa 1.300 euro al mese) posso revocare la donazione (o vendita simulata in quanto ho denunciato alle autorità già a marzo 2011 la sparizione/occultamento della controdichiarazione dalla cassaforte) fatta a suo tempo in favore della mia ex coniuge per le ragioni sopra esposte per la sopravvenienza di figli posto che anche se erano presenti già altri due figli gli stessi non potevano e non possono essere di fatto essere miei eredi o "discendenti" dato il loro infausto destino?”
Consulenza legale i 10/02/2014
La vicenda esposta vede una tipica fattispecie di donazione indiretta di immobile: difatti, un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che, nell’ipotesi di acquisto immobiliare effettuato con denaro del donante, oggetto della liberalità indiretta sia rappresentato dal bene acquisito e non già dal denaro necessario per l’acquisto dello stesso (si veda, ex multis, Cass. civ. 11496/2010).

Nel caso di specie, in particolare, si è effettuata una vendita che dissimula una donazione, con redazione di una controdichiarazione in forma scritta. Tale documento è fondamentale per provare la simulazione, poiché, ai sensi dell'art. 1417 del c.c., le parti non possono dare prova della loro reale volontà contrattuale per testimoni o per presunzione. Tuttavia, poiché l'unica prova scritta della simulazione risulta scomparsa, è possibile fare appello all'art. 2724 del c.c., il quale prevede che la prova per testimoni è ammessa in ogni caso "quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova". Naturalmente, qualsiasi prova sarà superflua se la controparte confesserà l'intervenuta simulazione della compravendita.

Appurato che di donazione si tratta, e che la simulazione potrebbe essere provata anche senza produrre la controdichiarazione scritta, atteso lo smarrimento/furto della stessa, si deve indagare circa la possibilità di revocare l'atto di liberalità ai sensi degli artt. 800 ss. c.c. per sopravvenienza di figli.

L'art. 809 del c.c. assoggetta espressamente "le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall'art. 769 c.c." alle stesse norme "che regolano la revocazione delle donazioni per causa d'ingratitudine e per sopravvenienza di figli". Pertanto, anche per la fattispecie in esame (donazione indiretta) vale quanto stabilito in materia di revocazione per sopravvenienza di figli.

L'art. 803 è molto chiaro nel sancire che "Le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante" (questa la nuova formulazione dell'articolo a seguito della recente riforma della filiazione, ad opera del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154).

Con sentenza n. 2031/1994 la Cassazione ha sancito che la ratio della revocazione della donazione consiste nella possibilità di consentire al donante una "rivalutazione dell'opportunità della donazione di fronte al fatto sopravvenuto della nascita o conoscenza dell'esistenza di figli o discendenti legittimi e cioè di eventi che essendo successivi alla perfezione ed efficacia del negozio di donazione non possono sullo stesso influire se non nel momento in cui si siano verificati".

Di recente, la giurisprudenza ha ribadito che "la revocazione consegue solo al concreto esercizio del diritto potestativo attribuito dalla norma al donante, il quale è arbitro di decidere se esercitarlo, così come, una volta che l'atto sia stato revocato, è libero di disporre a piacimento dei beni rientrati nel suo patrimonio" (cfr. Cass. civ., 4 maggio 2012, n. 6761).

Non si ravvisano, quindi, nel caso di specie, ostacoli alla proposizione dell'azione, sottolineando, però, che in giudizio dovrà essere data rigorosa prova che l'atto di compravendita nascondeva in realtà una donazione.

E' bene ricordare che l'azione di revocazione per sopravvenienza di figli va proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio nato nel matrimonio o discendente (art. 804 del c.c.): nel caso sottoposto al nostro esame, pertanto, l'azione va proposta entro il settembre del 2016.

Elisa chiede
mercoledì 31/10/2012 - Friuli-Venezia

“Aspetto (5° mese) un figlio da un uomo sposato. Lui, poco dopo aver saputo della gravidanza (entro il 3° mese=ancora a rischio aborto spontaneo) ha acconsentito a donare alla moglie tutti i suoi beni patrimoniali. Loro (i coniugi) nel 2008 fecero un accordo preventivo sottoscritto da entrambi davanti a notaio, nel caso di infedeltà di lui. Ad oggi lui risulta quindi nullatenente e non intenzionato ad occuparsi di nostro figlio. Domanda: posso chiedere io la revoca di questa donazione, così nostro figlio potrà contare sull'aiuto economico del padre? In caso affermativo lo devo fare in concomitanza alla richiesta di paternità? Grazie”

Consulenza legale i 03/11/2012

La donazione è il contratto con il quale un soggetto determina l'arricchimento di un altro soggetto "per spirito di liberalità", dunque in modo del tutto spontaneo, senza pretendere alcunché in cambio. Allo stesso tempo, però, la contrattualità dell'attribuzione e la definitività dello spoglio non possono nemmeno permettere un depauperamento del patrimonio del donante e della sua famiglia nel momento in cui a costui sopraggiungano dei figli. A queste esigenze fanno fronte i rimedi della revocazione della donazione per ingratitudine e per sopravvenienza di figli. Il rimedio in questione, però, non presenta il carattere dell'automaticità. È sempre necessario, infatti, che l'interessato (il donante o i suoi eredi) esperisca un'azione giudiziale. Spetterà, dunque, solo al Giudice il potere di sciogliere il contratto di donazione in presenza dei succitati presupposti. Inoltre, la domanda di revocazione della donazione per sopravvenienza di figli è soggetta a rigorosi limiti temporali art. 804 del c.c.: cinque anni dalla nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo o dalla notizia della sua esistenza o dal riconoscimento di un figlio naturale. In quest'ultimo caso la legge prevede che non si possa proporre o proseguire l'azione l'azione dopo la morte dello stesso. Per quanto concerne gli effetti della revocazione, l'inefficacia dell'atto che ne deriva permette di recuperare i beni donati, sempre che questi non siano stati alienati medio tempore. In tali casi il donatario sarà tenuto a restituire l'equivalente monetario.


Marco chiede
lunedì 14/05/2012 - Lazio
“Buonasera, sono figlio unico e mio padre, vedovo, circa 2 anni fa mi ha donato il suo patrimonio. Vorrei sapere se esiste una qualsiasi condizione, ad eccezione della revoca per ingratitudine, per la quale potrebbe essere revocata tale donazione.
Grazie”
Consulenza legale i 16/05/2012

La legge dispone all'art. 800 del c.c. che la donazione può essere revocata in due casi: per ingratitudine ai sensi dell'art. 801 del c.c. e per sopravvenienza dei figli ex art. 803 del c.c..

Appaiono chiari i motivi che giustificano tale scelta legislativa: nella prima ipotesi, una volta effettuata la donazione con l'animus donandi è sicuramente sconfortante essere moralmente ripagati con l'ingratitudine; nella seconda, se si effettua una donazione credendo di contare sul proprio patrimonio solo per se stessi, il sopraggiungere dei figli muta le condizioni esistenti al momento di disposizione dell'atto di liberalità, potendo far riconsiderare la scelta effettuata. In relazione a questa seconda ipotesi, appare opportuno precisare come la donazione non possa essere revocata per la sopravvenienza dei figli se al momento del compimento dell'atto di liberalità il donante aveva già un figlio.

Fatta eccezione per la revoca per ingratitudine, nel caso di specie non potrà essere revocata la donazione per la sopravvenienza dei figli visto che al momento in cui l'atto di liberalità è stato compiuto il donante aveva già un figlio.


Michele chiede
giovedì 10/05/2012 - Puglia

“Salve, Vi ringrazio per la disponibilità e gentilezza accordatami. Di seguito riporto la Vostra risposta e vorrei un chiarimento; c'è un vizio nel fatto che io avessi già un figlio nato prima della donazione, o basta averne avuto un altro dopo tale atto per chiederne la revoca? Grazie

Risposta della redazione di Brocardi.it, al quesito N°5600 del mercoledì 9 maggio 2012:
Ai sensi dell'art. 803 del c.c. le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante.

La successiva norma contenuta all'art. 804 del c.c. dispone che l'azione di revocazione per sopravvenienza dei figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo, ovvero dalla notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dall'avvenuto riconoscimento del figlio naturale.

Nel caso di specie, è possibile promuovere l'azione di cui all'art. 804 del c.c. non essendo ancora decorso il termine dei cinque anni dalla nascita dell'ultimo figlio, la quale è avvenuta nel 2009.”

Consulenza legale i 10/05/2012

In merito al chiarimento richiesto si precisa che il presupposto per la revoca della donazione per sopravvenienza dei figli consiste nella circostanza che il donante non avesse, o ignorasse di avere, figli o discendenti legittimi in vita al momento della donazione.

Pertanto, nel caso specifico non sarà possibile esperire l'azione di revoca della donazione perché il donante aveva già un figlio prima di effettuare l'atto di liberalità.

Anche l'ultima giurisprudenza di merito afferma che la revoca non è può essere effettuata quando il donante, al momento in cui esegua l'atto di disposizione del proprio patrimonio abbia già un discendente anche se costui in data successiva alla donazione muoia e, dopo tale evento, sopraggiungano altri discendenti (Tribunale di Benevento sentenza n.1219/2009).


Michele chiede
mercoledì 09/05/2012 - Puglia
“Salve, io sono figlio unico e ho donato nel 2008 la casa di mia proprietà ai miei genitori, avevo già un figlio nato nel 2004, mentre ne è nato un altro nel 2009, posso chiedere la revoca della donazione per sopravvenienza del secondo figlio?
Grazie”
Consulenza legale i 09/05/2012

Ai sensi dell'[[ 803 cc]] le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante.

La successiva norma contenuta all'[art. 804 del c.c. dispone che l'azione di revocazione per sopravvenienza dei figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo, ovvero dalla notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dall'avvenuto riconoscimento del figlio naturale.


Clara chiede
mercoledì 25/04/2012 - Abruzzo

“Clara 25/04/2012.
Salve, se un marito dona al fratello 30 anni fa, con atto notarile, all'insaputa della moglie, metà del suo patrimonio, ci può essere revoca da parte dei tre figli nati successivamente?”

Consulenza legale i 26/04/2012

Ai sensi dell'art. 803 del c.c. la donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere dei figli o dei discendenti legittimi al tempo della donazione possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante.

Dalla norma in analisi si ricavano due presupposti. Il primo è negativo ovvero consiste nel fatto che il donante non avesse o ignorasse di avere figli o discendenti legittimi al momento della donazione. L'altro presupposto è positivo ed è la sopravvenienza o l'apprendere dell'esistenza di un figlio o discendente del donante.

Tale revoca può essere chiesta con domanda giudiziale entro cinque anni dalla nascita dell'ultimo figlio. In merito alla legittimazione la legge nulla dice in proposito. La legittimazione passiva si rinviene in capo al donatario e ai suoi eredi. Per ciò che concerne la legittimazione attiva non si rinviene una norma analoga a quella prevista all'art. 802 del c.c., che estende la legittimazione agli eredi del donante. Nonostante ciò, la dottrina maggioritaria tende ad ammetterli purché durante la vita del donante fossero già presenti i predetti presupposti.


Marianna chiede
giovedì 07/07/2011 - Emilia-Romagna
“Salve. Se una moglie, prima della separazione consensuale e poi del divorzio, riceve in donazione un immobile dal marito (ora ex), correrebbe qualche pericolo nel caso in cui l'uomo decidesse di adottare un figlio?
Grazie.”
Consulenza legale i 22/07/2011

Secondo giurisprudenza costante l'adozione non permette di realizzare il presupposto della sopravvenienza di figli richiesto dall'art. art. 803 del c.c. come presupposto per la revocazione. Si cita, tra le varie, Tribunale Benevento Civile, Sentenza del 27 gennaio 2009, n. 143: “la domanda volta ad ottenere la revocazione della donazione effettuata, per sopravvenienza di figli adottivi, non può essere accolta in virtù del costante orientamento della giurisprudenza secondo il quale la posizione degli adottati non può essere parificata, a quella dei figli legittimi in quanto si finirebbe per consentire al donante di influire con un suo comportamento, sulle sorti del negozio della donazione per effetto della sopravvenienza di figli adottivi successivamente al perfezionamento dell'istituto”.


Roberto chiede
martedì 08/02/2011

“Salve,
se un figlio riceve una donazione rimunerativa dai genitori e al tempo della donazione fosse già presente un fratello, può quest'ultimo chiedere la revoca della donazione o nel caso di morte dei genitori può questo rivalere un diritto di legittimità sulla cosa donata?”

Consulenza legale i 16/02/2011

La donazione "remuneratoria" di cui all'art. 770 del c.c., pur condividendo il regime formale e la disciplina sostanziale delle ordinarie donazioni, presenta talune peculiarità: in relazione al caso in esame, si rileva in particolare che essa non è soggetta a revoca per ingratitudine o per sopravvenienza di figli, ossia nelle due ipotesi in cui la legge ammette, su domanda, la revoca delle liberalità (facultas poenitendi).

Sul piano successorio, al momento della morte dei genitori, in caso di concorso tra discendenti o dei discendenti con il coniuge, si attuerà la collazione ereditaria. Con la collazione si viene a costituire l'effettiva massa da suddividere tra coeredi: oggetto di collazione sono tutte le donazioni, tanto le dirette quanto le indirette.
Le donazioni remunerative - o liberalità d’uso -, tuttavia, laddove l'importo donato sia proporzionale al servizio reso o ai meriti del donatario (ad esempio, ha assistito i genitori nella vecchiaia) non sono soggette a collazione, in caso di successione ereditaria.


Antonella B. chiede
lunedì 15/11/2010
“Una donazione fatta tra fratelli venti anni fa, in assenza di figli, può essere revocata oggi, quando il donante ha un figlio di tredici anni?
E' possibile, oggi, ricorrere ad un atto di conferma della volontà del donante per tutelare il beneficiario della donazione da eventuali future intenzioni di revoca della donazione da parte del figlio del donante alla morte del proprio genitore?”
Consulenza legale i 16/11/2010

Le liberalità fatte validamente con atto tra vivi non sono revocabili. Le liberalità tra vivi hanno valore immediato, anche se l'esecuzione sia rinviata con l'apposizione di un termine o resti incerta per la pendenza di una condizione.
Soltanto in due ipotesi la legge ammette, su domanda, la revoca della liberalità (facultas poenitendi): per ingratitudine del donatario e per sopravvenienza di figli al donante. La revoca per sopravvenienza di figli al donante, che al tempo della donazione non aveva o ignorava di avere figli, o discendenti legittimi, può essere chiesta entro cinque anni dalla nascita dell'ultimo figlio.
Il donatario potrebbe essere tutelato da possibili future azioni da parte dei figli del donante solo qualora questi, dopo la morte del donante stesso, rinuncino all'azione di riduzione, la quale permetterebbe la ricostruzione della quota indisponibile per la reintegrazione dei diritti dei legittimari del de cuius.


Lucio G. chiede
lunedì 20/09/2010
“E se la donazione fosse stata fatta ai figli legittimi, può essere comunque richiesta la revoca per la sopravvenienza di altri figli?”

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